"Gli evangelisti Matteo e Marco definiscono Giuseppe come un "falegname" o "carpentiere". Abbiamo sentito recentemente che la gente di Nazareth, ascoltando Gesù parlare, si chiese: "Non è costui il figlio del falegname? Mc 6,3). Gesù ha esercitato l'ufficio di suo padre". Così il Santo Padre Francesco ha iniziato la sua catechesi mercoledì 12 gennaio nell'Aula Paolo VI.
Il Papa ha riflettuto sull'ufficio di Giuseppe: "Il termine greco tektonutilizzato per indicare il lavoro di Giuseppe, è stato tradotto in vari modi. I Padri latini della Chiesa lo hanno reso "falegname". Ma ricordiamo che nella Palestina del tempo di Gesù il legno non veniva usato solo per costruire aratri e mobili di vario tipo, ma anche per costruire case, che avevano finestre di legno e tetti a terrazza fatti di travi collegate tra loro con rami e terra.
"Pertanto, "carpentiere" o "falegname" era una qualifica generica, che indicava sia gli artigiani del legno che i lavoratori impegnati in attività legate all'edilizia. Era un mestiere piuttosto duro, dovendo lavorare con materiali pesanti come legno, pietra e ferro. Da un punto di vista economico, non assicurava grandi guadagni, come si può dedurre dal fatto che Maria e Giuseppe, quando presentarono Gesù al Tempio, offrirono solo una coppia di tortore o di piccioni (cfr. Lc 2,24), come la Legge prescriveva per i poveri (cfr. Lv 12,8)".
In relazione a Gesù adolescente, il Papa dice che quindi "ha imparato questo mestiere da suo padre". Per questo, quando da adulto iniziò a predicare, i suoi compatrioti stupiti si chiedevano: "Da dove ha preso quest'uomo questa saggezza e questi miracoli?Mt 13,54), e si scandalizzarono a causa sua (cfr. v. 57)".
"Queste notizie biografiche su Giuseppe e Gesù" ha fatto pensare il Papa "a tutti i lavoratori del mondo, specialmente a quelli che fanno lavori duri nelle miniere e in certe fabbriche; a quelli che sono sfruttati attraverso il lavoro nero; alle vittime del lavoro; ai bambini che sono costretti a lavorare e a quelli che rovistano nelle discariche in cerca di qualcosa di utile da scambiare... Ma penso anche a quelli che sono senza lavoro; a quelli la cui dignità è giustamente ferita perché non riescono a trovare un lavoro". Molti giovani, molti padri e molte madri vivono il dramma di non avere un lavoro che permetta loro di vivere serenamente. E spesso la ricerca diventa così drammatica da portarli a perdere ogni speranza e desiderio di vita. In questi tempi di pandemia molte persone hanno perso il lavoro e alcune, schiacciate da un peso insopportabile, sono arrivate a togliersi la vita. Oggi vorrei ricordare ognuno di loro e le loro famiglie.
Il lavoro, ha sottolineato il Santo Padre, "è una componente essenziale della vita umana, e anche del cammino di santificazione". È anche un luogo dove sperimentiamo noi stessi, ci sentiamo utili e impariamo la grande lezione della concretezza, che ci aiuta a far sì che la vita spirituale non si trasformi in spiritualismo. Ma purtroppo il lavoro è spesso ostaggio dell'ingiustizia sociale e, anziché essere un mezzo di umanizzazione, diventa una periferia esistenziale. Mi chiedo spesso: con quale spirito affrontiamo il nostro lavoro quotidiano, come affrontiamo la stanchezza, vediamo la nostra attività come legata solo al nostro destino o anche a quello degli altri? Il lavoro, infatti, è un modo di esprimere la nostra personalità, che per sua natura è relazionale".
"È bello", ha concluso Francesco, "pensare che Gesù stesso ha lavorato e che ha imparato quest'arte da San Giuseppe. Oggi dobbiamo chiederci cosa possiamo fare per recuperare il valore del lavoro; e quale contributo, come Chiesa, possiamo dare affinché esso venga sottratto alla logica del mero profitto e possa essere vissuto come un diritto-dovere fondamentale della persona, che esprime e accresce la sua dignità".
Il Papa ha voluto recitare con i presenti la preghiera che San Paolo VI ha elevato a San Giuseppe il 1° maggio 1969:
"Oh, San Giuseppe,
patrono della Chiesa,
voi che insieme al Verbo incarnato
hai lavorato ogni giorno per guadagnarti il pane,
trovare in Lui la forza per vivere e lavorare;
voi che avete sentito l'inquietudine del domani,
l'amarezza della povertà, la precarietà del lavoro;
voi che oggi mostrate l'esempio della vostra figura,
umile davanti agli uomini,
ma molto grande davanti a Dio,
protegge i lavoratori nella loro dura esistenza quotidiana,
difenderli dallo scoraggiamento,
della rivolta negazionista,
e dalla tentazione dell'edonismo;
e salvaguarda la pace del mondo,
quella pace che sola può garantire lo sviluppo dei popoli. Amen"