Non volevo alzarmi. Il mio corpo mi ha detto di no e quella volta ho deciso di ascoltarlo e di no. Non mi sono alzata quando è suonata la sveglia. Non ho vissuto il minuto eroico, quello che è diventato così famoso. E non è successo nulla.
Nessuno mi ha rimproverato, nessuno mi ha fatto violenza... Non ho nemmeno confessato di non farlo; perché non è un peccato mollare un giorno. Perché è proprio così, una caduta di un giorno.
La verità è che mi alzo alle 6:30 del mattino per fare sport. Cerco anche di pregare al mattino, ma la mia mancanza di diligenza quel giorno avrebbe potuto essere più terribile per lo sportivo impegnato che per il cristiano medio, che sia o meno nella Opus.
Ancora una volta, questa istituzione della Chiesa viene tema del dessert.
E non dico che non ci sia chi si è sentito abbandonato, ferito (e non senza ragione) all'interno dell'Opera, o dei Carmelitani o dei Camaldusi.
Il peccato è così terribile: le ferite che lascia - in se stessi e negli altri - sono incontrollabili. Come dice Papa Francesco: "Il peccato taglia sempre, separa, divide". Le persone che abbiamo trattato o giudicato male nel corso della nostra vita, intenzionalmente o meno, spesso non riescono a guarire le loro ferite, e per questo dobbiamo sempre chiedere perdono. A loro, se ne abbiamo la possibilità, ma soprattutto e sempre a Dio.
Conosco molte persone dell'Opus Dei che vivono ogni giorno felici e contente. Celibi e non celibi. Che si mortificano (sì, perché questo è il patrimonio comune della Chiesa) e che sbagliano. Tra quelli che conosco nell'Opus Dei, ce ne sono alcuni che mi sono sinceramente antipatici - perché dovrei negarlo - e ce ne sono molti altri che posso annoverare tra i miei amici più fedeli.
Conosco anche molte persone che hanno lasciato l'Opus e hanno lasciato l'istituzione con calma e tranquillità. Altre non l'hanno fatto.
Altre persone, che pure amo, sono rimaste ferite perché sono mancate le spiegazioni e la comprensione; perché non avevano davvero una vocazione e alcuni non hanno capito che la dedizione è sempre a Dio e non alle proprie opere, come diceva il cardinale Van Thuan; perché si viveva in modo diverso e la sensibilità di alcuni e - a volte - il rigorismo di altri si scontravano..., per mille motivi. Perché ci sono sempre ragioni: per perseverare, e per rinunciare.
E ho visto, in molti di coloro che hanno lasciato l'Opera e in coloro che ne vivono quotidianamente lo spirito, una postura di dialogo, di guarigione, di riparazione se necessario, che ha messo in ordine molte idee e guarito ferite nei loro cuori. Non poche di queste persone sono addirittura tornate a vivere la loro vita cristiana seguendo gli insegnamenti di San Josemaría Escrivá.
Sono molti, più di quelli che se ne sono andati, quelli che oggi hanno avuto anche il loro minuto eroico vivere lo spirito del Opus Dei. Altri, come me, hanno spento la sveglia e si sono rigirati nel letto... e non è successo nulla.
Direttore di Omnes. Laureata in Comunicazione, ha più di 15 anni di esperienza nella comunicazione ecclesiale. Ha collaborato con media come COPE e RNE.