Jane Eyre è la protagonista del più bel racconto della grande scrittrice vittoriana Charlotte Brontë. Racconta la storia di una giovane orfana che, dopo un'infanzia dura di maltrattamenti da parte dei suoi lontani parenti, che finiscono per lasciarla in un misero collegio, viene a lavorare come pensionante, insegnante di una giovane ragazza in una casa nobile.
Aveva già dimostrato la sua sensibilità e intelligenza in tenera età. In un'occasione risponde con carattere al suo crudele tutore: "Tu pensi che io possa vivere senza un po' di amore, ma io non posso vivere così". Poi trova l'amore di un uomo buono, anche se di temperamento e circostanze difficili; dovrà subire varie tribolazioni lungo il cammino e superare ostacoli ardui. Alla proposta attraente e allettante di una relazione immorale e indegna, risponderà secondo la sua delicata e ferma coscienza cristiana: "Devo rinunciare all'amore e all'idolo". All'invito a contrarre un matrimonio di convenienza, basato su una religiosità rigida, senza affetto né tenerezza, risponderà: "Non è mio marito e non lo sarà mai. Lui non mi ama, io non lo amo, è severo, freddo come un iceberg, non sono felice con lui".
Comunione intima
Il matrimonio costituisce "l'intima comunione della vita e dell'amore coniugale", come insegna accuratamente il Concilio Vaticano II. In realtà, solo l'amore vero, basato sull'alleanza sponsale tra un uomo e una donna, sul dono reciproco e fedele di sé, sul dono totale di sé, sulla condivisione del progetto di formare una casa accogliente e feconda, rende giustizia alla grandezza della persona, al suo valore unico, e anche alla bellezza dell'attrazione e della promessa dell'"eros".
Se manca questo desiderio di piena dedizione coniugale - forse per una dannosa ipertrofia della dimensione utilitaristica, economica, edonistica, affettiva, o per una grave immaturità - la relazione si svilisce e diventa mercenaria, contrariamente a ciò che merita ogni essere umano, che deve essere sempre trattato come un fine e non come un mezzo, secondo la norma personalista, come ha insegnato Giovanni Paolo II (cfr. Lettera alle famiglie, n. 12).
Amicizia e virtù
L'amicizia coniugale è una vocazione specifica, un dono e un compito da costruire con saggezza, tenacia e speranza. È un'opera di formazione alla virtù, che non può essere lasciata alla semplice spontaneità capricciosa e volatile. Richiede l'educazione del cuore, della volontà e dell'intelligenza, con l'aiuto di maestri-testimoni e di comunità che puntano all'eccellenza umana.
Richiede anche l'esercizio della prudenza per trovare in ogni momento e in ogni situazione il modo migliore di coltivare l'affetto coniugale, la pazienza di perseverare nel bene della comunione familiare in mezzo alle prove e alle crisi, lo sforzo di trovare modi per rinnovare l'illusione dell'amore, per migliorare sempre di più le forme della vita insieme.
Inoltre, ogni volta che ci rivolgiamo al Signore, la grazia dello Spirito Santo viene in aiuto alla nostra debolezza (cfr. 2 Cor 12,9). L'unione dell'amicizia con Gesù Cristo, lo Sposo della nuova alleanza, infonde una linfa soprannaturale che rigenera le amicizie umane, a partire da quella molto speciale che deve essere alimentata in ogni matrimonio. Il dono di Dio rende possibile la donazione coniugale e familiare desiderata e suggellata nell'alleanza. Il sacramento del matrimonio contiene una benedizione divina permanente, che richiede semplicemente il ricorso agli abbondanti mezzi che abbiamo nella Chiesa - formazione permanente, vita di preghiera, frequenza ai sacramenti, partecipazione alla comunità, opere di servizio e di misericordia - per adempiere al comando del Maestro: "Rimanete in me" (Gv 15,4).
Dopo un percorso tortuoso, in cui l'audace Jane Eyre mantiene con serenità e forza d'animo l'orientamento interiore verso l'amore autentico, sostenuta dal Signore, trova con gioia la ricompensa per i suoi sforzi e la sua coerenza nella via del bene, arrivando ad affermare: "Mi considero molto benedetta; perché io sono la vita di mio marito così completamente come lui è la mia".