La Commissione episcopale per la dottrina della fede della Conferenza episcopale spagnola ha appena pubblicato una Nota dottrinale sull'obiezione di coscienza, intitolata "Per la libertà Cristo ci ha liberati". (Gal 5,1).
La Nota fonda il diritto all'obiezione di coscienza sulla libertà che, a sua volta, si basa sulla dignità dell'essere umano.
Tale dignità e libertà umana non è il frutto o la conseguenza della volontà degli esseri umani, né della volontà dello Stato o delle autorità pubbliche, ma trova il suo fondamento nell'uomo stesso e, in ultima analisi, in Dio suo creatore.
L'obiezione di coscienza nel Magistero
Già il Concilio Vaticano II aveva notato che "mai come oggi gli uomini hanno avuto un senso così acuto della libertà (che è loro)" (cfr. Gaudium et Spes, n. 4). P
Ma questa libertà, che consiste nel "potere, radicato nella ragione e nella volontà, di agire o non agire, di fare questo o quello, e quindi di compiere azioni deliberate di propria iniziativa" (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1731), non va intesa come assenza di qualsiasi legge morale che indichi limiti alle proprie azioni, o come "licenza di fare ciò che mi piace, anche se è male" (Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes, n. 17).
Gli esseri umani non hanno dato l'esistenza a se stessi, quindi esercitano correttamente la loro libertà quando riconoscono la loro radicale dipendenza da Dio, vivono in permanente apertura a Lui, cercano di compiere la sua volontà e, inoltre, quando riconoscono di essere membri della grande famiglia umana, per cui l'esercizio della loro libertà è condizionato dalle relazioni sociali che ne condizionano l'esercizio.
Le autorità pubbliche devono non solo rispettare, ma anche difendere e promuovere l'esercizio della libertà di tutte le persone e limitarlo solo nei casi in cui sia veramente necessario per il bene comune, l'ordine pubblico e la convivenza pacifica.
Una caratteristica molto profonda della libertà umana risiede nell'ambito della propria coscienza e della propria religione o libertà religiosa.
Si tratta di un diritto fondamentale, perché l'uomo è un essere aperto alla trascendenza e perché riguarda la parte più intima e profonda del suo essere, che è la propria coscienza.
Oggi corriamo il rischio, anche a livello di esercizio dei poteri pubblici, di non favorire a sufficienza questo diritto fondamentale a causa di una marcata tendenza a ritenere che Dio appartenga solo alla sfera privata dell'individuo.
Per il Catechismo della Chiesa Cattolica è chiaro che "il cittadino è obbligato in coscienza a non seguire le prescrizioni delle autorità civili quando questi precetti sono contrari alle esigenze dell'ordine morale, ai diritti fondamentali delle persone o agli insegnamenti del Vangelo" (n. 2.242).
L'obiezione di coscienza significa che una persona antepone i dettami della propria coscienza a ciò che è ordinato o permesso dalla legge. È un diritto fondamentale di ogni persona, essenziale per il bene comune di tutti i cittadini, che lo Stato deve riconoscere e valorizzare.
Si tratta di un diritto pre-politico che lo Stato non dovrebbe limitare o minimizzare con il pretesto di garantire l'accesso a determinate pratiche riconosciute dalla legislazione positiva dello Stato, né tantomeno presentarlo come un attacco ai "diritti" degli altri.
Questo diritto fondamentale all'obiezione di coscienza deve essere regolamentato, garantendo che coloro che desiderano esercitarlo non vengano discriminati in ambito lavorativo o sociale.
L'istituzione di un registro degli obiettori di coscienza viola il diritto di ogni cittadino a non essere costretto a dichiarare le proprie convinzioni religiose o semplicemente filosofiche o ideologiche.
Concludo invitandovi a leggere attentamente questa Nota della Commissione episcopale per la dottrina della fede. Ne vale la pena.