"Alcuni esemplari di olivo mediterraneo testimoniano una vita così lunga da precedere la nascita di Cristo. Millenarie e longeve, hanno superato la prova del tempo e ci ricordano l'importanza di conservare radici forti, intrise di memoria. Questo Paese può essere definito come la memoria dell'Europa e sono felice di visitarlo a vent'anni dalla storica visita di Papa Giovanni Paolo II e nel bicentenario della sua indipendenza", ha detto Papa Francesco nel suo discorso alle autorità greche, alla società civile e al corpo diplomatico, poche ore dopo il suo arrivo nel Paese.
"Vengo come pellegrino in questi luoghi che traboccano di spiritualità, cultura e civiltà, per percepire la stessa felicità che ha emozionato il grande Padre della Chiesa [San Gregorio Nazianzeno]", ha aggiunto il Santo Padre. "Era la gioia di coltivare la saggezza e di condividerne la bellezza. Una felicità, dunque, che non è individuale né isolata, ma che, nata dalla meraviglia, tende all'infinito e si apre alla comunità; una felicità sapiente, che da questi luoghi si è diffusa ovunque. Senza Atene e la Grecia, l'Europa e il mondo non sarebbero ciò che sono: sarebbero meno saggi e meno felici".
In questo contesto, il Papa ha citato la "nota frase del generale Colocotronis: 'Dio ha messo la sua firma sulla libertà della Grecia'. Dio mette volentieri la sua firma sulla libertà umana, è il suo dono più grande e ciò che apprezza di più in noi. Egli ci ha creati liberi e ciò che più gli piace è che amiamo liberamente lui e il nostro prossimo. Le leggi contribuiscono a renderlo possibile, ma anche l'educazione alla responsabilità e la crescita di una cultura del rispetto".
Alla presenza, tra gli altri, della Presidente della Repubblica ellenica, Katerina Sakellaropoulou, e del Primo Ministro, Kyriakos Mitsotakis, il Papa ha affermato di voler "rinnovare il mio ringraziamento per il riconoscimento pubblico della comunità cattolica e assicuro la sua volontà di promuovere il bene comune della società greca, orientando in questa direzione l'universalità che la caratterizza, con l'augurio che in concreto siano sempre garantite le condizioni necessarie per svolgere bene il suo servizio".
"Abbiamo bisogno di trascendenza".
Il Santo Padre ha poi proseguito uno dei temi principali del suo primo discorso in Grecia: guardare alla trascendenza e agli altri. "Da qui [la Grecia], gli orizzonti dell'umanità si sono ampliati. Anch'io mi sento invitato ad alzare lo sguardo e a fermarmi sulla parte più alta della città: l'Acropoli. Visibile da lontano ai viaggiatori che l'hanno raggiunta nel corso dei millenni, offriva un riferimento indispensabile alla divinità. È l'invito a espandere gli orizzonti verso l'alto, dal Monte Olimpo all'Acropoli e al Monte Athos. La Grecia invita l'uomo di tutti i tempi a dirigere il cammino della vita verso l'alto: verso Dio, perché abbiamo bisogno della trascendenza per essere veramente umani", ha detto il Pontefice.
"E mentre oggi nell'Occidente, che qui è nato, si tende a offuscare il bisogno di Cielo", ha aggiunto, "intrappolati dalla frenesia di mille carriere terrene e dall'insaziabile avidità di un consumismo che spersonalizza, questi luoghi ci invitano a lasciarci sorprendere dall'infinito, dalla bellezza dell'essere, dalla gioia della fede".
"Qui sono passate le strade del Vangelo che hanno unito l'Oriente e l'Occidente, i Luoghi Santi e l'Europa, Gerusalemme e Roma; quei Vangeli che, per portare al mondo la buona notizia di Dio amante dell'uomo, sono stati scritti in greco, la lingua immortale usata dal Verbo - il Logos - per esprimersi, la lingua della sapienza umana trasformata nella voce della Sapienza divina", ha aggiunto.
"Arretramento della democrazia".
Ma in questa città, ha sottolineato Francesco, "lo sguardo, oltre a essere diretto verso l'alto, è anche diretto verso l'altro". Ce lo ricorda il mare, su cui Atene si affaccia e che guida la vocazione di questa terra, situata nel cuore del Mediterraneo, a essere un ponte tra i popoli".
"Qui è nata la democrazia", ha ricordato il Papa, con un appello alla storia: "Qui grandi storici si sono appassionati a raccontare le storie dei popoli vicini e lontani. Qui, come disse Socrate, iniziò il sentimento di essere cittadini non solo del proprio Paese, ma del mondo intero. Cittadini, qui l'uomo prende coscienza di essere "un animale politico" (Aristotele, Politica, I, 2) e, in quanto parte di una comunità, vede negli altri non solo dei sudditi, ma dei cittadini con cui organizzare insieme la polis. È qui che è nata la democrazia. La culla, millenni dopo, è diventata una casa, una grande casa di popoli democratici: mi riferisco all'Unione Europea e al sogno di pace e fratellanza che rappresenta per tanti popoli".
Eppure, ha sottolineato Francesco, guardando al mondo "non si può non notare con preoccupazione che oggi, non solo nel continente europeo, c'è un declino della democrazia". La democrazia richiede la partecipazione e il coinvolgimento di tutti e quindi richiede sforzo e pazienza; la democrazia è complessa, mentre l'autoritarismo è rapido e le facili promesse proposte dal populismo sono attraenti. In molte società, preoccupate dalla sicurezza e anestetizzate dal consumismo, la stanchezza e il disagio portano a una sorta di "scetticismo democratico".
"La buona politica
Tuttavia, ha ricordato il Pontefice, "la partecipazione di tutti è un requisito fondamentale, non solo per raggiungere obiettivi comuni, ma anche perché risponde a ciò che siamo: esseri sociali, irripetibili e allo stesso tempo interdipendenti". "C'è uno scetticismo nei confronti della democrazia", ha detto, "causato dalla distanza dalle istituzioni, dalla paura di perdere la nostra identità e dalla burocrazia. Il rimedio a tutto ciò non sta nella ricerca ossessiva di popolarità, nella sete di visibilità, nella proclamazione di promesse impossibili o nell'adesione ad astratte colonizzazioni ideologiche, ma nella buona politica".
"Prendersi cura dei più deboli".
"Perché la politica è una cosa buona e deve esserlo nella pratica, come responsabilità suprema del cittadino, come arte del bene comune", ha aggiunto il Papa, ponendo però una condizione, un requisito fondamentale: "Perché il bene sia veramente condiviso, un'attenzione particolare, direi prioritaria, deve essere data alle fasce più deboli". Questa è la direzione da seguire, che un padre fondatore dell'Europa [A. De Gasperi] ha indicato come antidoto alle polarizzazioni che animano la democrazia ma minacciano di esasperarla: 'Si parla tanto di chi è di destra o di sinistra, ma la cosa decisiva è andare avanti, e andare avanti significa andare verso la giustizia sociale'".
"In questo senso, è necessario un cambio di passo, mentre ogni giorno si diffondono paure, amplificate dalla comunicazione virtuale, e si sviluppano teorie per opporsi ad altre". Aiutiamoci, invece, a passare dalla partigianeria alla partecipazione; dal mero impegno a sostenere la propria fazione al coinvolgimento attivo per la promozione di tutti", ha fatto appello il Santo Padre.
"Dalla partigianeria alla partecipazione". Con queste parole il Papa ha tracciato la strada da seguire. "È la motivazione che ci deve spingere su più fronti: penso al clima, alla pandemia, al mercato comune e soprattutto alla povertà diffusa. Sono sfide che richiedono una collaborazione concreta e attiva; ne ha bisogno la comunità internazionale, per aprire strade di pace attraverso un multilateralismo non soffocato da eccessive pretese nazionalistiche; ne ha bisogno la politica, per anteporre le istanze comuni agli interessi privati". In questo senso, Francesco ha rinnovato il suo "apprezzamento per il difficile cammino che ha portato all'"Accordo di Prespa" firmato tra questa Repubblica e la Repubblica di Macedonia del Nord".
Anche se il Papa si recherà questa domenica a Mitilene-Lesbos per incontrare i rifugiati, come aveva fatto cinque anni fa, in questo discorso ha fatto anche un riferimento alla questione delle migrazioni: "Vorrei ancora una volta sollecitare un approccio olistico e comunitario alla questione delle migrazioni, e incoraggiare a rivolgere l'attenzione a coloro che sono più bisognosi, affinché, secondo le possibilità di ciascun Paese, siano accolti, protetti, promossi e integrati nel pieno rispetto dei loro diritti umani e della loro dignità".
Il Giuramento di Ippocrate, attuale
Uno dei temi affrontati dal Papa alle autorità elleniche è stato il diritto alla vita. Lo ha fatto nei seguenti termini: "Alcune parole del giuramento di Ippocrate sembrano scritte per il nostro tempo, come lo sforzo di 'regolare il tenore della vita per il bene dei malati', di 'astenersi da ogni danno e offesa' agli altri, di salvaguardare la vita in ogni momento, in particolare nel grembo materno (Giuramento di Ippocrate, testo antico). Il diritto all'assistenza e alle cure per tutti deve essere sempre privilegiato, affinché i più deboli, in particolare gli anziani, non vengano mai scartati. Infatti, la vita è un diritto, la morte no; va accolta, non fornita".
Nella sua conclusione, Francesco ha fatto riferimento ad Atene come "culla della civiltà", da cui "è sorto - e possa sempre continuare a sorgere - un messaggio orientato verso l'alto e verso l'altro; che risponde alle seduzioni dell'autoritarismo con la democrazia; che oppone all'indifferenza individualista l'attenzione per l'altro, per i poveri e per il creato, pilastri essenziali per un rinnovato umanesimo, che è ciò di cui il nostro tempo e la nostra Europa hanno bisogno". O Theós na evloghí tin Elládha! [Dio benedica la Grecia]".