Un sacerdote che percorre sentieri polverosi su una potente moto da cross non si vede tutti i giorni. Chissà quale sarà stata l'espressione di Kalimantan quando lo hanno visto sfrecciare per la prima volta con la sua tonaca svolazzante, seduto su una sella di cuoio grezzo e aggrappato a un manubrio scintillante.
Era quasi la metà degli anni Settanta e il religioso passionista Giulio Mencuccini aveva appena messo piede nella regione insulare indonesiana del Borneo, arrivando direttamente dall'Italia. "Dovete sapere una cosa: quando sono arrivato c'era solo una strada asfaltata e per raggiungere i miei confratelli ho percorso 500 chilometri in autobus. È stata una vera avventura", racconta a Omnes, con una punta di orgoglio.
La prima moto
Lì, l'uomo che in seguito divenne vescovo della diocesi di Sanggau negli anni '90 dovette presto abituarsi alle strade incoerenti, e se voleva visitare un villaggio doveva camminare. "E che camminata era! Zaino in spalla, io e gli altri missionari percorrevamo le cosiddette 'strade dei topi' per portare alla gente il Vangelo e il conforto.
È il 1975 quando Mencuccini, stanco di spendere ore e fatica per raggiungere agglomerati urbani distanti chilometri, decide, insieme a due suoi fratelli, di acquistare tre moto da trial, ritenute in grado di superare ogni tipo di ostacolo.
Apostolato su due ruote
Fu l'inizio impetuoso di un'evangelizzazione a tappeto. "Sì, perché con le moto potevamo visitare tutti i villaggi. La sera celebravamo la messa in uno e la mattina del giorno dopo in un altro".
La moto ha dato al giovane missionario passionista anche un'altra opportunità: "Potendo spostarmi molto più facilmente, potevo permettermi di rimanere nei villaggi la sera. E la notte era un buon momento per insegnare il rosario, fare catechesi e ascoltare le confessioni". Il pernottamento dei missionari nei villaggi era un ulteriore vantaggio, perché dopo la preghiera, prima di andare a letto, c'erano lunghi colloqui a cui spesso partecipavano anche gli anziani. "In sostanza, il pernottamento nei villaggi aiutava molto l'espansione della fede...".
Crescita esponenziale
Le cifre danno ragione a Mencuccini. In 32 anni di governo pastorale, la sua diocesi è passata da 11 a 1.608 chiese, 966 delle quali benedette dallo stesso vescovo motociclista. "Sono tutte chiese riconosciute dal Ministero della Religione indonesiano e sono state costruite anche grazie all'aiuto del governo", racconta il religioso, che spiega perché, ancora oggi, c'è un'attenzione particolare da parte delle autorità verso la Chiesa: "Le scuole cattoliche, presenti non solo nella diocesi ma in tutto il Paese, sono molto apprezzate perché accolgono tutti, non solo i cattolici. E nelle nostre scuole hanno studiato molti di coloro che, nel tempo, hanno assunto posizioni di responsabilità".
Ultimo vescovo straniero
A settantasette anni, nel 2022, il vescovo motociclista è tornato in Italia il 30 novembre, cedendo il governo della diocesi di Sanggau a monsignor Valentinus Saeng, un religioso indonesiano.
In effetti, Mencuccini è stato l'ultimo vescovo straniero a lasciare l'Indonesia, il che lo riempie di gioia perché è un chiaro segno che la Chiesa locale è in buona salute.
Anche grazie al suo apostolato svolto in moto. "Oggi i battezzati nella mia diocesi sono più di 370.000, quasi il 50% della popolazione. E ora a Sanggau, oltre ai sacerdoti, anche le suore hanno delle moto, 140 in tutto.
Il sogno: 10.000 motociclisti al Papa
Pensare che Mencuccini, ora che è tornato in Italia, abbandoni la sua passione per le moto è una pia illusione.
Il suo nuovo grande sogno è quello di portare diecimila appassionati di moto da Papa Francesco in Piazza San Pietro: in fondo, anche loro hanno bisogno di catechesi. "Mi emoziono ancora quando penso alle messe all'aperto celebrate davanti a una distesa di motociclisti con le loro due ruote fiammanti. Sentirli suonare il clacson dopo la mia benedizione mi fa quasi venire le lacrime agli occhi".
Incontro con Valentino Rossi
Nel racconto di Mencuccini c'è spazio anche per un ricordo molto personale che un amante delle moto come lui difficilmente potrà cancellare: l'incontro, nel 2008, con il campione di moto Valentino Rossi. Era una festa in suo onore e in quell'occasione mi autografò molte magliette da portare in Indonesia.
Trascorreva spesso le vacanze nel Paese del Sud-Est asiatico. Una volta venne a trovarmi e mi disse: "Monsignore, stia attento perché la sua moto ha pneumatici normali, non sono come quelli da corsa, se non sta attento può scivolare". Il suo consiglio? Lo seguo ancora oggi quando salgo in moto.