Questo testo segna una svolta nel magistero sulla dottrina della "guerra giusta", della "guerra giusta" e della "guerra giusta". Pacem in terrisfirmato da Giovanni XXIII sessant'anni fa davanti alle telecamere della RAI (11 aprile 1963), è all'origine di un altro salto di qualità, quello verso le altre religioni.
La differenza tra questa enciclica e tutte le precedenti è che si rivolge non solo ai cristiani, ma a tutti gli uomini di buona volontà, perché la questione della pace non può essere risolta se non c'è armonia tra i fratelli o, peggio ancora, se prevale la diffidenza, se non l'ostilità, tra le nazioni e i popoli.
La lettera enciclica Pacem in terris Si distingue quindi nel panorama del magistero pontificio del XX secolo e rimane un punto di riferimento sia all'interno che all'esterno dei confini ecclesiastici.
In un messaggio inviato al Cardinale Peter Turkson, Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, e ai partecipanti alla Conferenza Internazionale che commemora il 60° anniversario della nascita dell'Università di Roma, il Card. Pacem in terris, sul tema "Guerra e altri ostacoli alla pace", che si è svolto in questi giorni nella Casina Pio IV in Vaticano,
Papa Francesco afferma che "il momento attuale assomiglia in modo inquietante al periodo immediatamente precedente al Pacem in terris"e la crisi dei missili di Cuba, che nell'ottobre 1962 portò il mondo sull'orlo di una "distruzione nucleare diffusa". E ha aggiunto: "Il lavoro delle Nazioni Unite e delle organizzazioni correlate per sensibilizzare l'opinione pubblica e promuovere misure normative adeguate rimane fondamentale".
Il Cardinale Peter Turkson, Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, a cui Vatican News ha avuto accesso, spiega che il Pacem in terris Giovanni XXIII è una "testimonianza di umanità", e che anche nel magistero di Papa Francesco "c'è un invito all'umanità a considerare che senza il rispetto della dignità delle persone, della loro libertà, dell'amore e della fiducia, non si può coltivare una cultura di pace".
Il porporato ghanese ricorda che mentre Papa Roncalli chiedeva la messa al bando delle armi nucleari, Bergoglio "considera immorale anche la sola fabbricazione e il possesso di ordigni atomici". Quindi, non si parla più di un "equilibrio tra missili, ma di un cambiamento di cuore".
Sullo sfondo, continua Francesco nel suo messaggio, "i problemi etici sempre più urgenti sollevati dall'uso nella guerra contemporanea delle cosiddette 'armi convenzionali', che dovrebbero essere utilizzate solo a scopo difensivo e non dirette contro obiettivi civili".
Si prevede che la Conferenza, "oltre ad analizzare le attuali minacce militari e tecnologiche alla pace, includerà una disciplinata riflessione etica sui gravi rischi associati al continuo possesso di armi nucleari, sull'urgente necessità di un rinnovato progresso nel disarmo e sullo sviluppo di iniziative di costruzione della pace".
Turkson ricorda la rilevanza dell'enciclica: "La Russia teme che l'Ucraina filo-occidentale permetta alla NATO di portare i missili al suo confine. Lo stesso timore che ebbe Kennedy 60 anni fa con Cuba". L'immoralità delle armi di distruzione deve essere contrastata dall'autorità morale, dall'imparzialità e dalla diplomazia del Pontefice e della Santa Sede: "Quando ci sono conflitti tra le nazioni", sottolinea Turkson, "non si sceglie una parte, ma si vedono come due figli in guerra".
Una mediazione che ha avuto successo tra Argentina e Cile, o anche tra Spagna e Germania per le isole Canarie. Anche l'attuale missione del cardinale Matteo Zuppi in Ucraina, Russia, Stati Uniti e Cina è legata a questo desiderio di promuovere una pace che consiste nel rispetto del diritto alla vita umana e di tutti gli altri diritti umani.
Già Giovanni Paolo II ha voluto ricordarci l'importanza della Pacem in terris dedicando un Giornata mondiale della pace 2003Il 40° anniversario dell'enciclica, nel cui titolo ha associato l'idea di un impegno permanente che ne deriva. L'enciclica mostra come Giovanni XXIII "fosse una persona che non aveva paura del futuro"; da lui emana un senso di "fiducia negli uomini e nelle donne" del nostro tempo come condizione per "costruire un mondo di pace sulla terra".
Questo coglie la prospettiva indicata dal Pacem in terrische, mentre insegna come le relazioni tra individui, comunità e nazioni debbano essere basate sui principi di verità, giustizia, amore e libertà, ci ricorda che sono le persone a creare le condizioni per la pace, cioè tutti gli uomini di buona volontà.
Il dialogo aperto e la collaborazione senza barriere diventano il tema e lo stile non solo della ricerca della pace, ma di ogni forma di convivenza. In questo senso, l'enciclica introduce una distinzione, che all'epoca suscitò qualche malumore, affiancando alla distinzione tra errore ed errore, quella tra ideologie e movimenti storico-sociali. Come a dire che l'incontro e il dialogo non possono trovare preclusioni di fronte agli esseri umani, chiunque essi siano e ovunque si trovino.