Cultura

I copti d'Egitto: una minoranza perseguitata

Secondo di una serie di due articoli sui copti: le loro origini dall'Antico Egitto, le caratteristiche della loro lingua e il cristianesimo copto.

Gerardo Ferrara-3 ottobre 2023-Tempo di lettura: 5 minuti

Cristiani copti al funerale di un gruppo di pellegrini uccisi mentre si recavano in un monastero, 2018 ©OSV

Nel suo libro "The great heresies", del 1936, Hilaire Belloc, celebre autore e intellettuale inglese amico dell’altrettanto illustre Gilbert Keith Chesterton, individua cinque grandi eresie del cristianesimo che, nella sua analisi, risultano aver prodotto alcuni fenomeni complessi nella storia dell’umanità.

Le ragioni di una conversione

Ebbene, l’islam è una delle cinque eresie individuate da Belloc, che definisce l’eresia come un fenomeno che ha la caratteristica di distruggere non l’intera struttura di una verità, bensì solo una parte di essa e, estrapolandone una componente, lascia un vuoto in quella struttura o sostituisce la componente estrapolata con un altro assioma.

Sulla falsariga di autori cristiani quali Giovanni Damasceno, Belloc sostiene che l’islam è un’eresia cristiana, simile da un lato al docetismo e l’arianesimo, nel voler semplificare e razionalizzare al massimo, secondo criteri umani, l’insondabile mistero dell’Incarnazione, e dall’altro al calvinismo, nell’attribuire un carattere predeterminato da Dio alle azioni umane.

Dal pensiero giudaico-cristiano, l’islam estrapolò infatti gli attributi di Dio ed altri concetti: la natura personale; la suprema bontà; l’atemporalità; la provvidenza; il potere creativo come origine di tutte le cose; l’esistenza degli spiriti buoni e degli angeli, così come dei demoni ribelli a Dio con a capo Satana; l’immortalità dell’anima e la resurrezione della carne; la vita eterna; la punizione e il castigo dopo la morte.

A differenza di altre eresie, tuttavia, non solo l’islam non nacque in ambiente cristiano e il suo eresiarca non era un cristiano battezzato, bensì un pagano che adottò idee monoteiste (un misto di dottrina eterodossa ebraica e cristiana fusa con elementi pagani già presenti in Arabia) e cominciò a diffonderle, ma non si estinse, anzi, si trasformò presto in una nuova religione, una sorta di “post-eresia”, e si propagò per tutto il mondo.

Secondo Hilaire Belloc, il successo di questa eresia nata da Maometto si spiega attraverso alcuni elementi chiave:

-Profonde divisioni dottrinali e politiche fra i cristiani (ne abbiamo parlato a proposito dei contrasti pre e post Calcedonia);

-Semplificazione estrema della dottrina ed eliminazione di misteri incomprensibili per la massa dei credenti;

-Crisi economica, politica e religiosa nel mondo cristiano e nell’Impero bizantino, la cui società si trovava in uno stato di perenne disordine e insofferenza. Sugli uomini liberi, già soffocati dai debiti, gravava il pesante fardello delle tasse, e la longa manus imperiale, con la tentacolare burocrazia, infieriva non solo economicamente sulle vite dei cittadini, ma anche in materia di fede, con i contrasti tra le varie eresie periferiche e l’ortodossia centrale a rappresentare non solamente una lotta religiosa, ma anche etnica, culturale, linguistica;

-Tendenza tutta orientale a riunirsi sotto un unico e potente leader carismatico che incarni sia il potere politico che l’autorità religiosa;

-Forza militare cresciuta gradualmente, grazie soprattutto al reclutamento di nuove forze tra i mongoli dell’Asia centrale e centro-occidentale (i turchi);

-Vantaggi fiscali per chi capitolava (e che poteva, dunque, liberarsi dell’opprimente giogo bizantino), insieme a un sistema di tassazione molto più semplice e immediato.

Quelli appena elencati sono solo alcuni, pur se i principali, elementi che consentono di spiegare come mai tanta parte della popolazione egiziana (e di altre regioni mediterranee ove il cristianesimo era la religione della stragrande maggioranza dei cittadini) si sia arabizzata e islamizzata.

I copti ieri e oggi in Egitto: una minoranza perseguitata

Inizialmente, la conquista arabo-islamica è apparsa positiva per la CoptiLi liberò dalle persecuzioni bizantine e permise loro di conservare il proprio culto e le proprie tradizioni.

Tuttavia, la pesante esazione fiscale imposta dai musulmani a chi rifiutava di convertirsi all’islam (imposte chiamate jiziah e kharaj, riservate ai dhimmi, cioè ai cittadini appartenenti alle minoranze) condusse a un inasprimento delle condizioni di vita dei cittadini non musulmani, ai quali toccava fornire denaro e cibo per le truppe di occupazione, in cambio dell’esenzione dalla leva obbligatoria e del diritto di osservare la propria religione, pur con numerose limitazioni.

Giovanni di Nikiu, un vescovo copto, descrive, in uno dei pochi resoconti non musulmani della conquista islamica dell’Egitto, le incredibili atrocità commesse ai danni della popolazione cristiana, vessata fino all’inverosimile.

Anche altre cronache cristiane e islamiche concordano sul fatto che moltissimi cristiani copti (definiti dai occupanti islamici “cammelli”) si siano convertiti all’islam per essere liberati dai tributi e dalle persecuzioni, che produssero estorsioni su larga scala seguite da carestie, con la morte di decine, se non centinaia di migliaia di persone.

I copti nel XIX e XX secolo

Dal XIX secolo, specialmente sotto il governo riformatore della dinastia di Mehmet Ali Pascià, la comunità copta fu esentata dalle imposte riservate alle minoranze e progressivamente integrata nella vita nazionale, fornendo un contributo significativo al risveglio intellettuale e politico nazionale che avrebbe condotto all’indipendenza. Fu una vera “età dell’oro”, per i copti.

Questi divennero, infatti, almeno de iure, cittadini a pieno titolo dello Stato, sebbene ancora oggi sia loro vietato accedere alla carica più importante, cioè la presidenza della repubblica, di appannaggio esclusivo dei musulmani. Numerosi copti, tuttavia, sono riusciti a conquistare importanti incarichi politici a livello nazionale e internazionale, ad esempio Boutros Ghali, e a raggiungere uno status invidiabile da un punto di vista economico e sociale, detenendo gran parte della ricchezza del Paese. Tra l’altro, essi appartengono in maggioranza alla classe media e costituiscono gran parte dei colletti bianchi, medici e farmacisti d’Egitto.

A metà del XX secolo, con l’avvento del regime nasseriano, le politiche di nazionalizzazione del regime colpirono duramente la comunità cristiana e provocarono un esodo massiccio verso l’Occidente.
Dall’inizio del XXI secolo, poi, in Egitto si assiste a un inasprimento dei conflitti interetnici e interreligiosi, anche a causa dell’instabilità politica ed economica e dell’avvento e del rafforzamento del fondamentalismo e del terrorismo islamici.

Se, infatti, dal 2002 il Natale copto, celebrato il 7 gennaio, è riconosciuto ufficialmente come festa nazionale dal governo egiziano, fino al 2005 la costruzione e la ristrutturazione di chiese e monasteri doveva essere autorizzata dal presidente. Poiché la legge prevedeva che i luoghi di culto cristiani abbandonati all’incuria e non utilizzati (non essendo possibile restaurarli, dato che i permessi erano richiesti e sistematicamente mai concessi), non di rado chiese e monasteri sono stati requisiti dallo Stato e trasformati in moschee e vi sono sempre più chiese “abusive” (pur essendo circa il 10 per cento della popolazione i cristiani in Egitto hanno solo 2869 chiese contro le 108 mila moschee). Nel 2016 il Parlamento ha adottato una nuova legislazione in merito, certamente più benevola ma ancora alquanto farraginosa.

La comunità copta oggi

L’atteggiamento delle autorità egiziane nei confronti della comunità copta negli ultimi anni alterna aperture e indifferenza.

Da un lato la libertà di religione è garantita dalla costituzione, ma dall’altro vi sono sempre più numerosi casi di violenza e persecuzione. Quelli più eclatanti sono ovviamente gli attentati terroristici ai danni di chiese e luoghi di culto, a volte con decine di vittime per ogni singolo attentato. Dal 2011, poi, centinaia di copti egiziani sono stati uccisi in scontri settari e molte case, chiese e aziende sono state distrutte. Va detto che in questi casi si assiste altresì a una sempre maggiore e positiva vicinanza delle istituzioni e dei cittadini nei confronti dei cristiani, seppur spesso accompagnata dall’inefficacia o dall’indifferenza nel prevenire e punire simili atti.

Un altro punto dolente è la libertà religiosa, soprattutto quando si tratta di professare pubblicamente la propria fede o di convertirsi dall'Islam al Cristianesimo. Secondo Osservatorio dei diritti umani e altre organizzazioni internazionali, è infatti facile convertirsi dal cristianesimo all'islam in Egitto, ma quasi impossibile fare il contrario, sia per il rischio di sicurezza per il convertito (che viene stigmatizzato socialmente ed economicamente, perdendo in molti casi il lavoro e rischiando la vita, spesso per mano di familiari e amici), sia per i problemi legati al riconoscimento legale del cambio di religione, che viene osteggiato dalle autorità nonostante sia obbligatorio per legge.

Si segnala anche l’annoso problema delle donne e delle ragazze copte rapite, costrette a convertirsi all’islam e a sposare uomini musulmani: secondo stime ufficiali di ONG e gruppi parlamentari statunitensi, tra il 2011 e il marzo 2014, circa 550 ragazze copte sono state rapite e costrette a convertirsi all’islam: circa il 40% di esse è stato vittima di violenza sessuale prima della conversione e molte hanno poi sposato i loro rapitori e stupratori.

Nel 2022, malgrado l’attesa dell’approvazione di una nuova legge sullo statuto personale dei cristiani egiziani, l'Egitto è stato classificato come il 35° paese più pericoloso al mondo per i cristiani.

L'autoreGerardo Ferrara

Scrittore, storico ed esperto di storia, politica e cultura del Medio Oriente.

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