Iniziative

Gli esperti cercano le radici comuni di ebrei e cristiani

Un corso alla Pontificia Università della Santa Croce ha esplorato il legame tra le due antiche fedi religiose, attraverso l’esame comune del Decalogo e dei Rotoli del Mar Morto. Nell’evento conclusivo, una conversazione tra Adolfo Roitman e Joseph Sievers.

Giovanni Tridente-10 novembre 2024-Tempo di lettura: 3 minuti
Qumran

Veduta di Qumran, vicino alle grotte dove furono trovati i Rotoli del Mar Morto (Wikimedia Commons / SuperJew)

Con una sessione aperta al pubblico si è concluso presso la Pontificia Università della Santa Croce il corso in inglese "One Revelation and Two Traditions", un percorso di due settimane che ha esplorato le interpretazioni giudaiche e cristiane del Decalogo. All’evento di chiusura hanno preso parte due esperti di fama internazionale, il professor Adolfo Roitman e il professor Joseph Sievers, i quali hanno offerto uno sguardo unico sul Decalogo e sui Rotoli del Mar Morto, proponendoli come strumenti di dialogo e riconciliazione tra ebraismo e cristianesimo.

Durante l’incontro, Roitman – dal 1994 e fino allo scorso giugno direttore del Santuario del Libro presso il Museo d’Israele e curatore della collezione dei Rotoli del Mar Morto –, ha sottolineato come il Decalogo rappresenti più di una serie di norme: è un vero e proprio “patto con Dio” e un simbolo di unità tra le due fedi. Le Dieci Parole, ha aggiunto, “non solo invitano ebrei e cristiani a vivere secondo valori che trascendono le differenze religiose, ma fungono anche da fondamento etico universale”. Questo codice etico, condiviso tra Torah e Antico Testamento cristiano, fonda infatti entrambe le tradizioni su principi di giustizia, rispetto e integrità.

Da parte sua, Sievers – professore emerito presso il Pontificio Istituto Biblico – ha osservato come il testo sacro inviti entrambe le fedi a vivere orientandosi verso il bene comune: “una guida morale che resiste al tempo e che, nonostante i millenni trascorsi, continua a parlare a ebrei e cristiani come modello di vita comunitaria, fondato sul rispetto reciproco”.

Ha quindi aggiunto che per i cristiani diventa fondamentale comprendere il contesto ebraico che ha dato origine alla loro fede, spiegando che “se prendiamo sul serio l’Incarnazione di Cristo, dobbiamo prendere sul serio anche il contesto ebraico in cui visse e predicò.”

Una finestra sul Cristianesimo delle origini

Un punto cardine della riflessione sviluppata all’Università della Santa Croce è stato poi il contributo che i Rotoli del Mar Morto offrono alla comprensione delle radici cristiane. Roitman ha spiegato che “Qumran è un esempio eccezionale di comunità ebraica, dove i Rotoli rivelano un’attenzione unica per la purezza e una visione rigorosa delle Scritture. Questo ci avvicina alla fede ebraica, ma ci permette anche di intuire la vita e la spiritualità del tempo di Gesù”.

Oltre all’attenzione alla purezza emerge anche un senso di appartenenza che si riflette ad esempio nella comunione dei beni. “L’ideale di una comunità che vive come una famiglia e condivide tutto” – ha spiegato da parte sua il docente emerito del Biblico –, “è un concetto che troviamo sia a Qumran che nella primitiva comunità cristiana”. Questo rende i Rotoli del Morto “una risorsa preziosa per comprendere le radici del cristianesimo”.

Il valore del dialogo e dello studio condiviso

L’evento realizzato all’Università della Santa Croce su iniziativa della Facoltà di Teologia e dell’Istituto Universitario Isaac Abarbanel di Buenos Aires, la prima università ebraica dell’America Latina, ha mostrato proprio come a partire da queste fonti documentali dei primi secoli, benché scoperte solo di recente, sia stato possibile aprire una “quinta dimensione” per interpretare le Scritture e comprendere meglio sia l’ebraismo che il cristianesimo delle origini. Lo stesso Roitman si è detto convinto che lo studio congiunto di questi testi rappresenta una valida via per riflettere su valori spirituali e culturali comuni.

Inoltre, il dialogo non rappresenta soltanto un arricchimento culturale, “ma è anche uno strumento di riconciliazione e rispetto reciproco”, ha aggiunto Sievers. L’esperienza della scoperta e dello studio degli stessi Rotoli “ci insegnano che ci sono sempre nuove prospettive da esplorare”. Del resto, “conoscere il giudaismo per il suo valore intrinseco è un compito che anche i cristiani possono trovare arricchente”.

Il corso alla Santa Croce

I relatori che si sono alternati durante le due settimane del Corso provenivano da diverse tradizioni e contesti culturali, dall’Italia alla Terra Santa. Le attività si sono concentrate su analisi comparative dei testi sacri, evidenziando somiglianze e differenze nelle interpretazioni teologiche e nell’applicazione pratica dei comandamenti nella vita quotidiana e comunitaria.

I partecipanti hanno potuto riflettere sulla radice comune della Rivelazione e sul significato condiviso di norme etiche fondamentali, aprendosi anche a discussioni sui contesti culturali che hanno influenzato le rispettive interpretazioni. Nel clima di scambio e condivisione, sono state anche realizzate una visita alla Sinagoga di Roma e al Museo Ebraico e, per parte cristiana, alla Biblioteca Apostolica Vaticana.

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