Questo martedì mattina, 9 febbraio, alle ore 11.30, in diretta streaming dalla sala "Giovanni Paolo II" della Sala Stampa della Santa Sede, si è svolta la presentazione del documento della Pontificia Accademia per la Vita: "La vecchiaia: il nostro futuro". Lo stato degli anziani dopo la pandemia".
Vincenzo Paglia, segretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, mons. Bruno-Marie Duffè e il professor Etsuo Akiba, docente all'Università di Toyama (Giappone), membro effettivo della Pontificia Accademia per la Vita, collegato dalla città giapponese.
Il titolo del documento propone una riflessione sulle lezioni da trarre dall'emergenza sanitaria causata dalla diffusione del Covid-19, sulle sue conseguenze per l'oggi e per il futuro delle nostre società.
Una via della Chiesa
In questo senso, la situazione che stiamo vivendo su scala globale ci porta a trarre insegnamenti che hanno dato origine a una duplice consapevolezza: "da un lato l'interdipendenza tra tutti e dall'altro la presenza di forti disuguaglianze". Siamo tutti in balia della stessa tempesta, ma in un certo senso, si può dire, remiamo su barche diverse, le più fragili delle quali affondano ogni giorno"..
"È indispensabile ripensare il modello di sviluppo dell'intero pianeta", si legge nel documento, che riprende la riflessione già avviata con la Nota del 30 marzo 2020 (Pandemia e Fratellanza Universale), proseguito con la Nota del 22 luglio 2020 (Humana Communitas nell'era delle pandemie. Considerazioni senza tempo sulla rinascita della vita.) e con il documento congiunto con il Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale (Vaccino per tutti. 20 punti per un mondo più giusto e più sano) 28 dicembre 2020.
L'intento, come si vede, è quello di proporre il cammino della Chiesa, maestra dell'umanità, nei confronti di un mondo cambiato dalla situazione pandemica, rivolgendosi a donne e uomini in cerca di senso e di speranza per la propria vita.
La pandemia ha colpito
Gli anziani sono stati particolarmente colpiti durante le prime fasi della pandemia, soprattutto nelle case di riposo, luoghi che avrebbero dovuto proteggere i più fragili della società e dove, invece, la morte ha colpito in modo sproporzionato rispetto all'ambiente domestico e familiare.
"Quello che è successo durante la pandemia COVID-19 ci impedisce di risolvere la questione dell'assistenza agli anziani cercando capri espiatori, cercando singoli colpevoli e, d'altra parte, sollevando un coro in difesa degli ottimi risultati di coloro che hanno impedito il contagio nelle case di riposo". Abbiamo bisogno di una nuova visione, di un nuovo paradigma che permetta alla società di prendersi cura degli anziani".
Entro il 2050, una persona su cinque sarà anziana
Il documento sottolinea il fatto sorprendente che "sotto il profilo statistico e sociologico, oggi gli uomini e le donne hanno generalmente un'aspettativa di vita più lunga". "Questa grande trasformazione demografica rappresenta una grande sfida culturale, antropologica ed economica. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2050 nel mondo ci saranno due miliardi di persone di età superiore ai 60 anni, ovvero un anziano su cinque. È quindi "fondamentale rendere le nostre città luoghi inclusivi e accoglienti per la vita degli anziani e, in generale, per la fragilità in tutte le sue espressioni".
Il dono di essere vecchi
Nella nostra società prevale spesso l'idea della vecchiaia come età infelice, intesa solo come età dell'assistenza, della necessità e della spesa per le cure mediche. Tuttavia, niente di più sbagliato: "Diventare anziani è un dono di Dio e un'enorme risorsa, una conquista da salvaguardare con cura", si legge nel documento, "anche quando la malattia diventa invalidante e si presenta la necessità di un'assistenza integrata e di qualità". "Ed è innegabile che la pandemia abbia rafforzato in tutti noi la consapevolezza che la 'ricchezza degli anni' è un tesoro da custodire e proteggere".
Un nuovo modello per i più fragili
In termini di assistenza, la Pontificia Accademia per la Vita indica un nuovo modello, soprattutto per i più fragili, ispirato innanzitutto alla persona: l'applicazione di questo principio implica un intervento organizzato a diversi livelli, che preveda un'assistenza continua tra la casa stessa e alcuni servizi esterni, senza censure traumatiche, inadatte alla fragilità dell'invecchiamento, secondo cui "le case di riposo dovrebbero essere riqualificate in una continuum socio-sanitario, cioè offrendo alcuni dei suoi servizi direttamente nelle case degli anziani: ospedalizzazione a domicilio, assistenza alla singola persona con risposte assistenziali modulate in base ai bisogni personali a bassa o alta intensità, dove l'assistenza socio-sanitaria integrata e la domiciliarità rimangono al centro di un nuovo e moderno paradigma". Si spera di reinventare una rete più ampia di solidarietà "non basata esclusivamente e necessariamente su legami di sangue, ma articolata in base all'appartenenza, all'amicizia, al sentire comune, alla generosità reciproca per rispondere ai bisogni degli altri".
I giovani e gli anziani
Il documento evoca un "incontro" tra giovani e anziani che possa portare al tessuto sociale "quella nuova linfa di umanesimo che renderebbe la società più unita". In diverse occasioni Papa Francesco ha esortato i giovani ad aiutare i nonni. Il documento ricorda che "la persona che invecchia non si avvicina alla fine, ma al mistero dell'eternità" e, per comprenderlo, "ha bisogno di avvicinarsi a Dio e di vivere in relazione con Lui". È quindi un "compito della carità nella Chiesa" quello di "prendersi cura della spiritualità degli anziani, del loro bisogno di intimità con Cristo e di condivisione della fede". Il documento chiarisce che "è solo grazie agli anziani che i giovani possono riscoprire le loro radici, e solo grazie ai giovani che gli anziani ritrovano la capacità di sognare".
La preziosa testimonianza della fragilità
Anche la fragilità degli anziani può essere una testimonianza preziosa: "Può essere letta come un "magistero", un insegnamento di vita", sottolinea il documento, e chiarisce che "la vecchiaia va compresa anche in questo orizzonte spirituale: è l'età particolarmente propizia all'abbandono a Dio": "man mano che il corpo si indebolisce, la vitalità psichica, la memoria e la mente diminuiscono, la dipendenza della persona umana da Dio diventa sempre più evidente".
La svolta culturale
Infine, chiede che "tutta la società civile, la Chiesa e le diverse tradizioni religiose, il mondo della cultura, della scuola, del volontariato, dello spettacolo, dell'economia e delle comunicazioni sociali sentano la responsabilità di suggerire e sostenere - nel quadro di questa rivoluzione copernicana - nuove e incisive misure di accompagnamento e di cura degli anziani nei contesti familiari, nelle proprie case e, comunque, in ambienti domestici più simili a case che a ospedali". Si tratta di un cambiamento culturale che deve essere attuato".