La Chiesa ha riscoperto la gioia di camminare insieme. Se c'è una definizione che può riassumere al meglio la prima sessione della XVI Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi, è proprio questa. E se c'è un'immagine che può spiegare chiaramente il tema della sinodalità, è quella dei tavoli degli oltre quattrocento partecipanti: tavoli rotondi dove i cardinali sedevano accanto ai vescovi, e i vescovi e i cardinali accanto a laici, consacrati, giovani e anziani.
All'apparenza questo può essere considerato un dettaglio minore ma, in realtà, rappresenta una delle chiavi di lettura più importanti dell'intera sessione sinodale. Non è un caso che lo stesso Papa Francesco, nel corso delle congregazioni generali, si sia seduto a una di queste tavole rotonde, mettendo da parte la formalità della gerarchia e sottolineando il rapporto di fraternità nell'appartenenza.
L'ascolto reciproco e lo scambio di esperienze, sia personali che ecclesiali, sono alcune delle caratteristiche specifiche della sinodalità che il nuovo metodo di lavoro delle tavole rotonde ha favorito, soprattutto quando si sono affrontati temi scottanti: il futuro della missionarietà, la valorizzazione dei ministeri ordinati, la responsabilizzazione di tutti i battezzati, il ruolo delle donne, il rilancio dell'ecumenismo e del dialogo interreligioso, il sostegno ai lontani dalla fede e ai poveri, l'accoglienza dei diversi, la difesa dei minori e dei vulnerabili, la vera comprensione dell'autorità.
I partecipanti al Sinodo hanno potuto esprimere le loro opinioni, aprire i loro cuori, a volte anche dissentire, ma mai in contrapposizione. Lo hanno fatto stando fianco a fianco e guardandosi dritto negli occhi: grazie a queste tavole rotonde, hanno potuto costruire amicizie stabili e relazioni solide che potrebbero cambiare il futuro della Chiesa.