Filippo Pellini si è laureato in teologia all'Università di Roma. Pontificia Università della Santa Croce, a Roma.
Appartiene alla Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo, una società di vita apostolica fondata nel 1985 da Mons. Massimo Camisasca, oggi vescovo a Reggio Emilia, insieme ad altri sacerdoti che desideravano vivere il loro ministero seguendo il carisma di Comunione e Liberazione.
Nacque e crebbe a Milano, in una famiglia non particolarmente religiosa, ma che lo incoraggiò a studiare il catechismo e gli diede la possibilità di ricevere i sacramenti dell'iniziazione cristiana. "Tuttavia, come tanti giovani, dopo aver ricevuto la cresima, senza grandi drammi esistenziali, ho semplicemente smesso di andare in parrocchia. All'epoca avevo 12 anni e non avevo nulla contro Dio o la Chiesa", racconta.
Per alcuni anni ha vissuto con il "piede in due scarpe", internamente diviso tra due visioni opposte del mondo e della vita. Inizia a frequentare la facoltà di design alla Bovisa, sede del Politecnico di Milano, un'università molto prestigiosa. Lì ho deciso di seguire la compagnia di amici che mi hanno avvicinato a Dio e alla Chiesa universale.
"La Provvidenza volle che durante i miei ultimi anni di università, don Antonio, sacerdote della Fraternità di San Carlo, fosse cappellano alla Bovisa. Incontrarlo è stato un incontro con un padre che ha saputo accompagnarmi nel labirinto di affetti, eventi e desideri che di volta in volta occupavano il mio cuore", racconta Filippo.
Tutti questi elementi hanno fatto sì che, pochi giorni dopo il conseguimento della laurea, andassi da don Antonio per porgli la domanda vocazionale che non potevo più evitare: "E se la strada che il Signore mi chiamava a percorrere fosse il sacerdozio?".
Hanno deciso di prendersi un po' di tempo per verificare questa ipotesi. "Ho iniziato a lavorare come grafico, lavorando in un ufficio editoriale e come assistente al Politecnico. Tuttavia, tutto questo non era sufficiente. Niente di tutto questo mi rendeva più felice di quando annunciavo e testimoniavo la novità di Cristo. Non capivo perché il Signore mi chiedesse di fare questo grande passo, ma mi resi conto che se non l'avessi fatto, avrei perso le cose più belle che riempivano la mia vita.
"Dopo più di cinque anni di vita nella Fraternità e giunto alla soglia dell'ordinazione, guardando indietro, non posso che essere grato per l'avventura a cui Dio mi ha chiamato, piena di volti gentili e di prove da affrontare", conclude.