"Faccio porno liberamente; ci tolgono la libertà di espressione".. Questo è il titolo che ha attirato la mia attenzione con una certa sfacciataggine. La mia mente è andata in cortocircuito quando ho letto nella stessa frase "porno e "libertà di espressione", quindi non ho avuto altra scelta che leggere l'intervista pubblicata sul giornale locale a proposito di una donna di nome Eva.
Al giorno d'oggi ci sono molte persone "anonime" che non hanno trovato altro modo di guadagnarsi da vivere che non sia il creare contenuti erotici per un gruppo di sconosciuti a cui, mese dopo mese, vendono (male) il proprio corpo, la propria intimità.
Come cristiani, non spetta a noi giudicare le decisioni di ogni essere umano sul pianeta, ma come cristiani, come Chiesa di Cristo in mezzo al mondo, dobbiamo essere sfidati dalla realtà in cui viviamo. Cosa rende orgogliosa una persona che ha trovato il proprio sostentamento nella creazione di video pornografici? Nel corso della storia dell'umanità, donne e uomini sono stati costretti a barattare il proprio corpo, quel santuario di Dio che è ogni essere umano, per sopravvivere giorno per giorno. Nel XXI secolo, come possiamo permettere che una persona sia felice di fare soldi - a prescindere dalla quantità - trafficando il proprio corpo?
Casi come questi mi portano a pensare all'urgente necessità di tornare all'essenza della prima missione a cui Cristo inviò gli apostoli: "Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo".. Abbiamo superato le barriere del fisico e dell'astratto. Come cristiani, come credenti, è evidente l'urgenza di imparare ad accompagnare le forme di povertà che emergono nei nuovi spazi digitali, dove molti barattano la sacralità del proprio corpo senza nemmeno saperlo, o difendono come "libertà di espressione" ciò che non è altro che schiavitù. Sia come sia, la frustrazione e l'indignazione mi travolgono in parti uguali sapendo che ci sono persone nel mondo che si sentono soddisfatte di questa "professione" che, prima o poi, aprirà nuove ferite nel loro cuore.
Senza demonizzare i nuovi media o le nuove piattaforme per la creazione di contenuti, credo che siamo chiamati a discernere alla luce dello Spirito gli spazi di bene e di male che si presentano in un mondo digitale che, anche se non sembra, è invischiato nella nostra realtà quotidiana ed è venuto a stare con noi. Che insieme possiamo accompagnare tutti coloro che cadono nell'ombra digitale per mostrare loro la speranza di un Gesù che ama ogni parte del loro essere.
Comunicatore della Chiesa nella diocesi di Tui-Vigo.