Fin dall'inizio, alla Chiesa è stato affidato da Gesù Cristo il compito di comunicare: la sua missione evangelizzatrice consiste nell'annunciare la buona notizia della salvezza. Per realizzarla, si affida principalmente all'aiuto dello Spirito Santo, che illumina, spinge e vivifica la sua Chiesa. Ma, come insegna la teologia, la grazia non sostituisce la natura ed è quindi opportuno utilizzare i mezzi umani a nostra disposizione per facilitare la sua azione nelle anime.
Tra questi mezzi ci sono le cosiddette Scienze dell'Informazione, con tutto il bagaglio tecnico e le specifiche di un'attività sempre più professionalizzata.
I compiti di comunicazione si sono evoluti con i media e con la formazione specializzata, per cui è importante riflettere sul modo migliore di fare comunicazione istituzionale nella Chiesa, rispettando e facilitando il lavoro dei professionisti.
Si tratta di una collaborazione necessaria, che giova sia ai comunicatori nel loro lavoro di presentazione e diffusione di eventi degni di nota, sia alla Chiesa stessa, che è più conosciuta e può mostrare al mondo la bellezza del Vangelo negli eventi presentati come notizie.
Un compito etico
Come in altre professioni, il compito del comunicatore ha una forte componente di fiducia. La fonte di informazione che scegliamo è determinata dalle garanzie di veridicità e integrità nell'interpretazione della realtà che ci trasmette.
Per questo motivo, la Chiesa non può ignorare le implicazioni morali dell'uso dei media ed è suo interesse contribuire al loro sviluppo nel rispetto della dignità della persona. Questo è affermato nel Decreto Inter MirificaIl Consiglio riconosce il diritto umano all'informazione e il suo legame con la verità, la carità e la giustizia.
Ci invita inoltre a riflettere sulle conseguenze che ciò che viene trasmesso ha sul comportamento delle persone e ci ricorda quindi la responsabilità dei professionisti, dei destinatari e dell'autorità civile nel selezionare e diffondere i contenuti.
In sostanza, si tratta di ricordare che c'è una differenza tra la risonanza giornalistica che un evento può avere e la sua rilevanza. Riconoscere che è nostro interesse essere aggiornati, ma imparare a leggere gli eventi in una chiave diversa dal sensazionalismo, per saper interpretare ciò che accade: un albero caduto fa sempre più rumore di una foresta che cresce. E questo vale sia per gli eventi del mondo che per quelli che riguardano la vita della Chiesa.
Il sacerdote britannico Ronald Knox (1888-1957) spiegò che a Gerusalemme tutti sapevano subito che Giuda si era impiccato, ma pochi si accorgevano della semplice e feconda fedeltà di Maria.
Da oltre 50 anni, la Chiesa aiuta a riflettere su questo compito da una prospettiva etica, con la Messaggi per la Giornata delle comunicazioni sociali. Vengono pubblicati dal Papa ogni anno in occasione della festa di San Francesco di Sales e focalizzano la nostra attenzione su alcuni aspetti rilevanti e attuali che risvegliano le nostre coscienze. Ad esempio, nel suo messaggio per il 2024, Papa Francesco menziona alcune delle conseguenze dell'uso dell'intelligenza artificiale.
Con una dinamica propria
Il citato documento del Concilio Vaticano II ci ricorda anche che "è compito primario dei laici animare questi mezzi con uno spirito umano e cristiano". Questa è una delle espressioni della Dottrina sociale della Chiesa, a cui si è genericamente riferito Benedetto XVI nella sua prima Enciclica. In quell'occasione ha spiegato che non è compito della Chiesa intraprendere da sola l'impresa politica di realizzare la società più giusta possibile.
È vero che non può e non deve rimanere ai margini di questa lotta per la giustizia, ma si inserisce in essa attraverso l'argomentazione razionale e deve risvegliare le forze spirituali, sforzandosi di aprire l'intelligenza e la volontà alle esigenze del bene (cfr. Deus caritas est, n.28).
Per quanto riguarda i compiti di comunicazione, si capisce che il ruolo dell'autorità ecclesiastica non è propriamente quello di avere a disposizione alcuni mezzi con cui contribuire all'opinione pubblica, ma piuttosto di animare con lo spirito cristiano le varie iniziative dei cittadini.
È vero che la Chiesa non ha come propria missione una presenza istituzionale nel mondo della comunicazione, né in quello dell'istruzione, dell'assistenza ospedaliera o della fornitura di servizi sociali. Allo stesso tempo, però, gode degli stessi diritti di qualsiasi altra istituzione pubblica o privata per dirigere o promuovere iniziative in questi campi della vita sociale.
Per questo motivo, si intende anche che la promozione dei media cattolici è possibile (e il Decreto dedica a questa proposta). Inter Mirifica Capitolo II), che possono agire professionalmente nel mondo della comunicazione e presentare la loro proposta informativa, come qualsiasi altro valido interlocutore nella società.
La comunicazione istituzionale nella Chiesa sta diventando sempre più professionale, e vanno accolti con favore gli sforzi delle università ecclesiastiche per dare importanza alla preparazione di comunicatori professionisti che possano guidare delegazioni mediatiche nelle diocesi o lanciare iniziative nel mondo delle agenzie di stampa sulla Chiesa.
Un incontro recente
In un recente colloquio organizzato da una diocesi spagnola, un gruppo di giornalisti è stato invitato a discutere della comunicazione della Chiesa in un'atmosfera di franchezza e rispetto reciproco. Ad esempio, la discussione sulla gestione delle notizie sugli abusi è servita a chiedere una maggiore professionalità da parte dei giornalisti e migliori canali di comunicazione con le autorità ecclesiastiche.
La conclusione dell'incontro è stata che i media sono disposti a raccontare di più sulla Chiesa e che il lavoro delle delegazioni dei media è apprezzato e stimato dai professionisti dei media generali.
Infatti, la maggior parte delle notizie sulla Chiesa sono riferimenti positivi, sulla Caritas, testimonianze di persone impegnate in compiti educativi o nella cura del patrimonio artistico religioso.
In generale, gli interventi sociali promossi dalla Chiesa sono di interesse informativo, così come alcuni eventi religiosi che comportano la mobilitazione di risorse nei luoghi in cui si svolgono, come i pellegrinaggi o le feste patronali.
Un contributo necessario
In ogni caso, la visione dell'attività della Chiesa in alcuni media è ancora limitata, sia per ignoranza che per interessi ideologici. Alcuni professionisti sono ancora radicati in una certa mentalità di chiusura nei confronti della vita spirituale, che tende a emarginare le opinioni e le azioni dei credenti solo perché appartengono a persone che intendono la loro fede come qualcosa di importante e decisivo nella loro vita. Non si presta attenzione alla ragionevolezza o all'interesse delle proposte, che vengono bollate direttamente per la loro origine senza nemmeno ascoltarle.
Ciò si riflette bene in un passaggio del romanzo Il risveglio della signorina Prim (Natalia Sanmartín, 2014). La protagonista di questa storia dialoga con il proprietario della casa in cui lavora come bibliotecaria. A un certo punto della conversazione, rifiuta un argomento, ritenendo che la sua origine risieda nelle convinzioni religiose del suo interlocutore. Ma lui la invita a ragionare e a dirgli se pensa che abbia ragione o meno in ciò che ha detto: se può contraddirlo solo in base al fatto che è un credente, non è un argomento valido.
Alcuni vorrebbero che i cattolici tornassero nelle catacombe, o almeno che non uscissero dalle sacrestie. In alcuni ambienti sembra che si stia applicando nuovamente l'Editto dell'imperatore Giuliano (361-363), che imponeva agli insegnanti delle scuole di retorica e grammatica di credere lealmente negli dei: chi era cristiano doveva rimanere "confinato nelle chiese a commentare Matteo e Luca".
Si cerca di mostrare i contributi della fede alla vita sociale come irrilevanti, o di ridurne l'impatto a un ambito limitato, senza riconoscere la sua influenza su tante manifestazioni culturali che danno forma alla convivenza.
Il pensiero credente è tollerato al massimo come espressione folcloristica che ha il suo posto e il suo momento, come concessione a un inevitabile regionalismo, ma non è ammesso come posizione ragionevole e sensata che può aiutare lo sviluppo del mondo.
Servitori della verità
La Chiesa è chiamata a partecipare al destino dell'umanità, e quindi ha il diritto e l'obbligo di farsi conoscere con le sue parole, le sue azioni, i suoi contributi al bene comune. Da parte loro, coloro che lavorano nell'elaborazione e nella diffusione dei messaggi informativi devono essere sempre più consapevoli della loro responsabilità di servitori della verità.
Lo ha ricordato recentemente Papa Francesco in un discorso del 23 marzo scorso ai dirigenti e ai lavoratori della RAI e alle loro famiglie, in cui ha descritto il loro lavoro come un vero e proprio servizio pubblico che è un dono per la comunità, e li ha incoraggiati a coltivare un atteggiamento di ascolto che li aiuti a cogliere la verità come realtà. sinfoniacomposto da una varietà di voci.
Il vero servizio di un comunicatore professionista, secondo le parole del Papa, contribuisce alla verità e al bene comune, promuove la bellezza, mette in moto dinamiche di solidarietà e aiuta a trovare il senso della vita in una prospettiva di bene. Il loro lavoro coinvolge tutti e porta nuove prospettive alla realtà, senza perseguire quote di audience a scapito dei contenuti.
Può sembrare una visione idealizzata o un po' ingenua, ma l'alternativa sarebbe il disfattismo, e sembra che Francesco non sia pronto a gettare la spugna: una maggiore offerta di contenuti di qualità può essere costruita, tutto dipende dalla capacità di sognare in grande.
E si conclude con un invito ai professionisti dei media a trasformare il loro lavoro in una sorpresaLa Chiesa è un luogo che porta compagnia, unità, riconciliazione, ascolto, dialogo, rispetto e umiltà. È una sfida per i giornalisti e per coloro che collaborano con loro nel loro lavoro nella Chiesa.