Da quelle prime rappresentazioni intorno alla culla di Gesù, con canti, dialoghi, riti e messe in scena - così strettamente legate alle primitive forme teatrali - deriverebbero i presepi viventi, molto più antichi di quelli che, a partire dalla metà del XIII secolo, cominciarono a essere rappresentati con figure rotonde, prima nei monasteri e nei conventi, poi nelle chiese, successivamente nei palazzi reali o nobiliari e, nel XVII secolo, nelle case della nobiltà, Cominciarono a essere rappresentati con figure rotonde, prima nei monasteri e nei conventi, poi nelle chiese, in seguito nei palazzi reali o nobiliari e, nel XVII secolo, nelle case della ricca borghesia, preambolo dell'assoluta democratizzazione dei presepi; quando anche il popolo, la gente semplice e umile, fece propria questa manifestazione nelle proprie case, dando vita al presepe popolare che, nelle sue varie versioni, è arrivato fino ai giorni nostri.
Così pieno di ingenuità, simpatia e fantasia. Un presepe "di prossimità", soprattutto per i bambini che giocano e si divertono, perché non c'è nulla di più vicino all'Amore che Gesù ridefinisce e proietta della gioia e della felicità che circondano la sua generosa venuta.
Parlare della culla è parlare di fede, storia, cultura, arte e artigianato. E immergersi in un'infinità di indizi etnografici, antropologici e, soprattutto, poetici, simbolici e religiosi, perché non c'è nulla in esso che non obbedisca a uno scopo di apprendimento, a una didattica dottrinale. Al contrario, tutto si conforma a un codice che va riscoperto per capire quanti indizi contiene.
E così, in un presepe, il fiume non è un alveo qualsiasi, ma il fiume della Vita, che ospita anche il suo pesce principale, il TICSIche viene a riscattare tutti gli altri pesciolini che beviamo e beviamo e beviamo ancora, senza mai saziarci della sua acqua battesimale.
Il mulino diventa il luogo in cui il raccolto, il grano, le spighe - sempre metafore di Gesù e della comunità cristiana - si trasformano nella farina con cui si fa il Pane che Cristo vuole condividere con noi, anche se nessuno di noi è degno che entri in casa sua. Nel mulino, questa farina segna anche una sequenza e un destino. Per questo, quando vediamo le sue pale girare in un presepe, sappiamo che indicano l'inesorabile scorrere del tempo. Ma se rimangono statiche, saranno un segno di speranza per l'eternità.
Il ponte è sempre un'evocazione di Gesù stesso che, con la sua mano, ci conduce da una sponda all'altra: da quella terrena a quella celeste, da quella naturale a quella soprannaturale, da quella del peccato a quella del perdono e della fraternità.
Fontane e pozzi rappresentano la figura essenziale della Vergine Maria. Le une, come allusione alla purezza e alla generazione della vita, come ogni presepe è anche un omaggio alla maternità, gli altri, come elementi di transizione, di collegamento e di intermediazione tra il nascosto e il diafano. Le altre, come elementi di transizione, di collegamento e di intermediazione tra il nascosto e il diafano. E cos'altro è Maria se non un legame per eccellenza, la nostra protettrice più amorevole, sempre conciliante, sempre riparatrice, sempre rifugio?
Questa condizione allegorica è presente anche in molte delle figure che popolano i nostri presepi. Come i pastori che portano sulle spalle un fascio di legna da ardere, un'allusione diretta al fuoco e, per estensione, alla fogarIl calore speciale che si può trovare solo nel cuore della famiglia.
E che dire di coloro che portano frutti di ogni tipo: castagne della virtù, ciliegie del matrimonio (che nascono sempre in coppia) e della fedeltà coniugale, fichi della fertilità e della fortuna, melograni dell'amicizia, mele del peccato redento, arance evocative di una delle nostre più belle storie d'amore natalizie? E che dire di coloro che rappresentano i mestieri più disparati, le fatiche più diverse - fabbri, falegnami, pescatori, filatori, lavandaie, carrettieri, mietitori, seminatori... -, che il lavoro deve essere un'offerta permanente in risposta a tutto ciò che Dio ci ha concesso.
Le palme sono piene di leggenda. Le montagne sono aspre, come le difficoltà che dobbiamo affrontare nella vita. Strette le gole, profonde le valli, spesso ricche di lacrime. E strade tortuose, sempre tortuose, tracciate dal dubbio che ci accompagna come esseri umani, si aprono e si schiariscono solo quando raggiungono il Portale; quando ci avvicinano all'Amore che vi risiede, perché solo nell'Amore di Gesù la vita si allarga, la luce dissipa le tenebre e il freddo lascia il posto al più caldo battito del cuore.
Tutto quello che c'è nel presepe è lì perché Lui lo vuole. E lo fa come ci ha sempre insegnato: con semplicità e umiltà. Ecco perché potremo seguire la sua proposta solo se, come dice il detto classico, ci abbasseremo. Quanto è stato generoso quando, senza smettere di essere Dio, ha voluto farsi uomo! E, in questo modo, abitare non solo in, con, con, da, da, a, prima, sotto, sotto, per, da, verso, fino a, dopo, sopra, e mai contro o senza, ma, soprattutto e affettuosamente, "in mezzo a noi".
Una scelta prepositiva che è la testimonianza più espressiva della Sua grazia e della Sua benedetta benevolenza.
Dottorato di ricerca in Letteratura Ispanica presso l'Università Complutense di Madrid.