Un itinerario all'insegna del dialogo interreligioso, della pace e dell'incontro tra persone di fedi diverse. Questo è lo sfondo e l'orizzonte della Il viaggio apostolico di Papa Francesco nel Regno del Bahraindurante il suo viaggio dal 3 al 6 novembre. È la 39ª del pontificato, la nona nei Paesi a maggioranza musulmana: un corollario dell'enciclica "Fratelli tutti", sulla scia della visita del 2019 ad Abu Dhabi per la firma con il Grande Imam di Al-Azhar, Ahmed al-Tayeb (con il quale il Papa si incontrerà anche privatamente nei prossimi giorni) del "Documento sulla fraternità umana", una pietra miliare per i nuovi rapporti tra Islam e Chiesa cattolica.
Lo spirito del viaggio è stato al centro del discorso dell'Angelus di Papa Francesco domenica scorsa. "Parteciperò a un Forum che si concentrerà sull'indispensabile necessità di avvicinare Oriente e Occidente per il bene della convivenza umana; avrò l'opportunità di incontrare i rappresentanti religiosi, in particolare quelli islamici". Un'opportunità per la fraternità e la pace, di cui il mondo ha "un bisogno urgente".
La stessa chiave di lettura si ritrova nelle parole pronunciate nei giorni scorsi dal cardinale Pietro Parolin a conferma del carattere prevalentemente interreligioso della visita, la seconda del Pontefice nella Penisola Arabica (di cui il Bahrein è un'appendice insulare).
Templi in Bahrain
Il Bahrein, culla dell'Islam sciita, nonostante alcune tensioni con la minoranza sunnita della popolazione, è anche tollerante nei confronti della piccola comunità cattolica (circa 80.000 persone, per lo più immigrati per motivi di lavoro, su una popolazione totale di 1,4 milioni). Il re Hamad bin Isa Al Khalifa, che ha ricevuto il Papa prima dell'incontro con le autorità e il corpo diplomatico, ha donato qualche anno fa il terreno su cui oggi sorge la seconda chiesa del Paese, la Cattedrale di Nostra Signora d'Arabia ad Awali, che il Papa visiterà. Il primo risale al 1939 e si trova nella capitale Manama.
Tra i momenti salienti della visita, che durerà fino a domenica, figurano l'incontro con il Consiglio degli anziani musulmani presso la Moschea del Palazzo Reale di Sakhir questo pomeriggio, e l'abbraccio con la comunità cattolica in occasione della Messa che il Papa stesso presiederà sabato allo stadio nazionale del Bahrein (si prevede la partecipazione di oltre 20.000 persone), seguita da un incontro con i giovani della Scuola del Sacro Cuore. Infine, domenica mattina, nella chiesa del Sacro Cuore di Manama, Francesco concluderà la sua visita con i vescovi, il clero locale, i consacrati, i seminaristi e gli operatori pastorali.
Condanna della guerra
Nel Palazzo Reale di Sakhir, ad Awali, Francesco ha concluso oggi il Forum di dialogo con i leader delle diverse confessioni. Con un invito all'azione comune per ricucire le divisioni: "Che il cammino delle grandi religioni sia una coscienza di pace per il mondo". Opporsi al "mercato della morte", isolare i violenti che abusano del nome di Dio e smettere di sostenere i movimenti terroristici". Ancora un appello "per la fine della guerra in Ucraina e per seri negoziati di pace". Non basta dire che una religione è pacifica: bisogna agire di conseguenza. Non basta affermare la libertà religiosa: è necessario superare davvero tutti i limiti in materia di fede e lavorare affinché anche l'educazione non diventi un indottrinamento autoreferenziale, ma un modo per aprire davvero lo spazio agli altri.
È il messaggio sulle conseguenze concrete della fraternità che Papa Francesco ha lanciato questa mattina in Bahrain rivolgendosi agli altri leader religiosi e alle personalità presenti al "Forum per il dialogo: Oriente e Occidente per la convivenza umana", l'evento sul dialogo che è l'occasione dell'attuale viaggio apostolico. Nella piazza Al-Fida' del palazzo reale di Awali, accanto al sovrano Hamad bin Isa Al Khalifa, erano presenti esponenti di diverse confessioni religiose convocati nel Paese del Golfo per l'occasione: tra questi l'Imam di al Azhar, Ahmed al Tayyeb, e il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo, che Francesco ha salutato con affetto. "Oriente e Occidente stanno diventando sempre più come due mari contrapposti", ha detto il Pontefice commentando il tema dell'incontro, "ma siamo qui insieme perché intendiamo navigare sullo stesso mare, scegliendo la via dell'incontro e non quella dello scontro".
Questo compito è più che mai urgente nel mondo travagliato di oggi: anche da Awali, Francesco non ha mancato di alzare la voce per chiedere la fine della guerra in Ucraina. "Mentre la maggior parte della popolazione mondiale è accomunata dalle stesse difficoltà, afflitta da gravi crisi alimentari, ecologiche e pandemiche, oltre che da un'ingiustizia planetaria sempre più scandalosa", ha affermato, "pochi potenti si concentrano in una lotta decisa per interessi di parte, riesumando un linguaggio obsoleto, ridisegnando zone di influenza e blocchi contrapposti". L'ha definito "uno scenario drammaticamente infantile: nel giardino dell'umanità, invece di prendersi cura dell'insieme, si gioca con il fuoco, con i missili e le bombe, con armi che provocano lacrime e morte, ricoprendo la casa comune di cenere e odio".
Fraternità
È quindi necessario che i credenti di tutte le religioni rispondano seguendo la via della fraternità, già indicata nel 2019 nella Dichiarazione firmata ad Abu Dhabi con al Tayyeb e richiamata dalla stessa Dichiarazione del Regno del Bahrein discussa durante l'incontro di questi giorni. Ma per far sì che non rimangano solo parole, Francesco ha indicato oggi tre sfide concrete: preghiera, educazione e azione. In primo luogo, la dimensione della preghiera: "l'apertura del cuore all'Altissimo", ha spiegato, "è fondamentale per purificarsi da egoismo, chiusura mentale, autoreferenzialità, falsità e ingiustizia.
Chi prega "riceve la pace nel suo cuore e non può che diventarne testimone e messaggero". Ma questo richiede una condizione indispensabile: la libertà religiosa. Non basta", sottolinea il Papa, "concedere il permesso e riconoscere la libertà di culto, ma occorre realizzare la vera libertà religiosa. E non solo ogni società, ma ogni credo è chiamato a verificarlo. È chiamata a chiedersi se costringe dall'esterno o libera dall'interno le creature di Dio; se aiuta l'uomo a rifiutare la rigidità, la chiusura mentale e la violenza; se accresce nei credenti la vera libertà, che non è fare ciò che si vuole, ma disporsi al fine del bene per cui siamo stati creati".
Educazione
Una seconda sfida indicata dal Pontefice è l'educazione, un'alternativa all'ignoranza che è nemica della pace. Ma deve essere un'educazione veramente "degna dell'uomo, per essere dinamica e relazionale: quindi non rigida e monolitica, ma aperta alle sfide e sensibile ai cambiamenti culturali; non autoreferenziale e isolante, ma attenta alla storia e alla cultura degli altri; non statica, ma indagatrice, per abbracciare aspetti diversi ed essenziali dell'unica umanità a cui apparteniamo". Deve insegnare a "entrare nel cuore dei problemi senza avere la presunzione di avere la soluzione e a risolvere problemi complessi in modo semplice, ma con la volontà di abitare la crisi senza cedere alla logica del conflitto".
Un'educazione che sviluppi la capacità "di mettersi in discussione, di entrare in crisi e di saper dialogare con pazienza, rispetto e spirito di ascolto; di conoscere la storia e la cultura degli altri". Perché non basta dire che siamo tolleranti, ma dobbiamo fare spazio agli altri, dare loro diritti e opportunità".
Donne e diritti
Per Francesco, l'educazione comporta anche tre questioni urgenti: in primo luogo, "il riconoscimento delle donne nella sfera pubblica". In secondo luogo, la tutela dei diritti fondamentali dei bambini: "Educhiamoci", ha esortato il Papa, "a guardare le crisi, i problemi, le guerre, con gli occhi dei bambini: non si tratta di ingenua bontà, ma di lungimirante saggezza, perché solo pensando a loro il progresso si rifletterà nell'innocenza e non nel profitto, e contribuirà a costruire un futuro a misura d'uomo". E poi l'educazione alla cittadinanza, rinunciando "all'uso discriminatorio del termine minoranza, che porta con sé il germe di un sentimento di isolamento e di inferiorità".
Infine, la fraternità invita all'azione, per tradurre in gesti coerenti il "no alla blasfemia della guerra e all'uso della violenza". "Non basta dire che una religione è pacifica", ha specificato Francesco, "è necessario condannare e isolare i violenti che abusano del suo nome". L'uomo religioso, l'uomo di pace, si oppone anche alla corsa agli armamenti, al business della guerra, al mercato della morte. Non favorisce alleanze contro nessuno, ma percorsi di incontro con tutti: senza cedere a relativismi o sincretismi di sorta, persegue un'unica strada, quella della fraternità, del dialogo, della pace".
Il Creatore", ha concluso Francesco, "ci invita ad agire, soprattutto a favore di troppe sue creature che non trovano ancora abbastanza spazio nelle agende dei potenti: i poveri, i non nati, gli anziani, i malati, i migranti... Se noi che crediamo nel Dio della misericordia non ascoltiamo i miseri e non diamo voce ai senza voce, chi lo farà? Stiamo dalla sua parte, lavoriamo per aiutare i feriti e i provati. Così facendo, attireremo sul mondo la benedizione dell'Altissimo".