Non siamo nulla

È vero che non siamo nulla, è vero che le preoccupazioni umane sono relative; ma, attenzione, siamo molto, con il battesimo siamo diventati niente di più e niente di meno che figli di Dio.

2 novembre 2021-Tempo di lettura: 2 minuti
giovane

"Noi non siamo niente", è una delle frasi più ripetute alle veglie funebri e ai funerali di tutto il mondo. Tre parole che condensano secoli di saggezza umana. Con una simile affermazione proclamiamo l'ovvietà della natura effimera dell'esistenza prima dell'ineluttabile appuntamento con la morte. Perché tante preoccupazioni, tante lotte umane, tanti sforzi per lavorare? Cosa resta della nostra determinazione a vivere in modo sano, a realizzare progetti entusiasmanti? Denaro, gioventù, successo, affetti... "Vanità delle vanità", dice il saggio autore dell'Ecclesiaste, "Vanità delle vanità; tutto è vanità".

Tuttavia, questa verità da tempio nasconde un'interpretazione errata che, in giorni come questi in cui celebriamo la Commemorazione di tutti i fedeli defunti, vale la pena di chiarire. Mi riferisco all'usanza, importata da altre tradizioni religiose, di disporre delle ceneri dei nostri defunti disperdendole nell'aria, nell'acqua o in qualsiasi altro luogo che implichi, in pratica, la loro scomparsa. Alcuni pensano che, in questo modo, la persona defunta si fonde con Madre Natura o con l'universo; altri intendono semplicemente - e sicuramente con tutta la loro buona volontà - realizzare il sogno del loro caro di godersi per sempre il mare o la montagna che ha tanto amato in vita.

Non intendo giudicare chi l'ha fatto o chi l'ha sistemato. Vorrei solo aiutarli a capire che si stanno perdendo ciò che la nostra ricca tradizione cattolica ha conservato per millenni e che è un grande conforto e una chiamata per coloro che rimangono. Conservando le spoglie dei nostri defunti, sottolineiamo l'altissima dignità della vita umana, che non si estingue nemmeno dopo la morte. È vero che non siamo niente, è vero che le preoccupazioni umane sono relative; ma, attenzione, siamo molto, attraverso il battesimo siamo resi niente di più e niente di meno che figli di Dio.

Il corpo non è la prigione platonica dell'anima, non è il contenitore di cui ci si disfa una volta esaurito il contenuto; il corpo è chiamato all'eternità, come ci ha insegnato il Risorto mostrandoci le stesse mani e lo stesso fianco che i suoi amici avevano appena seppellito. L'essere umano non è una dualità, ma un'unità di corpo e anima. Il Concilio Vaticano II afferma: "L'uomo, per la sua stessa condizione corporea, è una sintesi dell'universo materiale che, attraverso l'uomo, raggiunge la sua vetta più alta e innalza la sua voce alla libera lode del Creatore. Non deve quindi disprezzare la vita corporea, ma, al contrario, deve considerare il proprio corpo come un bene e onorarlo come creatura di Dio che risorgerà nell'ultimo giorno".

Conservando i resti dei nostri defunti in un determinato luogo, andando a visitarli, avendo cura dei luoghi in cui li depositiamo, manifestiamo pubblicamente e a noi stessi che il corpo senza vita dei nostri cari è molto più di niente, perché è stato creato a immagine e somiglianza di Dio ed è stato tempio dello Spirito Santo. E no, non siamo "niente".

L'autoreAntonio Moreno

Giornalista. Laurea in Scienze della Comunicazione e laurea in Scienze Religiose. Lavora nella Delegazione diocesana dei media di Malaga. I suoi numerosi "thread" su Twitter sulla fede e sulla vita quotidiana sono molto popolari.

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