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I Giochi Olimpici e la rilevanza dei cattolici nella cultura contemporanea

L'apertura dei Giochi Olimpici a Parigi ha nuovamente attirato l'attenzione dell'opinione pubblica su questioni fondamentali riguardanti il rapporto tra fede, cultura e società moderna.

Giovanni Tridente-29 luglio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti
Giochi Olimpici

Gli anelli olimpici e la luna sulla Torre Eiffel a Parigi (foto OSV News / Kai Pfaffenbach, Reuters)

La recente inaugurazione dei Giochi Olimpici di Parigi 2024 ha riacceso il dibattito sulla presenza e il ruolo dei valori cristiani nella società contemporanea. L’evento, che tradizionalmente celebra l’unità e la diversità globale, è diventato fulcro di una controversia che ha visto coinvolti diversi esponenti della Chiesa Cattolica e ha riportato all’attenzione pubblica questioni fondamentali sul rapporto tra fede, cultura e società moderna. cultura e società moderna.

Al centro della polemica, una performance artistica durante la cerimonia di apertura che, secondo molti osservatori, sembrava richiamare l’iconografia dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci, ma reinterpretata in chiave queer. Numerosi vescovi cattolici hanno espresso forte disapprovazione, definendo la rappresentazione “disgustosa” e “irrispettosa” verso i simboli sacri del cristianesimo.

In questo clima di tensione e dibattito, emerge come opportuna la voce dello storico italiano Andrea Riccardi, fondatore nel 1968 della Comunità di Sant'Egidio, il movimento laicale internazionale impegnato da decenni sul fronte della pace, dell’accoglienza e dei poveri. In una intervista rilasciata al quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana Avvenire, Riccardi riflette in maniera articolata sul ruolo del cattolicesimo nella cultura contemporanea, proponendo una visione che va oltre la mera contrapposizione.

In particolare emerge l’urgenza di “risvegliare fede e passione, senza le quali nessuna vera iniziativa culturale è possibile”, soprattutto mentre si assiste al fenomeno mondiale della “deculturazione della religione e dei fenomeni religiosi".

Una fede pensata

Il concetto centrale del pensiero del fondatore della Comunità di Sant’Egidio ruota attorno all’idea di una “fede pensata”, riprendendo un’intuizione di San Giovanni Paolo II: “Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta”.

Questa visione suggerisce che il cattolicesimo, per mantenere la sua rilevanza e incisività nel mondo contemporaneo, deve impegnarsi in un dialogo profondo e continuo con la cultura, piuttosto che limitarsi a reazioni difensive o di condanna. Del resto, pensava lo stesso anche Bergoglio quando era Arcivescovo a Buenos Aires – ricorda Riccardi, sottolineando la continuità di un pensiero che vede nella cultura un’espressione vitale della fede.

Lo storico Riccardi, che è anche professore emerito all’Università “Roma Tre”, non nasconde le sue preoccupazioni sulla siturazione attuale del cattolicesimo: “La fragilità dell’espressione odierna della cultura cattolica” – riflette – “nasce dalla fragilità della fede vissuta, anzi dalla fragilità delle nostre comunità e dalla rinuncia a dire una parola di rilievo”. Più che “di rilievo”, infatti, spesso questa parole ha solo il carattere di una indignazione fine a se stessa. Segno di una fragilità che si manifesta in un “cattolicesimo rannicchiato negli angoli della vita della città”, poco propositivo.

Cultura che nasce dalla passione

Allora la soluzione non sta in un semplice appello agli intellettuali cattolici, come se fossero gli unici portatori di un pensiero ragionato, ma nel risveglio della passione nelle comunità cristiane: “Il vero problema è il basso livello di passione delle comunità cristiane”. Invece bisogna essere consapevoli – aggiunge lo storico – che “ogni operazione culturale nasce da una grande passione e diciamo anche dalla grande passione scatenata dalla fede”.

Citando Paolo VI, Riccardi ricorda che: “Il mondo soffre per mancanza di pensiero”. Concetto successivamente esteso anche da Papa Francesco: “Il mondo soffoca per mancanza di dialogo”.

Pensiero e dialogo

Si apre così una prospettiva nuova su come il cattolicesimo possa mantenere la sua rilevanza in una società sempre più pluralistica e secolarizzata. Invece di ritirarsi in una posizione difensiva o di scontro, Riccardi propone, sull’esempio dei pontefici che si sono succeduti, un cattolicesimo che si impegna attivamente con la cultura contemporanea, offrendo quel plus di pensiero critico, capace di dialogare al tempo stesso con la complessità del mondo moderno.

Torna allora la sfida cruciale: come mantenere la propria identità e i propri valori mentre si dialoga in modo costruttivo con una società in rapida evoluzione. Sicuramente non bisogna temere il confronto, dal quale può emerge un’opportunità di rinnovamento e di crescita, anche per la stessa fede, che sa farsi rilevante proprio nel contesto globale attuale.

Una fede che va certamente risvegliata, possibilmente con grande passione.

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