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L’Iraq: che fine ha fatto il giardino dell’Eden? Prima parte

In questo articolo, che inizia una serie di due, Gerardo Ferrara approfondisce le origini, la religione e l'attuale situazione politica dell'Iraq.

Gerardo Ferrara-21 marzo 2024-Tempo di lettura: 6 minuti

Antico insediamento archeologico di Ur, Iraq, luogo di nascita di Abramo ©OSV

I nostri viaggi in alcuni fra i Paesi che hanno visto nascere e fiorire il cristianesimo ci portano in uno dei luoghi in cui tradizionalmente si situa il “giardino che Dio piantò a Oriente” (l’Eden): l’Iraq. Tristemente, anche qui dobbiamo constatare come l’ennesima culla di alcune tra le più grandi e antiche civiltà (come l’Egitto, la Siria, l’Iran, l’Etiopia, il Libano, Israele e la Palestina) sia oggi teatro di instabilità, sofferenza e incertezza per tutti i popoli che la abitano.

Alcuni dati

L’Iraq è situato nel Vicino Oriente, ha una superficie di 438.317 km² e una popolazione di poco più di 40 milioni di abitanti, di cui il 75-80% è di etnia araba, il 15-20% di etnia curda (il curdo è una lingua iranica, quindi indoeuropea), maggioritaria nella zona del Kurdistan iracheno, a nord-est del Paese. Vi sono anche minoranze etniche come quella assira (specie a Baghdad e nel nord del Paese, in particolare a Mosul e nei suoi dintorni: la famosa “Piana di Ninive”, in prevalenza cristiana siriaca e di lingua aramaica, semitica anche questa) e quella turcomanna.

L’islam è la religione predominante (il 95-98% della popolazione è musulmano, 60% sciiti e 40% sunniti). Le minoranze non islamiche costituiscono meno del 2%, in particolare cristiani, ebrei, mandei, yazidi.

Fino al 2003, tuttavia, in Iraq viveva una delle minoranze cristiane più numerose del Vicino Oriente, con 1 milione e mezzo di fedeli: erano il 6% della popolazione (12% nel 1947) ma oggi ne sono rimasti meno di 200 mila. Anche la comunità ebraica era numerosissima (almeno 150.000 individui fino alla fondazione dello Stato d’Israele e all’esodo di massa verso quest’ultimo nel 1950-51), oggi ridotta a tre persone!

L’antica Mesopotamia

Il nome “Iraq” è di origine accadica, a sua volta derivato dal sumero, e confluito poi nell’arabo attraverso l’aramaico e l’antico persiano (Eraq). Questo toponimo ha a che fare con l’antica Uruk (in sumero: Unug), la prima vera città della storia umana (fondata nel quarto millennio a.C.). Si stima, infatti, che essa sia arrivata a contare, tremila anni prima di Cristo, 80 mila abitanti e che non solo sia stata il primo luogo della storia umana a poter essere definito città (per via di due caratteristiche fondamentali: la stratificazione sociale e la specializzazione del lavoro), ma anche la patria del mitico re sumero Gilgamesh (da cui la celebre Epopea di Gilgamesh, scritto in accadico, lingua semitica dei popoli assiro e babilonese: il primo poema epico della storia).

Tuttavia, prima della conquista araba (VI-VII secolo d.C.), il nome più noto di questa regione era Mesopotamia (in greco: "terra tra i fiumi", con riferimento al Tigri e all'Eufrate), una terra che ha visto nascere antiche civiltà che hanno contribuito in modo determinante alla storia dell'umanità. In realtà, tra le due più note (i Sumeri e gli Assiro-Babilonesi) c'è continuità, come spesso accade per le civiltà contigue, ed entrambe furono comunque fortemente influenzate da altri popoli, da ovest gli Amorrei, da est i Persiano (ovviamente con un'influenza reciproca).

I sumeri erano un popolo non semitico (il sumero è una lingua isolata) e sono considerati la prima civiltà urbana della storia, insieme agli antichi egizi, nonché tra i primi a praticare l’agricoltura e gli inventori della birra, del sistema scolastico, della prima forma di scrittura dell’umanità (cuneiforme), dell’aritmetica e dell’astronomia.

Continuatori dei sumeri (la cui lingua, nella forma parlata, si estinse già più di duemila anni prima di Cristo) furono gli assiri e i babilonesi (costituenti un continuum linguistico, in quanto la lingua parlata da entrambi i popoli era l’accadico, cioè la più antica lingua semitica attestata poi evolutasi in distinti dialetti).

Gli assiri erano stanziati a nord dell’attuale Iraq e presero il nome dalla prima città da essi fondata, Assur. Nel corso dei secoli (tra il 1950 e il 612 a.C.) espansero il loro territorio tanto da formare un impero vastissimo la cui capitale, Ninive (oggi Mosul), è ben nota attraverso la Bibbia (specie il libro di Giona) e i documenti storici per essere stata una grande città dalle mura aventi 12 km di perimetro e con circa 150 mila abitanti al suo apogeo, oltre che per le sue ricchezze architettoniche e culturali, tra cui la grandiosa Biblioteca di del re Assurbanipal, contenente 22 mila tavolette cuneiformi.

Nel 612 a.C., con la distruzione di Ninive da parte dei medi e dei caldei, la civiltà assira decadde, a favore di quella persiana a oriente e di quella babilonese a sud-est, lungo la valle mesopotamica.

E i babilonesi erano “cugini” degli assiri (parlavano praticamente la stessa lingua). Erano detti babilonesi da Babilonia, una delle loro città (lungo l’Eufrate), celebre per i suoi giardini pensili e la sua opulenza, ma anche accadi (parlavano la lingua accadica) e divennero così importanti da sottomettere l’intera Mesopotamia. Anch’essi sono conosciuti per le loro conquiste in ambito storico, letterario, astronomico, architettonico ma anche civile. Si pensi, ad esempio, al Codice di Hammurabi (1792-1750 a.C.), prima raccolta di leggi nella storia dell’umanità, contenente addirittura un codice di condotta per i medici.

Altro celebre sovrano babilonese è Nabucodonosor, famoso distruttore di Gerusalemme e del suo Tempio (587 a.C.) e della deportazione giudaica a Babilonia (per cui è ricordato anche nell’opera verdiana Nabucco).

La Mesopotamia fu poi conquistata dai sovrani persiani, prima di essere annessa dall’Impero romano. Cadde poi nuovamente nelle mani dei persiani, dal IV sec. d.C., rientrando nell’orbita bizantina nel VII secolo, poco prima della definitiva conquista islamica.

L’avvento dell’islam e l’attualità

Nel 636 arrivarono le truppe arabe, mentre nel 750 l'Iraq divenne il centro del califfato abbaside (la precedente dinastia omayyade aveva sede a Damasco), soprattutto dopo la fondazione di Baghdad nel 762, che divenne ben presto una metropoli mondiale, un centro culturale e intellettuale per tutto il mondo (rivaleggiando con Cordova), Sarà conosciuta come l'età dell'oro islamica, fino all'invasione mongola del 1258, che ne segnerà il declino, in quanto il Paese cadrà sotto il dominio prima delle dinastie turco-mongole e poi sarà conteso tra l'Impero persiano (governato dalla dinastia sciita dei Safavidi, di lingua e cultura turco-azera) e l'Impero ottomano sunnita, che infine lo ingloberà nel 1638 (Trattato di Qasr-e Shirin).

Il dominio ottomano terminò solo con la Prima Guerra Mondiale, al termine della quale l'Impero Britannico ottenne (di nuovo!) il Mandato sul Paese (abbiamo citato in altri articoli i vari accordi che la Gran Bretagna fece all'epoca per ottenere il controllo del Medio Oriente e per procurarsi alleati contro l'Impero Ottomano e la Germania). durante la guerra), che era nominalmente autogovernato attraverso la monarchia hashemita di Re Faisal I. Tuttavia, l'Iraq ottenne la piena indipendenza nel 1932, a seguito del Trattato anglo-iracheno firmato dall'Alto Commissario britannico Francis Humphrys e dal Primo Ministro iracheno Nuri al-Said.

L’epoca successiva fu contrassegnata dall’instabilità (passato alla storia anche il Farhoud, nel 1941, pogrom che segnò la fine dell’armonica convivenza tra ebrei, cristiani e musulmani e che vide il massacro di centinaia, forse più di mille ebrei), finché un colpo di stato, nel 1958, mise fine alla monarchia e un altro (8 febbraio 1963) portò al potere Saddam Hussein.

Saddam Hussein e il partito Baʿthz

Saddam Hussein (1937-2006) è stato un esponente del partito Baʿth (in arabo: “resurrezione”), di matrice nazionalista araba1 e socialista, costituito nel secondo dopoguerra dal cristiano siriano Michel Aflaq e dal suo connazionale musulmano Salah al-Din al-Bitar. Al contrario del marxismo, il socialismo arabo non ha una visione materialistica della vita, anzi, il Baʿth propugna una sorta di marxismo “spirituale” che ripudia ogni forma di lotta di classe (ma anche di religione), ritenuta un “fattore di divisione interna e di conflitti” giacché “tutte le differenze fra i figli [della nazione araba] sono incidentali e false”. Non contemplando l’ateismo, l’ideologia baʿthista tutela la libera iniziativa privata in campo economico come retaggio dell’islam, che la considererebbe la migliore attività dell’uomo (al-kāsib ḥabīb Allāh, ossia “chi guadagna è amato da Dio”).

Il Baʿth, in quanto forma di nazionalismo socialista panarabo, ha dominato per decenni anche in Siria (ne è un esponente l’attuale presidente Asad) e, con altri partiti della medesima estrazione, buona parte del mondo arabo nella seconda metà del secolo XX e nel primo decennio del XXI.

Sotto il regime di Saddam Hussein, l’Iraq si trasformò in una dittatura (ove paradossalmente i diritti delle minoranze non musulmane erano comunque garantiti e protetti molto più di quanto non avvenga al giorno d’oggi) contrassegnata da sanguinose guerre (Guerra Iran-Iraq, dal 1980 al 1988; invasione del Kuwait e Prima Guerra del Golfo, nel 1991; Conflitto con i curdi; Seconda Guerra del Golfo, 2003).

Gli ultimi anni

L’ultima di queste, la Seconda Guerra del Golfo, portò all’invasione del Paese da parte di una coalizione guidata dagli Stati Uniti d’America, con il pretesto (rivelatosi poi falso) di un presunto supporto di Hussein al terrorismo islamista e della fabbricazione e occultamento di armi di distruzione di massa.

Nel 2011 gli Stati Uniti si ritirarono dal Paese, lasciandolo, come l’Afghanistan di oggi, al collasso (prima del 2003, grazie anche alle immense riserve petrolifere, l’Iraq era uno dei Paesi arabi più prosperi e vantava un eccellente sistema sanitario e un ottimo livello d’istruzione pubblica anche a livello universitario).

Le forti divisioni tribali e confessionali, l’incapacità dei governi iracheni, la corruzione e le proteste portarono a una recrudescenza delle violenze, specie in seguito alle Primavere arabe (2011) e all’avvento del famigerato Stato Islamico d’Iraq e Siria (ISIS), che invase il Paese nel 2013–14, razziando intere province, specie nel nord e macchiandosi di orrendi crimini specie contro le minoranze yazida e cristiana, ma anche contro gli sciiti e gli stessi sunniti, fino al 2017, quando l’ISIS fu sconfitto dalle truppe governative alleate con quelle curde.

Da allora il Paese, divenuto dal 2005 una repubblica parlamentare, federale e democratica (il codice civile prevede la legge islamica come fonte del diritto e le tre principali cariche dello Stato sono spartite fra le maggiori comunità etno-religiose: la Presidenza della Repubblica ai curdi; quella del governo agli sciiti e quella del parlamento ai sunniti) continua a trovarsi in terribili condizioni economiche, con un accentuarsi delle disuguaglianze e dell’intolleranza religiosa, soprattutto nei confronti della minoranza cristiana.

L'autoreGerardo Ferrara

Scrittore, storico ed esperto di storia, politica e cultura del Medio Oriente.

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