Cinema

Cinema: tre annunci in periferia

Omnes-23 maggio 2018-Tempo di lettura: 2 minuti

Il dramma si muove ambiguamente tra il nobile desiderio di giustizia e l'impulso vendicativo di una madre la cui figlia è stata violentata e uccisa da chissà chi.

Testo -José María Garrido

Film: Tre annunci in periferia
Regia e sceneggiatura: Martin McDonagh
REGNO UNITO-USA. USA, 2017

Il film è stato il più premiato ai Golden Globe 2018 e ha ottenuto sette nomination agli Oscar. Martin McDonagh (nato nel 1970) è da anni un drammaturgo di successo negli Stati Uniti con esuberanti storie di violenza. Il suo assalto alla settima arte è avvenuto nell'ultimo decennio, con i rossi e le parodie in stile Tarantino e fratelli Cohen. Ma nel suo ultimo lungometraggio consolida la propria bravura, ottenendo, tra gli altri, il Golden Globe per il miglior film drammatico e la migliore sceneggiatura.

Il dramma si muove ambiguamente tra il nobile desiderio di giustizia e l'impulso vendicativo di una madre (Frances McDormand) la cui figlia è stata violentata e uccisa da chissà chi. Mesi dopo il crimine, la donna percorre la solitaria strada secondaria che porta a casa sua, alla periferia di una piccola città del Missouri, e nota i tre grandi cartelloni pubblicitari abbandonati e inutili che ha sempre visto. Improvvisamente, ferma l'auto (ha letto qualcosa su un cartellone pubblicitario) e fa retromarcia per guardare quello precedente. Nel relitto dell'ultima pubblicità trova "l'opportunità... di una vita". Con il riflusso del risentimento, calcola un piano di giustizia. E affitta i tre cartelloni pubblicitari per imprimere frasi incendiarie che chiedono al capo della polizia locale perché non ha ancora preso gli assassini.

La storia si snoda in modo tortuoso, rivelando progressivamente un quadro profondamente tragico, con punte di battute stravaganti e situazioni inverosimili che sottolineano il carattere di ogni personaggio e accrescono il dramma. Il tono appassionato dell'insieme permette di godere dei momenti "incredibili" (trucchi del regista) come se fossero proprio ciò che non potrebbero essere altrimenti.
L'abbondanza di primi piani dà a Sam Rockwell (Golden Globe) e Woody Harrelson l'alibi per riempire lo schermo, mentre la protagonista, Frances McDormand (anch'essa Golden Globe), è fuori ai quattro angoli, con la sobrietà di un guardaroba minimale e tanti sguardi silenziosi quante parole spietate. A proposito: non so come sia il film in spagnolo (ho ceduto al V.O. così comune tra gli spettatori latino-americani), ma anche nel dialogo originale, dalla lingua tagliente, non mancano le interiezioni di base di quattro lettere. A loro fa da contrappunto un'accurata colonna sonora, firmata da Carter Burwell, che ha composto quindici volte per i Cohen.

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