Nel 1968 - venticinque anni dopo la sua morte - è stata pubblicata una raccolta di poesie di Simone Weil, che ha rivelato un aspetto dell'autrice poco noto a molti dei suoi seguaci in prosa. Sebbene queste poesie non fossero inedite, in quanto sparse nei suoi quaderni, la raccolta presentata dall'editore francese Gallimard nella sua collezione Espoir hanno evidenziato quest'altra dimensione del suo lavoro. Vederli raccolti in un unico volume - seguiti da un'opera teatrale incompiuta nello stile delle tragedie classiche - dimostrava che la Weil coltivava anche questo genere letterario. Non solo lo esercitava, ma, secondo la corrispondenza incrociata curata nel 1982 tra il poeta sperimentale Joë Bousquet e lei, costituiva qualcosa di preminente.
Tuttavia, la prosa lirica che caratterizzò la sua produzione letteraria finì per mettere in ombra la sua scarsa produzione poetica. In una lettera a Bousquet, infatti, la Weil afferma di preferire essere considerata una poetessa piuttosto che una filosofa, un desiderio che, nonostante le sue incursioni nella poesia, non si concretizzò del tutto. Questo contrasto tra le sue aspirazioni e la sua realtà letteraria riflette la complessità del suo rapporto con l'attività artistica e la sua ricerca di un'identità creativa.
La lettera al poeta Paul Valéry in cui risponde al suo lungo poema sulla giovinezza risale al 1937, quando aveva ventotto anni. Prometeoche gli inviò per una valutazione. Valéry, dopo aver lodato l'abilità strutturale del testo, lo analizzò in dettaglio, evidenziando alcune obiezioni. Tuttavia, conclude la sua risposta sottolineando la fermezza, la pienezza e il dinamismo della poesia: "... la poesia è una poesia che non è solo una poesia, ma anche un poema.Molti dei suoi versi sono davvero fortunati. Infine, e questa è la cosa essenziale, c'è in questo Prometeo la volontà di comporre, a cui attribuisco la massima importanza, vista la rarità di questa cura in poesia".
Le sue poesie
Le cinque poesie giovanili conosciute - la prima delle quali risale al 1920, quando Simone Weil aveva solo undici anni - anticipano preoccupazioni che saranno poi fondamentali per la sua saggistica. Le ultime cinque, scritte verso la fine della sua vita (1941 e 1942), riflettono l'evoluzione del suo pensiero, che è stato oggetto di un'analisi approfondita, e la presentano come una donna con evidenti radici mistiche, cristiane, evangelizzatrici, nel senso più pieno di queste parole, oltre che fermamente impegnata nel pacifismo. Nel loro insieme, rivelano un mondo interiore fondato su un insieme di idee che le sono pienamente riconosciute.
Il concetto di "sfortuna
Tra queste idee, la più singolare è quella della sfortuna (malheurIl tema dell'amore, come lei lo chiama, diventa una componente centrale sia nella sua vita esemplare che nel suo discorso filosofico, condividendo la ribalta con il tema dell'amore. Proprio in A una giovane donna riccaLa nozione di sfortuna è presentata in modo diretto nel primo testo della sua brevissima opera lirica pubblicata.
Dopo aver iniziato con la descrizione del personaggio di Climena, che rispecchia il cliché del tempus fugit e l'inevitabile decadenza fisica e sociale, Weil solleva lo scollamento di quest'ultima con la realtà dei meno fortunati, segnata dalla miseria e dalla sofferenza: "...la realtà dei meno fortunati, segnata dalla miseria e dalla sofferenza: "...".Per voi le disgrazie sono favole, / tranquille e lontane dal destino delle vostre misere sorelle, / non concedete loro nemmeno il favore di uno sguardo.". Appena si osserva la poesia, ci si rende conto che non può che essere di Simone Weil, che fin dalla prima adolescenza ha dimostrato una profonda sensibilità nel denunciare le ingiustizie e nel difendere i più deboli.
Le affermazioni forti che attraversano la sua vita, come "..." e "...", sono state usate per descrivere la sua vita.le disgrazie degli altri sono entrate nella mia carne"insieme agli aforismi sullo stesso argomento, raccolti nel saggio Gravità e graziasi intravedono già non solo in questo componimento, ma anche in alcune sequenze di altri testi lirici, come nel già citato Prometeoche si conclude con il "carne abbandonata alla sfortuna". In ogni esempio concreto, l'autrice francese esprime il proprio dissenso nei confronti di una realtà che considera inaccettabile: "Il pane manca talvolta al cittadino; / Il popolo, stanco delle lotte politiche, già si agita e trema e comincia a ruggire / (...) Che cosa possono dunque sognare questi giovani trionfanti, in mezzo a tanta miseria / Questi giovani trionfanti".
Le sue ultime poesie
Delle sue ultime poesie vorrei sottolineare in particolare Il mare. Tuttavia, potrei citare Necessitàsu cui fa anche una serie di riflessioni, o uno qualsiasi degli altri. In tutti i casi, il lettore abituale dei suoi scritti riconoscerà i contenuti specifici della filosofia di questa autrice. Nell'esempio citato, il mare è un'immagine in movimento della bellezza, uno specchio in cui lo spirito imprime il movimento e la forma: "Mare disperso, di onde incatenate per sempre, / Messa al cielo offerta, specchio di obbedienzadove la bellezza è anche un riflesso fedele della presenza di Dio nel mondo: "...".I riflessi della sera brilleranno all'improvviso / L'ala sospesa tra il cielo e l'acqua, / Le onde oscillanti sono fissate sulla pianura, / Dove ogni goccia a turno sale e scende, / Per rimanere sotto per la legge sovrana."un lampo che, allo stesso tempo, è una porta verso il reale, cioè verso ciò che è libero dalla proiezione - come esprime anche in Gravità e grazia- di "l'immaginazione che colma le lacune". Così, svuotando l'anima dalle cose create, essa si apre alla possibilità di fondersi con il reale e di essere trafitta dalla luce della grazia.
Come il testo citato, anche gli altri danno conto sia della sua filosofia dell'acqua e dell'eternità, sia dello scorrere del tempo - due delle sue grandi motivazioni filosofiche - rappresentato nelle stelle, che conducono l'umanità verso un futuro sconosciuto, la cui resistenza umana si esprime in grida e urla.
La sua poetica
Desiderava giustamente essere riconosciuta innanzitutto come poetessa. In effetti, lo fu pienamente, anche se i suoi pochi testi poetici non ottennero il riconoscimento che avrebbe desiderato. Nel complesso, le sue poesie non aggiungono nulla di nuovo alle sue carte, ai suoi quaderni, alla sua corrispondenza e ai suoi scritti di carattere storico o politico. Inoltre, se avesse composto solo le poesie che sono note, sarebbe stato dimenticato come tanti altri autori. La sua vera grandezza sta nella prosa, che è la sua poesia più alta e intensa.
La tensione lirica a cui è sottoposto ogni suo pensiero, lo sviluppo folgorante del contenuto dei suoi ragionamenti, l'enorme espressività, la ricchezza di immagini e metafore e persino il ritmo stesso delle sue sequenze in prosa sono le caratteristiche che la contraddistinguono e la rendono una poetessa squisita. È lì che sperimenta ciò che concepisce come Poesia: "La poesia è un lavoro da poeta.dolore e gioia impossibili (...). Una gioia che, a forza di essere pura e non mescolata, fa male. Un dolore che, a forza di essere puro e non mescolato, lenisce.". E questa è la sua prosa: un'esperienza di contrasti inconciliabili; una porta che le permette un contatto diretto con la realtà, costituendo una manifestazione palpabile della bellezza del mondo. O come dice lei stessa: "Il poeta produce il bello con l'attenzione rivolta al reale. Proprio come un atto d'amore". È così che deve essere letta, come rivelatrice del bello, qualunque cosa scriva. Le sue poesie lo proclamano; le sue poesie, ma, soprattutto, è la sua prosa a realizzarlo.