La "Vocazione di San Matteo" (1599-1600) del maestro italiano Michelangelo Merisi da Caravaggio si presta, sia per le parole del Vangelo a cui si ispira, sia per il suo ricco simbolismo, a un commento teologico. I contrasti cromatici, tipici della tecnica barocca del chiaroscuro, l'espressività dei volti e l'intensità degli sguardi, e tanti altri piccoli dettagli, catturano immediatamente l'attenzione dello spettatore. Lo stesso si può dire di alcuni elementi o oggetti il cui significato non è comprensibile a prima vista, come, ad esempio, il fatto che la finestra cieca nella parte superiore del dipinto sia così grande, anche se la luce che domina la scena non entra da essa.
Aspetti importanti dell'immagine
Un primo sguardo alla parte inferiore del dipinto - delimitata dalla proiezione orizzontale della base della finestra - rivela un gruppo di sette persone. Nella parte superiore è possibile vedere, da sinistra a destra, un'area di oscurità, una finestra e l'ingresso di un raggio di luce.
Nella parte inferiore, si vede un primo gruppo di cinque persone riunite attorno a un tavolo per la riscossione delle imposte, il che fa pensare che siano impegnate nella professione di riscossione delle imposte, o almeno che vi collaborino. Sono vestiti nello stile del XV-XVI secolo, cioè all'epoca di Caravaggio. Nel secondo gruppo, invece, si distinguono due figure vestite con tuniche antiche, caratteristiche dell'epoca di Cristo. Si può quindi affermare che tra i due gruppi di persone è simboleggiata una separazione temporale. Dal punto di vista della composizione del dipinto, la linea che separa il presente dal passato è la proiezione della mediana verticale della finestra.
Nel gruppo di collezionisti, la prima cosa che salta all'occhio è la progressiva varietà di età che caratterizza il gruppo: il ragazzo in giallo e rosso, quasi un bambino, dallo sguardo candido e innocente; un altro ragazzo in bianco e nero, con i tratti e il portamento di un adolescente; quello in rosso e blu, che sembra aver già raggiunto una certa maturità; l'uomo barbuto e maturo al centro; e infine il vecchio, mezzo calvo e miope.
Colpiscono anche alcuni oggetti portati o indossati dai collezionisti: un vistoso cappello di piume bianche (il secondo è in penombra), una spada, una borsa di denaro legata alla cintura, le monete e il libro dei conti sul tavolo e anche un paio di occhiali. Si può capire che si tratta di oggetti più o meno caratteristici del mestiere.
Simbolismo
Non è quindi difficile vedere un simbolismo in questa caratterizzazione. C'è il collezionista in tutte le fasi della sua professione (dall'apprendistato alla pensione) e, se vogliamo, con una visione più ampia, l'uomo di tutti i tempi nelle varie fasi della sua vita. Il tavolo da collezione e gli oggetti sopra descritti sono come una messa in scena del mondo con i suoi elementi caratteristici: la bellezza e la vanità, il potere e la forza, il denaro e la ricerca del profitto, e un certo desiderio autosufficiente di saggezza. È il luogo abituale e caratteristico della vocazione: l'uomo immerso nelle preoccupazioni del mondo.
Le due figure a destra sono entrambe in piedi. Cristo si distingue chiaramente per l'aureola sul capo. È da notare che sono illuminati solo il suo volto, parzialmente in penombra, e la sua mano destra, che è completamente distesa. Lo sguardo trasmette determinazione e la mano, fortemente evocativa nel suo gesto, suggerisce allo stesso tempo dominio e dolcezza. I piedi, appena percepibili nella penombra, non sono in direzione del volto e della mano, ma sono quasi perpendicolari ad essi, in direzione dell'uscita, in linea con il testo evangelico: "Quando si allontanava da lì, usciva"., Mentre Gesù passava, vide un uomo chiamato Matteo". Anche il braccio e la mano sinistra sono appena percepibili nella penombra e la loro posizione aperta suggerisce invito e accoglienza.
La seconda figura, secondo l'opinione comune, è stata aggiunta successivamente dallo stesso Caravaggio. Essa copre quasi completamente la figura di Cristo e si può affermare con certezza che si tratta di San Pietro, poiché tiene in mano il bastone di un pastore, incaricato di pascere il gregge. Pietro, infatti, è stato costituito come primo successore del Buon Pastore secondo l'incarico che ha ricevuto da Lui: "Pasci le mie pecore" (cfr. Gv 21,16). La sua posizione così vicina a Cristo lo conferma come suo discepolo, così come il gesto della sua mano sinistra, che è come una replica del gesto della mano del Maestro. I suoi piedi, come quelli di Cristo, si muovono, ma non in direzione dell'uscita, bensì verso l'interno della scena.
La posizione relativa, la tonalità dei colori, i gesti e i movimenti delle figure di Cristo e Pietro hanno un significato. Il corpo di Pietro nasconde quasi completamente Cristo, lasciando dietro di sé solo il volto e la mano del Maestro. Il suo aspetto spento e stanco contrasta con il contegno giovanile, imperiale ed energico di Cristo.
Per questo la figura di Pietro può essere interpretata come simbolo della Chiesa: egli trasmette di generazione in generazione i gesti e le parole di Cristo, anche se non sempre riesce a farlo con la forza e il fulgore originari, a causa della fragile condizione umana di coloro che compongono la Chiesa. La direzione in cui è rivolta, verso la tavola, conferma la sua missione di essere nel mondo, in mezzo agli uomini; e il bastone che porta in mano, la sua condizione di pellegrina nella storia, fino alla fine dei tempi.
Elementi della parte superiore
La parte superiore del dipinto, in contrasto con la scena raffigurata in quella inferiore, è di assoluta semplicità e staticità. Si compone di soli tre elementi: il raggio di luce che entra da destra, una finestra cieca e una zona di completa oscurità. L'unico segno di movimento è il raggio di luce che entra nella scena, ma in modo così sereno e stabile da sembrare immobile. È possibile comprendere la relazione tra questi tre elementi attraverso l'uso del contrasto, tipico della pittura barocca: la finestra è il confine tra luce e buio.
Ma ora, non ci si potrebbe chiedere se le parti del dipinto, con significato e significati in sé, non formino un insieme, un'unità di significato come in tutti i capolavori? Ad esempio, la finestra è strettamente legata alla vocazione di Matteo? La risposta è ovviamente sì. C'è un'unità di significato e c'è anche una chiave per la comprensione dell'intero dipinto. Questa chiave è la mano tesa di Cristo. E ora vedremo perché.
Vocazione
La mano di Cristo non si trova al centro geometrico del dipinto, ma al crocevia drammatico della scena. Vi convergono la linea che unisce lo sguardo di Cristo e dell'esattore delle tasse seduto al centro del tavolo; la proiezione della mediana verticale della finestra che, come già detto, costituisce un confine temporale della scena: il gruppo degli esattori delle tasse a sinistra, nel presente, Cristo e Pietro a destra, nel passato; e, in terzo luogo, la diagonale formata dal raggio di luce che sembra governare la direzione della mano di Cristo.
Il gesto della mano di Cristo è piuttosto singolare e non passa inosservato a chi conosce l'arte romana dell'epoca e le sale del Vaticano. È un'evocazione della scena della creazione dipinta da Michelangelo Buonaroti sul soffitto della Cappella Sistina. La mano destra di Cristo è una replica speculare della mano sinistra di Adamo. Si può quindi dire che Cristo è raffigurato come un nuovo Adamo: "Se infatti per la caduta di un solo uomo tutti sono morti, quanto più la grazia di Dio e il dono che è stato fatto nella grazia dell'unico uomo, Gesù Cristo, si sono riversati su tutti" (cfr. Rm 5,15).
Perciò è anche chiaro che la vocazione è una grazia intimamente legata alla creazione di ogni uomo, perché è ciò che dà senso alla sua esistenza. Ma poiché è proprio la mano destra di Cristo e poiché Cristo non solo ha la natura umana di Adamo, ma anche quella divina di Dio Padre, quella mano è l'immagine della potenza e della volontà onnipotente del Padre: il dito di Dio.
D'altra parte, la finestra cieca, opaca e semplice, come già detto, non svolge la funzione di far entrare la luce nella scena. La sua funzione è simbolica e molto importante, date le sue dimensioni. Nasconde qualcosa che di solito passa inosservato e addirittura disprezzato: la croce. Nel contesto del dipinto, può essere interpretata come la croce di Cristo. Posta in alto, proprio sopra la mano del Maestro, è il segno del cristiano e il luogo in cui Cristo porta a compimento la propria vocazione: dare la vita per la salvezza del mondo.
La croce è la via della vita per chi ha ricevuto la vocazione e vuole essere discepolo di Cristo: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua". (Mt 16,24). È, infine, il mezzo per raggiungere la salvezza e la beatitudine, il fine della vocazione cristiana. Non solo Cristo è morto in essa, ma anche Pietro e Matteo. Entrambi hanno dato prova della loro fedeltà come discepoli di Cristo e hanno coronato la propria vocazione.
La croce, situata nella composizione del quadro come confine tra luce e tenebre, simboleggia lo strumento che permette di risolvere l'opposizione permanente tra bene e male, verità e falsità e, nel caso della vocazione, tra indecisione e passaggio di fede.
Chi è Mateo?
Infine, ci si può chiedere quale dei cinque collezionisti sia Matthew, dal momento che i critici contemporanei hanno messo in dubbio che si tratti del collezionista barbuto al centro, sul quale lo sguardo dello spettatore è naturalmente concentrato.
In primo luogo, c'è un elemento comune che caratterizza ciascuno dei sette personaggi della scena: lo sguardo. C'è un intenso gioco di sguardi che domina la comunicazione silenziosa tra i personaggi e riempie il momento di tensione drammatica. I due collezionisti a sinistra tengono lo sguardo fisso sul denaro sul tavolo, completamente assorti in esso e senza nemmeno accorgersi della presenza di Cristo e degli altri due a destra. Pietro.
Essi simboleggiano quella parte di uomini che, immersi nelle cose materiali, sono come incapaci di percepire la presenza e l'esistenza di Dio e di tutto ciò che è spirituale. Gli altri tre esattori, invece, hanno gli occhi fissi su Cristo e Pietro che, come due misteriosi visitatori del passato, sono improvvisamente apparsi sulla scena. Anche loro guardano gli esattori. C'è però un solo incrocio di sguardi che viene esplicitamente individuato: quello di Cristo e quello dell'esattore delle tasse al centro. Entrambi si incrociano nella mano tesa di Cristo.
In secondo luogo, non sembra un caso che il gesto della mano di Cristo, di Pietro e dell'esattore delle tasse al centro sia presentato come un trio: la mano di Cristo è la mano di colui che chiama; la mano di Pietro è la mano di colui che è già stato chiamato; e la mano dell'esattore delle tasse è la mano di colui che viene chiamato. Pieno di stupore e perplessità, si chiede se sia lui ad essere chiamato o se sia il suo compagno seduto alla sua destra, all'estremità della tavola.
In terzo luogo, nel gruppo dei collezionisti ci sono solo due volti quasi completamente visibili e appositamente illuminati. Quello che brilla di più è quello piccolo di colore giallo e rosso, con un cappello bianco piumato. Non è possibile stabilire con certezza l'origine della fonte che lo illumina. Nel caso del collezionista al centro, è chiaro che la luce che illumina il suo volto non proviene da Cristo. Proviene dal fascio di luce diagonale. Il suo volto è letteralmente incorniciato dalla proiezione della parte superiore e inferiore di quel raggio, di cui non è possibile vedere l'origine o la fonte.
Per questo si può dire che il raccoglitore al centro è proprio Matteo. Il tenue raggio di luce che raggiunge il suo volto non è che un simbolo della grazia che viene dall'alto, cioè da Dio Padre. Dio Padre che è nei cieli, trascendente rispetto al mondo, ma condiscendente verso gli uomini, è sempre stato considerato come la fonte invisibile, inaccessibile e misteriosa di ogni grazia. Il tono immutabile e sereno del raggio di luce, che introduce equilibrio e armonia nella scena, simboleggia l'origine atemporale di ciò che precede la vocazione, cioè la scelta. È Dio Padre che sceglie.
Il punto di confluenza del tenue raggio di luce, dello sguardo e della mano di Cristo, è anche il volto del collettore del centro. Cristo, assecondando la volontà del Padre, attualizza nel tempo l'elezione eterna e chiama: "Benedetto sia il Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, (...) perché in lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e irreprensibili davanti a lui nella carità" (Ef 1,4).
La risposta alla vocazione
Ora non resta che attendere la risposta gratuita di colui che è stato scelto e chiamato. Da colui che ha ancora la mano destra vicino al denaro. È proprio l'istante immortalato da Caravaggio.
In conclusione, una domanda e una considerazione: se l'intuizione creativa dell'artista lo abbia portato a interpretare nella sua opera il momento preciso della vocazione di Matteo, non solo in modo magistrale dal punto di vista estetico, ma anche con sorprendente profondità teologica... Non lo sappiamo. Quello che è chiaro è che la "Vocazione di San Matteo" è ancora lì, nella cappella Contarelli della chiesa "San Luigi dei Francesi" a pochi passi da "Piazza Navona", a Roma, suscitando ammirazione e stupore in chi la contempla.
Tuttavia, un dettaglio non può passare inosservato: il tavolo raffigurato nel dipinto, attorno al quale sono riuniti gli esattori delle tasse, lascia uno spazio vuoto nell'angolo in cui si trova necessariamente l'osservatore. Questo vuoto sembra essere un invito per l'osservatore del XVI secolo, del XXI secolo e di ogni epoca a lasciare la sua contemplazione passiva e a entrare nella scena come un altro personaggio... E, forse, a porsi la domanda decisiva, la più importante: la domanda sulla propria vocazione, perché e per quale scopo sono in questo mondo?