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Il Cardinale Pizzaballa: "Guardare il volto di Dio e dell'altro per costruire la pace"

Il 2 maggio, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, ha tenuto una conferenza alla Pontificia Università Lateranense in cui ha chiesto la pace in Terra Santa.

Giovanni Tridente-3 maggio 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Pierbattista Pizzaballa durante la conferenza ©OSV

Il giorno dopo aver preso possesso del titolo della parrocchia di Sant’Onofrio a Roma, il Cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei Latini, è stato invitato a tenere una Lectio magistralis alla Pontificia Università Lateranense, nell’ambito del ciclo di studi in Scienze della pace e della cooperazione internazionale presso l’Istituto Pastorale Redemptor Hominis.

Tragedia senza precedenti

Un grido di dolore e un appello per la pace di fronte alla tragica situazione che sta dilaniando la Terra Santa si è potuto percepire sin dalle prime battute del suo intervento. “Quanto sta avvenendo è una tragedia senza precedenti”, ha esordito. “Oltre alla gravità del contesto militare e politico, sempre più deteriorato, si sta deteriorando anche il contesto religioso e sociale. Un panorama desolante”.

Di fronte a questa crisi profonda, che vede disgregati persino i pochi contesti di convivenza interreligiosa, il Patriarca ha richiamato la Chiesa a rifondare la sua azione di pace su due pilastri evangelici fondamentali.

Guardare il volto di Dio

Il primo è “guardare il volto di Dio”, poiché la pace prima di essere un progetto umano “è un dono di Dio, anzi, dice qualcosa di Dio stesso”. Citando il celebre discorso di Paolo VI alle Nazioni Unite il 4 ottobre 1965, Pizzaballa ha ribadito che “l’edificio della moderna civiltà deve reggersi su principi spirituali, capaci non solo di sostenerlo ma di illuminarlo e animarlo. E perché tali siano questi indispensabili principi, essi non possono non fondarsi sulla fede in Dio”.

Guardare il volto dell’altro

Il secondo pilastro è “guardare il volto dell’altro”. Come ha spiegato il Patriarca, “la pace, anche a livello antropologico, non è solo convenzione sociale o assenza di guerra, ma si fonda sulla verità della persona umana”. Solo nel contesto di uno sviluppo integrale dell’uomo e nel rispetto dei suoi diritti “può nascere una vera cultura della pace”. Facendo riferimento al filosofo Lévinas, ha insistito che “nel volto dell’Altro si gioca l’assoluto” e che “il mondo è mio nella misura in cui posso condividerlo con l’Altro”.

Di fronte al deterioramento della situazione e all'inerzia delle istituzioni internazionali, “sempre più deboli” e impotenti, il Patriarca ha evidenziato anche la mancanza di leadership locale capace di realizzare gesti che costruiscano fiducia e di fare “scelte coraggiose di pace”. Ha però avvertito la Chiesa e tutti i soggetti pastorali a vari livelli a non cedere alla “tentazione di colmare il vuoto lasciato dalla politica” entrando in dinamiche di negoziazione che non le appartengono.

Unico riferimento è il Vangelo

Il compito della Chiesa, ha ribadito con forza, è “rimanere sé stessa, comunità di fede” il cui unico “riferimento è il Vangelo”. La sua missione è "creare nella comunità il desiderio, la disposizione e l’impegno sincero di incontro con l’altro, nel saperlo amare nonostante tutto”. Un cammino che passa attraverso “l’ascolto della Parola di Dio” e la testimonianza del mistero pasquale di Cristo, “l’unico che ha abbattuto la barriera tra gli uomini, il muro d’inimicizia”.

L'autoreGiovanni Tridente

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