Akulina vive ad Almaty. È ortodossa, di origine russa. Mercoledì ha percorso 1.500 km attraverso la steppa fino ad Astana per partecipare alla Messa del Papa all'EXPO. Le due notti in treno, in meno di 48 ore, e le molte ore trascorse con gli altri partecipanti nelle parrocchie di Almaty, sono diventate brevi dopo l'impressione positiva di quelle poche ore con il Papa.
Alisher è un giovane pastore protestante di origine kazaka. Non ha potuto viaggiare, date le scarse possibilità negli ultimi giorni prima della visita del Papa. Ma il suo desiderio era quello di poter vedere il Santo Padre da vicino, cosa che considerava un grande onore.
Per stare con persone come Akulina e Alisher, per i cattolici di tutta l'Asia Centrale e dei Paesi limitrofi, per le delegazioni delle religioni tradizionali presenti ad Astana (la capitale del Kazakistan ha ripreso in questi giorni il suo nome primitivo) Papa Francesco è venuto a Kazakistan.
Anche se il suo viaggio in questa occasione non può essere considerato strettamente pastorale, ma ufficiale in occasione della partecipazione al 7° congresso dei leader delle religioni tradizionali e mondiali, nel caloroso incontro di Papa Francesco con il clero e gli operatori pastorali del Kazakistan nella mattinata di giovedì 15 settembre, il Pontefice ha offerto una lettura chiave di tutto il suo viaggio.
Il Papa ha sottolineato in quell'occasione che "la bellezza della Chiesa è questa, che siamo una sola famiglia, in cui siamo una sola famiglia. nessuno è straniero".. E in un certo senso questa è una dichiarazione che, con sfumature diverse, ha voluto ripetere ai diversi pubblici che ha incontrato.
Ha ringraziato in modo particolare la presenza di fedeli provenienti da tutta l'Asia Centrale alla Messa del 14, ha chiamato fratelli e sorelle i partecipanti al Congresso dei leader delle religioni tradizionali e mondiali e si è rivolto con particolare affetto ai rappresentanti della società civile del Paese, ringraziandoli per il loro impegno nei confronti dei valori universali (l'abolizione della pena di morte, la rinuncia alle armi nucleari) e suggerendo allo stesso tempo con finezza alle loro autorità vie di democrazia e promozione sociale.
Nessuno è straniero in questo mondo che a volte sembra una steppa desolata e inospitale. Il Papa lo ha dimostrato con la sua vicinanza agli altri leader religiosi, ma allo stesso tempo ha preso le distanze da qualsiasi sincretismo, riconoscendo piuttosto la semi veri di altre realtà di apertura all'Assoluto.
Probabilmente è per questo che abbiamo visto un Papa vicino a tutti e accessibile ai fedeli. Il suo giro in papamobile intorno alla spianata dell'EXPO ha sorpreso molti che non si aspettavano una tale vicinanza fisica, come suggerito dal suo evidente stato di salute, che limita molti dei suoi movimenti.
Anche lui è rimasto piacevolmente sorpreso, riflettendo sul suo viaggio di ritorno, dalla grandezza (non solo territoriale) di un Paese dall'accoglienza esemplare: "un laboratorio multietnico, multiculturale e multireligioso unico nel suo genere, (...) un Paese di incontro".
Il Papa ha scoperto un grande paese e Kazakistan ha incontrato a sua volta un Papa che valuta la sua multietnicità e la sua vocazione all'apertura e all'accoglienza come un dono auspicabile per il mondo intero, per ogni Paese, per ogni regione, per ogni conflitto.
Molti altri sono i temi importanti che il Papa ha richiamato e addirittura sollecitato: l'impegno per la pace, la responsabilità comune delle religioni nella costruzione di un mondo più umano, pacifico e inclusivo, il potere della memoria, della storia e della gratitudine nel cammino ecclesiale.
Il poeta Abay, la similitudine dell'ombra, i riferimenti alla steppa, la bandiera e i simboli del Kazakistan, tutto questo è riuscito a trasmetterlo con immagini vicine al popolo multietnico che vive in Kazakistan.
Così il Presidente, con fine umorismo, non ha potuto che rispondere a tale affetto con un dono speciale quando ha salutato il Papa giovedì 15: il Santo Padre, che ha scherzato sul fatto di essere un Papa musicale quando ha descritto il tappeto, è tornato a Roma con questo strumento, dono del popolo kazako.