Ecologia integrale

La speranza di Francesco sull'immigrazione

Papa Francesco ha proposto quattro verbi per articolare una risposta adeguata alla questione migratoria: accogliere, proteggere, promuovere e integrare.

Alfonso Martínez-Carbonell López-21 aprile 2025-Tempo di lettura: 3 minuti
Papa Francesco Lampedusa

Papa Francesco a Lampedusa (foto CNS / piscina)

"Finalmente si imbarcarono. I miei nonni riuscirono a vendere i loro magri averi nella campagna piemontese e arrivarono al porto di Genova per salpare sulla Giulio Cesare con un passaggio di sola andata". Così il Papa inizia la sua autobiografia. Per lui l'immigrazione non è solo una questione sociale, ma un'esperienza personale. "Sono figlio di immigrati", "so cos'è l'immigrazione perché è così che si è formata la mia famiglia", afferma nel suo libro "La speranza non delude mai".

L'immigrazione non è una questione di cifre o statistiche, di rapporti o dossier, ma di volti, nomi e storie concrete. Ha guardato negli occhi i immigrati a Lampedusa nel 2013, nel campo profughi di Moria a Lesbo nel 2016 e nel 2021, ai rifugiati Rohingya in Bangladesh nel 2017 e ha guardato negli occhi ogni migrante sofferente in qualsiasi parte del mondo.

Da quando l'uomo è uomo, ha migrato, riflettendo la dimensione pellegrina dell'esistenza. Oggi, però, l'immigrazione è associata a violenza, sfruttamento, traffico di esseri umani, crudeltà e morte. Stiamo assistendo, dice, al più grande movimento di persone e popoli di tutti i tempi, e la storia ci giudicherà da come ci comporteremo di fronte a questo fenomeno che ci riguarda tutti e che nessuno può ignorare. È una questione cruciale che può distruggere la nostra civiltà o diventare un'opportunità per un cambiamento di paradigma. Il suo grido è chiaro: non possiamo andare avanti così, con la globalizzazione dell'indifferenza! Dobbiamo iniziare una nuova fase, la globalizzazione della carità e la civiltà dell'amore.

Fondamenti antropologici e teologici

Nella sua visione dell'immigrazione, Francesco parte da un doppio fondamento: antropologico e teologico. Secondo il primo, la posta in gioco è la dignità umana e la dignità umana è sacra. Il criterio per giudicare e agire non può essere il benessere, ma la salvaguardia della dignità umana. Il trattamento dei migranti deve essere conforme alla loro infinita e inalienabile dignità. E secondo il fondamento teologico, non è cristiano disinteressarsi dell'immigrato, ma accoglierlo e amarlo come un altro Cristo, perché è su questo che saremo giudicati alla fine: "Ero un migrante e mi avete accolto" (Mt 25,35).

Dalla parabola del Buon Samaritano (Lc 10, 25) Francesco afferma che ci sono solo due tipi di persone: quelle che si fanno carico del dolore o quelle che passano oltre. Questa è la sfida attuale: o passiamo oltre o ci portiamo l'un l'altro sulle spalle ("Fratelli Tutti", "Fratelli Tutti", "Fratelli Tutti"). n. 70).

Per Francesco, la prima cosa da fare è vedere la realtà di questo dramma nei Paesi d'origine, dove prevalgono le guerre civili, alimentate dall'egoismo e sfruttate dalle industrie delle armi, dove la violenza miete innumerevoli vite umane, dove i cambiamenti climatici e i disastri ambientali rendono impossibile una vita dignitosa, dove la gente vive nella miseria e subisce le conseguenze devastanti di un'economia che uccide. Ma tutte queste cause non sono fuori dal controllo umano. Possiamo avere speranza.

Risposta personale e politica

La soluzione al problema deve essere a livello individuale e politico. A livello individuale, Dio chiede a ciascuno di noi: Dove sei? Dov'è tuo fratello? Dio ci chiede di essere responsabili gli uni degli altri. Di fronte a questo dramma, abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna, non piangiamo per la sofferenza degli altri, ci siamo abituati e ci rifugiamo nell'anonimato. Francesco ci invita a scrollarci di dosso l'indifferenza.

A livello politico, il primo passo è aiutare i Paesi d'origine attraverso la cooperazione e la solidarietà, creando nuove condizioni che permettano alle persone di vivere in modo dignitoso, aiutino la crescita economica e offrano ai giovani opportunità per il futuro che non li costringano a partire. Ciò richiede la cooperazione di tutti i Paesi interessati: Paesi di origine, di transito e di destinazione, e implica che i Paesi più sviluppati abbandonino le pratiche economiche "neocolonizzanti" di estrazione e sfruttamento delle risorse dei più poveri. Il secondo passo sarà quello di garantire l'accesso legale ai Paesi di destinazione come unico modo per sconfiggere i trafficanti di esseri umani.

I quattro verbi

Quattro verbi sono quelli che il Papa ha usato nella Giornata mondiale dei migranti 2018 articolare una risposta adeguata alla questione migratoria: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. "Accogliere" significa aprire le porte in base alla capacità di ciascun Paese, facilitando i mezzi per l'ingresso nelle condizioni: visti, blocco delle espulsioni, garanzia di assistenza. "Proteggere" significa mettere le persone al centro e difendere i loro diritti. "Promuovere" significa incoraggiare il loro sviluppo personale nel Paese di destinazione, aiutandoli nella formazione linguistica, civica e lavorativa e nell'istruzione. Infine, "integrare" significa mescolarsi, vivere insieme, arricchirsi e rispettarsi reciprocamente. Saranno le generazioni future, a lungo termine, a giudicare se questo processo è stato portato avanti in modo equo.

La speranza è la chiave. Per speranza, quegli uomini e quelle donne hanno lasciato la loro patria in cerca di un futuro migliore. Con la speranza possiamo risolvere il problema perché il superamento delle sue cause dipende da noi. Papa Francesco si è posto come difensore di questa speranza che non può morire. È la virtù più piccola, la "piccola speranza", che ha promesso di seguire per sempre perché il suo cielo è già sulla terra.

L'autoreAlfonso Martínez-Carbonell López

Professore di Dottrina sociale della Chiesa all'Università CEU Cardenal Herrera

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