Con lo slogan "Venite e vedrete" (Gv 1,46). Comunicare incontrando le persone dove sono e come sono"., Papa Francesco incoraggia a "mettersi in cammino, andare a vedere, stare con le persone, ascoltarle". L'invito ad "andare e vedere" è un suggerimento per ogni forma di "espressione comunicativa", dice il Santo Padre, ed "è il modo in cui la fede cristiana è stata comunicata, a partire dai primi incontri sulle rive del fiume Giordano e del lago di Galilea".
"È così che inizia la fede cristiana. E si comunica in questo modo: come conoscenza diretta, nata dall'esperienza, non dal sentito dire", sottolinea il Messaggio. "Il "vieni e vedi" è il metodo più semplice per conoscere una realtà. È la verifica più onesta di ogni annuncio, perché per conoscere è necessario incontrare, lasciare che colui che ho davanti mi parli, che la sua testimonianza mi raggiunga".
Il Messaggio papale si rifà poi a uno dei sermoni di Sant'Agostino, quando dice: "Nelle nostre mani ci sono i libri, nei nostri occhi le opere". "Il Vangelo si ripete oggi", continua il Vicario di Cristo, "ogni volta che riceviamo la limpida testimonianza di persone la cui vita è stata cambiata dall'incontro con Gesù. Da più di duemila anni una catena di incontri comunica il fascino dell'avventura cristiana. La sfida che ci attende, quindi, è quella di comunicare incontrando le persone dove sono e come sono".
Testimoni della verità
"Anche il giornalismo, in quanto racconto della realtà, richiede la capacità di andare dove nessuno va: un movimento e un desiderio di vedere. Una curiosità, un'apertura, una passione", dice Francisco, secondo cui il web, con le sue innumerevoli espressioni sociali, "può moltiplicare la capacità di raccontare e condividere", ma riconosce "i rischi di una comunicazione sociale priva di controlli" e "facile da manipolare".
Per questo, il Papa chiede "una maggiore capacità di discernimento e un più maturo senso di responsabilità", perché "siamo tutti responsabili della comunicazione che facciamo, delle informazioni che diamo, del controllo che insieme possiamo esercitare sulle notizie false, smascherandole". Siamo tutti chiamati a essere testimoni della verità: ad andare, a vedere e a condividere".
Storie positive
Personalmente, vorrei fare un passo avanti in questa direzione, da una prospettiva professionale e cristiana, tenendo conto degli eventi, dei seminari che si svolgono in queste settimane e delle letture personali.
Il Papa si riferisce alle immense e concrete possibilità della tecnologia digitale. "Potenzialmente tutti noi possiamo diventare testimoni di eventi che i media tradizionali altrimenti trascurerebbero, dare il nostro contributo civile, far emergere più storie, anche positive. Grazie al web abbiamo la possibilità di raccontare ciò che vediamo, ciò che accade davanti ai nostri occhi, di condividere testimonianze".
È proprio vero che "nella comunicazione, nulla può sostituire completamente il fatto di vedere di persona". Alcune cose si imparano solo con l'esperienza", avverte il Messaggio; ma non è meno vero, a mio modesto parere, che nella trasmissione della fede, come nella trasmissione di informazioni o notizie di attualità, è necessario un fattore chiave: la fiducia. Fiducia nella persona o nelle persone che trasmettono.
La fiducia è fondamentale
La maggior parte delle redazioni giornalistiche è composta da persone che cercano informazioni e sono a diretto contatto con le persone - si potrebbero definire testimoni oculari - e da altri professionisti che le analizzano e le trasmettono. Sono tutti necessari. E la fiducia, la fiducia reciproca, è di estrema importanza.
Confidiamo che questi giornalisti dicano la verità, anche fino a dare la vita, come nel caso dei giornalisti David Beriáin e Roberto Fraile, uccisi pochi giorni fa in Burkina Faso nell'esercizio della loro professione, e ai quali i vescovi spagnoli hanno detto nella loro dichiarazione: "Confidiamo che dicano la verità". Messaggio di questi giorni "il nostro riconoscimento, i nostri ringraziamenti e le nostre preghiere". Hanno dato la loro vita per la nostra libertà".
La fiducia a cui ci riferiamo si riferisce ovviamente a quella che Natanaele ebbe con Filippo quando quest'ultimo gli disse: "Vieni e vedi" ["Natanaele va e vede, e da quel momento la sua vita cambia", scrive Papa Francesco]. Ma anche a quella dei giornalisti e dei comunicatori nel modo in cui lavorano e valorizzano le informazioni; a quella delle persone nel loro lavoro, nelle loro relazioni familiari e sociali; o a quella delle stesse persone quando interagiscono sui social network o ascoltano i messaggi delle istituzioni o dei politici. O alla credibilità delle stesse istituzioni, o persone, quando emettono i loro messaggi. E il deterioramento è preoccupante. Ci fidiamo sempre meno, come stiamo vedendo in questi tempi di pandemia con la vaccinazione, ma non solo in questo aspetto.
È importante rivitalizzare la fiducia, in particolare nei testimoni, nei testimoni diretti di cui abbiamo parlato prima, e nei testimoni indiretti, nelle istituzioni, nelle persone. Il Congresso "Ispirare fiducia (Inspiring Trust), organizzato dall'Università di Santa Croce a Roma, parla proprio di questo, in un momento in cui la sfiducia e il sospetto colpiscono tutti, anche la Chiesa.
Tutti possiamo essere influencer
Nella trasmissione della fede, poiché "tutti siamo chiamati ad essere testimoni della verità", come sottolinea il Papa, potrebbe essere utile ricordare quanto affermato da San Paolo VI in Evangelii NuntiandiL'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri". Mariano Fazio, vicario ausiliare dell'Opus Dei, che è stato il primo decano della Facoltà di Comunicazione Sociale Istituzionale della suddetta università pontificia.
Nel capitolo intitolato "Essere un influencer" del suo libro "Trasformare il mondo dall'interno" (Palabra), Mons. Fazio scrive: "Molti diranno: ma io non ho né le capacità, né i mezzi, né le opportunità per occupare una posizione influente nella società. Ma chi la pensa così si sbaglia: tutti noi possiamo essere influenti nella sfera in cui svolgiamo le nostre attività quotidiane".
Un aneddoto di Newman
L'autore racconta che nel 1850 John Henry Newman, ora canonizzato, organizzò delle conferenze per i cattolici di Birmingham. Li ha esortati "a essere veramente cattolici, a professare la loro fede senza paura, a formarsi dottrinalmente". "Newman non si preoccupava tanto di ciò che poteva dire il Times o di ciò che veniva detto nelle aule del Parlamento", dice il vescovo Fazio, "ma di quella che lui chiamava "opinione locale", cioè di ciò che gli anglicani nei quartieri delle città e dei villaggi pensavano dei loro vicini cattolici. Ed esortava questi ultimi ad avere prestigio ovunque vivessero. Il macellaio, il fornaio, il parrucchiere, il giornalaio o il fruttivendolo anglicano cambiava idea [la Santa Sede aveva ristabilito la gerarchia cattolica in Inghilterra ed era nata la controversia], quando vedeva quanto erano bravi i cattolici inglesi.
Parleremo dei segni della fiducia, o di come si ispira la fiducia, che includono l'integrità o la coerenza; la competenza o la capacità professionale; e la benevolenza (desiderare il bene dell'altro o degli altri), temi citati dal professor Juan Narbona nel già citato webinar "Ispirare la fiducia" di Roma, e di cui parleremo un altro giorno.
Nota a piè di pagina A chi scrive, che non è nessuno, preoccupa il fatto che i leggii delle chiese della sua città, con onorevoli eccezioni, raramente citino i messaggi del Papa, né quelli dei vescovi, se non per qualche testo ufficiale sulla capienza delle chiese, ad esempio.
Giornalista e scrittore. Laureato in Scienze dell'Informazione presso l'Università di Navarra. Ha diretto e collaborato a media specializzati in economia, politica, società e religione. È il vincitore del premio giornalistico Ángel Herrera Oria 2020.