Evangelizzazione

Omelie noiose? Mi importa di Dio

Prima di parlare di ciò che comprendiamo in questo modo Sta a noi abbassare la testa in umiltà per riconoscere che non ne abbiamo idea e, invece di dare consigli al personale, chiedere al Signore nella preghiera di insegnarci cosa intende, come gli Apostoli.

Javier Sánchez Cervera-3 febbraio 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

(È possibile leggere la versione tedesca qui).

Il libro dell'Apocalisse descrive nel decimo capitolo un potente angelo "avvolto in una nube, con l'arcobaleno sul capo" (Ap 10, 1) che scende nel luogo in cui si trova San Giovanni. Questo angelo aveva un piccolo libro aperto e, con suo grande stupore, la voce dal cielo gli chiede di mangiarlo: "Prendilo e divoralo, ti renderà amaro lo stomaco, ma nella tua bocca sarà dolce come il miele" (Ap 10,9). (Ap 10:9).

Questo non è l'unico caso. Nell'Antico Testamento, il libro di Ezechiele, racconta un episodio simile quando nel terzo capitolo lo Spirito, dentro di lui, gli chiede di mangiare il rotolo tenuto da una mano davanti a lui: Lo srotolò davanti ai miei occhi: era scritto sul davanti e sul retro; c'era scritto: "Lamentazioni, gemiti e guai". E mi disse: "Figlio d'uomo, mangia quello che ti viene offerto; mangia questo rotolo e poi vai a parlare alla casa d'Israele". Io aprii la bocca ed egli mi fece mangiare il rotolo e mi disse: "Figlio dell'uomo, nutriti e saziati di questo rotolo che ti do". L'ho mangiato ed era dolce come il miele nella mia bocca. Poi mi disse: "Figlio d'uomo, vai dalla casa d'Israele e parla loro con le mie parole". (Ezechiele 2:10 - 3:3)

Ciò che queste indicazioni sembrano dire è la necessità di interiorizzare la Parola di Dio che stiamo per trasmettere. Diamo di nostro perché abbiamo fatto nostro ciò che diamo, contemplata aliis tradereLo scriba del Regno dei cieli è "simile a un uomo, padrone di casa sua, che tira fuori dal suo tesoro cose nuove e cose vecchie" (Mt 13,52), le cose vecchie sono le verità eterne, le cose nuove sono le realtà umane e mutevoli, ma la cosa importante è che il luogo da cui tira fuori le cose vecchie e quelle nuove è il suo tesoro, la sua stessa anima.

La lettura della Parola di Dio, la meditazione e la contemplazione sono l'inizio della predicazione. È attraverso questo contatto intimo che il Signore pianta il seme della verità eterna nelle nostre anime, un seme che, come un seme di senape, deve crescere in un albero frondoso. Cristo ha promesso che Lui, lo Spirito di Verità, "vi guiderà in tutta la verità" (Gv 16,13) e Lui, l'Avvocato, lo fa introducendoci in una scuola che produce frutti di santità nella nostra vita e dà efficacia soprannaturale alla nostra predicazione. Come spiega Francisca Javiera de Valle nella sua Decenaria: "Questo Maestro divino pone la sua scuola nelle anime che lo chiedono e che desiderano ardentemente averlo come loro Maestro. Egli vi esercita questo ufficio di Maestro senza il rumore delle parole e insegna all'anima a morire a se stessa in tutto, per avere vita solo in Dio. Il modo di insegnare di questo abile Maestro è molto consolante; egli non vuole istituire una scuola per insegnare le vie che conducono alla vera santità in nessun altro luogo che non sia l'interno della nostra anima; ed è così abile e così saggio, così potente e sottile, che, senza sapere come, ci si sente, dopo poco tempo che si è stati con lui in questa scuola, tutti cambiati. Prima di entrare in questa scuola, ero rozzo, senza capacità, molto impacciato per capire quello che sentivo predicare; ed entrandovi, con quale facilità si impara tutto; sembra che ci trasmettano anche nelle viscere la scienza e la capacità che ha il Maestro". (Decennale, 4° giorno, esame).

Ora si è capito che è la santità di vita che rende la nostra predicazione viva e non noiosa, perché è una Vita che trasmettiamo con la nostra vita. Si capisce che santi che sapevano a malapena leggere, come Santa Caterina da Siena, furono istruiti a tal punto in questa scuola da essere dichiarati Dottori della Chiesa e potevano benissimo dire, come San Giovanni: "Quello che abbiamo visto e udito, ve lo annunciamo perché anche voi siate in comunione con noi" (Gv 1, 3). (Gv 1, 3)

Quindi, prima di parlare di ciò che comprendiamo in questo modo, dovremmo chinare umilmente il capo e riconoscere che non ne abbiamo idea, e invece di dare consigli al personale, dovremmo chiedere al Signore in preghiera, come fecero gli apostoli: edissere nobis parabolam(Mt 13,36), "Maestro, insegnaci la parabola", affinché io, comprendendo, contemplando, lasciandomi istruire da te, possa a mia volta dare del mio, che è tuo, e insegnare al mio popolo.

Con molte di queste parabole espose loro la parola, secondo la loro comprensione. "A loro spiegava tutto in parabole, ma ai suoi discepoli spiegava tutto in privato" (Mc 4,24). Ecco il quid della questione. Questo è il senso del prendere Dio sul serio.

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