Non è una novità che la Santa Sede colleghi la questione della difesa della vita alla pace. Perché non ci può essere pace laddove la vita umana è disprezzata, e di certo la vita umana è disprezzata se l’essere umano viene eliminato prima di nascere o ucciso prima della fine naturale della vita. Eppure, nel discorso di Papa Francesco al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, la questione della difesa della vita ha avuto una sfumatura ancora più importante. Perché Papa Francesco ha detto anche un deciso “no” alla pratica della maternità surrogata, chiedendo un bando internazionale sulla pratica del cosiddetto utero in affitto.
Una posizione coraggiosa e preziosa, che viene alla vigilia di una importante conferenza che si terrà a Roma, il 5 e 6 aprile, sulla Dichiarazione di Casablanca, che mira a cercare uno strumento giuridico proprio per impedire la pratica dell’utero in affitto. Una posizione che Papa Francesco aveva già preso nel 2022, incontrando i membri del Consiglio della Federazione delle Associazioni Famigliari Cattoliche Europee (FAFCE), e che mette la Santa Sede in prima linea sulla lotta alla maternità surrogata.
Perché il discorso del Papa è importante
La posizione sulla maternità surrogata dice molto su come l’attività diplomatica della Santa Sede abbia un impatto su vari temi. Il discorso che Papa Francesco ha tenuto l’8 gennaio di fronte agli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede ne è un esempio.
Il discorso è tradizionale. Ogni anno, il primo lunedì dopo l’Epifania, il Papa incontra gli ambasciatori e, in occasione degli auguri di inizio anno, dà un discorso che rappresenta le priorità diplomatiche della Santa Sede dell’anno. La Santa Sede intrattiene rapporti diplomatici con 184 Stati al mondo, e il discorso del Papa è uno dei pochi momenti in cui si trovano tutti insieme, considerando che non tutti gli ambasciatori sono ambasciatori residenti presso la Santa Sede.
Una delle linee guida è spesso il tema del messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, stabilita da Paolo VI all’1 gennaio. Il tema di quest’anno era “Intelligenza Artificiale e Pace”, e toccava questioni che la Santa Sede affronta da tempo, a partire dalle Lethal Autonomous Weapons, le armi autonome. È un tema che è stato toccato nel discorso del Papa.
Tuttavia, il discorso di Papa Francesco ha abbracciato varie tematiche. In 45 minuti, il Papa ha declinato tutti gli scenari di conflitto che gli stanno a cuore: dalla Terrasanta all’Ucraina, passando per la situazione del Nagorno Karabakh (il Papa ha parlato di Caucaso Meridionale, anche per evitare la disputa sul nome della regione contesta tra Armenia e Azerbaijan) arrivando anche a denunciare quello che succede in Nicaragua e le tensioni in Venezuela e Guyana, toccando le difficili situazioni nel continente africano.
Forse mancava un accenno alla possibile crisi cinese, a quella crisi possibile sullo stretto di Taiwan che potrebbe avere anche una ripercussione sulle relazioni tra Santa Sede e Cina e sull’accordo provvisorio per la nomina dei vescovi recentemente rinnovato. Ma era, quello, un segno di prudenza diplomatica, la necessità di mantenere un equilibrio difficile in situazioni difficili.
Le vie per la pace
Il discorso non ha avuto solo la disamina geopolitica, ma ha anche voluto indicare alcune possibili vie per la pace. La pace che passa per il dialogo interreligioso, per il dialogo multilaterale tra Stati, per la cura del creato – uno dei temi chiave del pontificato – per la cura dei migranti. Soprattutto, una pace che parte dal presupposto che si lavora per gli esseri umani, e che questi sono volti, carne, sangue, vite. Il Papa nota che la guerra ormai è globale, che quasi sempre tocca anche la popolazione civile, e mette in guardia dall’idea di considerare i morti civili come “danni collaterali”. Allo stesso tempo, Papa Francesco ribadisce il tema della crisi migratoria, e anche in quel caso chiede di guardare ai migranti non come numeri, ma come esseri umani, con le loro crisi, con le loro difficoltà, con le loro difficili scelte di vita.
Viene da qui l’appello a rispettare le convenzioni internazionali che puntano a rendere più umana una guerra – e addirittura il Cardinale Parolin, Segretario di Stato vaticano, arrivò a proporre un ufficio per giudicare quanto le parti “umanizzano” una guerra, ovvero rispettano il diritto umanitario.
La persona umana come chiave della diplomazia della Santa Sede
Come si può vedere, il filo conduttore della diplomazia della Santa Sede è sempre la persona umana e il bene comune. È questa la vera agenda internazionale della Santa Sede.
I diritti umani vengono difesi strenuamente, ma si pongono seri dubbi sulla validità dei diritti umani di seconda e terza generazione, quelli delle libertà individuali che non trovano consenso unanime, ma che soprattutto si basano su ideologie individualiste, in nome dei quali si vorrebbe anche attribuire un cosiddetto “diritto all’aborto”.
Il no alla maternità surrogata diventa uno strumento potente per la diplomazia della Santa Sede. Dice no alla cultura dello scarto, mette in luce il limite di considerare i bambini non come dono, ma come frutto di un contratto, e soprattutto chiama alla coscienza di tutti gli uomini di buona volontà. Non è un appello cattolico, ma è un atto politico di indirizzo che dà un messaggio preciso sulla centralità dell’essere umano.
È probabilmente quello il passaggio più innovativo del discorso del Papa al corpo diplomatico. E si può presumere ora qualche iniziativa della Santa Sede in tal senso, che spezzi anche il silenzio che regna sulla questione della maternità surrogata quando questa non è più di moda. Restano negli occhi le immagini dei bambini nati in Ucraina per maternità surrogata e rimasti bloccati dalla guerra ad inizio 2020, con tanto di spot che spiegava come questi bambini erano ben curati in attesa dell’arrivo dei “genitori”. Perché la guerra fa anche questo: mette in luce la diabolicità dell’uomo in tempo di pace.
Sarà questo, probabilmente, il grande tema del futuro.