Vaticano

Mons. StaglianòLa scienza teologica deve essere sempre più concepita come sapienza".

Il presidente della Pontificia Accademia di Teologia e arcivescovo emerito di Noto ha rilasciato un'intervista a Omnes in cui spiega, a grandi linee, i cambiamenti introdotti da Papa Francesco con il Motu Proprio. Ad theologiam promovendam.

Federico Piana-15 dicembre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Foto: Mons. Antonio Staglianò con Papa Francesco ©Vatican Media

"Una riforma nella continuità". Monsignor Antonio Staglianò sceglie con cura queste parole per iniziare a descrivere i profondi cambiamenti che il Papa, con la lettera in forma di motu proprio Ad theologiam promovendamha introdotto negli statuti della Pontificia Accademia di Teologia che presiede. Una rivoluzione di non poco conto che rappresentò addirittura un cambio di paradigma per l'Accademia fondata da Clemente XI nel 1718.

In una lunga conversazione con Omnes, Staglianò fa notare che, normalmente, quando si usa l'espressione "rivoluzione paradigmatica" in ambito scientifico, si fa riferimento all'opera di Thomas Samuel Kuhn intitolata "Rivoluzione paradigmatica". La struttura delle rivoluzioni scientifichein cui il filosofo americano spiega come nella scienza si verifichino delle interruzioni che generano nuovi metodi e un nuovo modo di procedere nella scienza stessa.

"Prendiamo in prestito l'idea di paradigma di Kuhn, ma non possiamo non leggerla all'interno della Chiesa. Del resto, la teologia è una forma ecclesiale, non solo la scienza, che deve essere situata all'interno della Tradizione", dice Staglianò. La rivoluzione c'è, ma nella continuità.

Nuova teologia

La costruzione di una nuova idea di teologia è la novità più grande di questa rivoluzione. Monsignor Staglianò la chiama Teologia della saggezzaLo chiamiamo così in accordo con le indicazioni del Santo Padre. In sostanza, la scienza teologica deve essere concepita sempre più come sapienza". 

E se tutto questo è nuovo, aggiunge, "lo è in riferimento al contesto che si è creato da 300 anni a questa parte, cioè da quando, con l'Illuminismo e la nascita della scienza, la conoscenza è stata sempre più concepita in termini intellettualistici e razionalistici". 

Questo pregiudizio che l'Illuminismo ha imposto alla cultura, secondo Staglianò, "è un pregiudizio che va rovesciato, perché se la conoscenza è frutto della scienza, allora la Rivelazione cristiana non può essere considerata conoscenza, ma finisce per essere bollata come opinione: perché tutto ciò che non è conoscenza, il pregiudizio illuminista lo colloca nel regno dell'opinione, della non verità".

Un nuovo linguaggio

Qui, dunque, ci troviamo di fronte a una situazione imbarazzante, ammette Staglianò: "Da un lato, credendo nella Rivelazione di Dio in Gesù Cristo arriviamo a conoscere realmente Dio, ma questa conoscenza - che sarebbe la Verità di Dio - secondo l'approccio illuminista non avrebbe il carattere di verità". 

Pertanto, sostenere che la teologia è sapienza significa, innanzitutto, chiedere che "si applichi anche alla teologia quella indicazione che Benedetto XVI ha fatto a tutte le scienze e a tutte le conoscenze: estendere i limiti della ragione in senso sapienziale. Ciò significa che "la ragione deve essere misurata con tutta l'esperienza umana". 

La conoscenza viene dalla Rivelazione, dal Vangelo. E la vera novità consiste nel "recuperare, con un linguaggio nuovo, ciò che la teologia è sempre stata prima di diventare una scienza: cioè la sapienza", spiega Staglianò.

Teologia senza frontiere

Una teologia che si riscopre sapienza non ha limiti né confini. "E questo - dice Staglianò - per una ragione missionaria che sta alla base della stessa fede cristiana. La fede corrisponde al Vangelo, e Gesù è il figlio di Dio in carne umana, ed è quindi la salvezza e la redenzione che Dio ha voluto per tutti". 

Da qui una conseguenza logica che il Presidente della Pontificia Accademia di Teologia riassume così: "Se il Vangelo è destinato a tutti, allora tutti possono ascoltare il Vangelo: intendo anche chi appartiene ad altre religioni o addirittura chi non crede. 

Tutti hanno bisogno di essere salvati da Gesù Cristo e qui, dice Staglianò, "si pone la questione del servizio che la teologia sapienziale può fare all'evangelizzazione della stessa Chiesa cattolica, che forse, dopo più di 2000 anni, ha bisogno di essere rinvigorita. Il grande rischio è che abbia perso il vero volto di Dio".

Nuovi strumenti

Entrare in dialogo con questi mondi diversi e lontani è una delle nuove e importanti priorità della Pontificia Accademia di Teologia. A tal fine, i nuovi statuti prevedono nuove strutture. 

Innanzitutto, spiega Staglianò, "un Consiglio di Studi Superiori chiamato a interagire con gli ambiti della cultura superiore, compresa quella istituzionale. E poi pensiamo a cenacoli teologici con cui rapportare la teologia sapienziale alla gente per parlare di Dio attraverso i temi della vita, della carne sofferente, delle questioni politiche e sociali".  

Per fare tutto questo, conclude Staglianò, "saremo aiutati da alcune figure create grazie al nuovo statuto: quella dell'interlocutore referente. Si tratterà di persone o gruppi di persone a cui la Pontificia Accademia di Teologia potrà fare riferimento per aprire spazi di dialogo ad ampio raggio".

L'autoreFederico Piana

 Giornalista. Lavora per la Radio Vaticana e collabora con L'Osservatore Romano.

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