Juan Carlos Holguín Maldonado (Quito, 1983) è stato nominato dal presidente Guillermo Lasso Mendoza ministro degli Affari esteri e della Mobilità umana nel gennaio 2022 fino al 2024.
Questo uomo d'affari è anche direttore e fondatore di diverse organizzazioni della società civile ed è stato borsista della Fondazione Konrad Adenauer, concentrando la sua formazione nei settori dei meccanismi di integrazione regionale, della democrazia e della governance.
Holguín è stato il fulcro della presentazione che ha tenuto, nell'ambito dell'iniziativa Congresso Eucaristico Internazionale La conferenza, che si svolge a Quito, si concentra su come la ricerca della fraternità possa rinnovare l'attività politica in Ecuador e sull'importanza che la Consacrazione della nazione al Cuore di Gesù, avvenuta nel 1874, continua ad avere in questo rinnovamento.
Iniziamo parlando della consacrazione dell'Ecuador al Sacro Cuore di Gesù, un momento storico significativo. Cosa l'ha spinta a dedicarsi a questo tema?
-Per me parlare della consacrazione dell'Ecuador al Sacro Cuore di Gesù e al Cuore Immacolato di Maria è fondamentale, non solo come fatto storico, ma come realtà spirituale che continua a influenzare il nostro presente.
L'idea di consacrare pubblicamente l'Ecuador al Sacro Cuore di Gesù era stata suggerita al presidente Gabriel García Moreno da padre Manuel Proaño, direttore nazionale dell'Apostolato della Preghiera. In una delle lettere scambiate tra questi due personaggi storici, l'ex presidente, con qualche esitazione dovuta alla sua sincerità, rispose: "E l'Ecuador sarà un'offerta degna del Cuore dell'Uomo-Dio? Regnerà la giustizia nel foro, la pace nelle famiglie, l'unità nei cittadini, il fervore nei templi?" e la domanda che dobbiamo porci oggi è se siamo ancora degni di questa consacrazione.
E la mia risposta è: sicuramente sì. Ma con alcune sfumature.
Nel suo discorso ha accennato al fatto che l'Ecuador, nonostante la sua ricca storia religiosa, continua ad affrontare sfide significative. Come vede questa tensione tra il passato della fede e i problemi attuali?
-Esattamente. Oggi ci troviamo di fronte a nuove sfide. La storia dimostra che abbiamo attraversato periodi di divisione e di conflitto fin dai tempi dell'indipendenza. Questi problemi non sono solo del passato. Anche oggi, nel Paese mancano fratellanza e unità, sia a livello politico che sociale.
Problemi come la corruzione, la disuguaglianza e la violenza crescente suggeriscono che i valori che dovrebbero guidarci come nazione sono spesso persi in mezzo alle lotte per il potere e gli interessi personali. Questo scollamento tra l'ideale religioso e l'attuale realtà politica e sociale crea un senso di frattura e un urgente bisogno di riconciliazione.
Sono i fondamenti della fede che potrebbero offrire un percorso verso la risoluzione dei conflitti attuali. I principi cristiani di fratellanza, giustizia e pace, se applicati autenticamente nella vita pubblica e politica, potrebbero essere il motore per superare le divisioni e ripristinare la fiducia nelle istituzioni.
È un appello a riaccendere quello spirito di consacrazione e ad allinearlo con gli sforzi odierni per una maggiore coesione sociale e una politica per il bene comune. Solo quando il Paese tornerà a guardare il cielo, come faceva in passato, potrà trovare la strada per superare le sfide di oggi con speranza e unità.
Lei ha detto che il pendolo politico non è più così ideologico come nei decenni precedenti. Può spiegare meglio questo fenomeno?
Un tempo il pendolo politico, soprattutto in America Latina, era chiaramente segnato da ideologie di destra o di sinistra. Oggi il pendolo è meno ideologico e più pragmatico. Gli elettori cercano soluzioni immediate ai loro problemi, il che ha permesso l'ascesa di proposte populiste sia da destra che da sinistra.
Questo fenomeno riflette uno spostamento verso una politica più reattiva, in cui il pendolo oscilla tra l'ufficialità e l'opposizione, piuttosto che tra correnti ideologiche. Reti sociali e post-verità hanno intensificato questo processo, permettendo la rapida diffusione di narrazioni semplificate che alimentano il malcontento e la polarizzazione.
L'irruzione della tecnologia ha trasformato la scena politica, facilitando la diffusione di fake news e populismi, che indeboliscono un serio dibattito ideologico. In questo contesto, il pendolo non oscilla più verso una lotta di idee, ma verso la ricerca di soluzioni immediate, spesso incuranti del costo a lungo termine in termini di governance e stabilità democratica.
Infine, ha parlato di speranza e ha menzionato l'importanza della fraternità come base per costruire una democrazia solida. Quale messaggio darebbe agli ecuadoriani di fronte alle sfide attuali?
-Nonostante le sfide, resto ottimista. L'Ecuador ha grandi opportunità e vantaggi comparativi unici. La nostra gioventù, la nostra ricchezza naturale e la nostra storia ci proiettano in un futuro pieno di speranza.
Sono positivo e fiducioso: il nostro Paese ha sempre guardato al cielo per trovare il suo nord. Abbiamo vantaggi comparativi e competitivi unici, che ci proiettano nel futuro con grande speranza. La nostra posizione equatoriale e la distanza dal sole ci permettono di avere i migliori fiori, il miglior cacao e i migliori gamberi del mondo. Avere il dollaro come valuta, oltre ad essere uno scudo contro la tentazione dei governi di stampare più moneta, ci permette di avere stabilità e bassa inflazione.
La responsabilità sarà dei suoi politici e dei suoi cittadini, che dovranno necessariamente convincersi che la democrazia può essere costruita solo sull'armonia, sul consenso e sulla fraternità. In effetti, questa sarà una sfida del mondo di oggi, pieno di guerre e di molte sfide.