Traduzione dell'articolo in italiano
Un piccolo compendio del Dottrina sociale della Chiesaspecificamente incentrato sulla comprensione della ricchezza "giusta", è stato consegnato lunedì da Papa Francesco agli oltre 5.000 imprenditori italiani ricevuti in udienza nell'Aula Paolo VI.
Erano presenti in rappresentanza di oltre 5 milioni di dipendenti di piccole, medie e grandi imprese manifatturiere e di servizi della penisola, aderenti all'associazione Confindustria, la Confederazione Generale dell'Industria Italiana.
Il discorso del Pontefice ha ovviamente travalicato l'ambito italiano, anzi si può dire che il valore delle considerazioni che ha fatto coinvolgono l'intera società umana, soprattutto in questo periodo di grande incertezza e crisi. E non è un caso che lo stesso organismo confederale italiano abbia uffici di rappresentanza in diversi Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, dall'Europa dell'Est alla Russia.
Nel suo discorso, Papa Francesco ha voluto caratterizzare la figura del "buon imprenditore", in contrapposizione ai "mercenari". Il buon imprenditore assomiglia al "buon pastore" - ha spiegato Francesco - perché si fa carico delle sofferenze dei lavoratori e ne sente le incertezze e i rischi. Un vero banco di prova è il momento in cui la situazione è facile dopo la pandemia e con la guerra in corso in Ucraina.
I denari di Giuda e i denari del Buon Samaritano
Citando alcuni episodi biblici ed evangelici, il Papa ha proposto un parallelo tra il "denaro di Giuda" e quello che il samaritano anticipa all'oste per prendersi cura dell'uomo derubato e ferito incontrato sulla strada, mostrando come "l'economia cresce e diventa umana quando il denaro del samaritano è più numeroso di quello di Giuda", cioè quando l'altruismo supera l'interesse personale ed egoistico.
Il denaro "può servire, ieri come oggi, a tradire e vendere un amico o a salvare una vittima".
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Il Papa ha poi voluto chiarire quale sia la chiave giusta per un seguace di Cristo che sia un uomo d'affari per "entrare nel regno dei cieli", in contrasto con le parole di Gesù che nel Vangelo di Matteo (19,23-24) considera una missione quasi impossibile per questa categoria aspirare (vedi cammello e cruna dell'ago).
La parola chiave è quota. L'assunzione di questa capacità di estendere la propria ricchezza a beneficio degli altri permette all'imprenditore di evitare la tentazione idolatrica e lo apre alla responsabilità di far fruttare la propria ricchezza e non di disperderla. Quindi non è impossibile entrare nel Regno dei Cieli, difficile sì, ma non impossibile, conclude il Papa.
Come vivete la condivisione? Ci sono molti modi "e ogni imprenditore può trovare il suo" con creatività e in base alla propria personalità. Il Pontefice ne indica alcuni:
- Filantropia: "restituire alla comunità, in vari modi".
- Il pagamento delle tasse: "un'alta forma di condivisione dei beni, sono il cuore del patto sociale". Ovviamente, devono essere giusti ed equi, garantendo servizi efficienti e non corrotti.
- Creazione di posti di lavoro: per un imprenditore, questo significa anche offrire opportunità ai giovani.
- Promuovere la natalità: sostenendo le famiglie e garantendo che le donne non siano discriminate quando aspettano un figlio, spesso a costo di essere licenziate.
- Promuovere l'integrazione della popolazione immigrata attraverso un'occupazione onesta che sia accogliente, di supporto e di integrazione.
- Ridurre il divario tra gli stipendi dei dirigenti e quelli dei lavoratori: "se il divario tra il vertice e la base diventa troppo grande, la comunità imprenditoriale si ammala e presto anche la società".
L'odore del lavoro
Un altro prezioso consiglio dato da Papa Francesco è che l'imprenditore stesso si consideri e viva come un "lavoratore". "Il buon imprenditore conosce gli operai perché conosce il lavoro", percepisce quell'odore che lo fa entrare in contatto con la vita della sua azienda e, inoltre, attraverso quel contatto e quella vicinanza imita "lo stile di Dio: essere vicini".
Dopotutto, il valore creato da un'azienda non dipende solo dalla creatività e dal talento dell'imprenditore, ma "anche dalla collaborazione di tutti", motivo per cui, conclude il Pontefice, deve fare affidamento sulla creatività, sul cuore e sull'anima dei suoi lavoratori, il suo "capitale spirituale".