Paura ambientale

Negli ultimi tempi sono state molte le voci che hanno lanciato l'allarme sull'emergenza climatica. Tuttavia, a volte ci sono due pesi e due misure e non si riesce a dare l'esempio.

15 giugno 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

C'è ancora chi pensa che il messaggio evangelico si basi sul discorso della paura: "Credete o sarete condannati". Francamente, non credo che la paura produca conversioni sincere. Semmai, un doppio standard. È quello che sta accadendo oggi con certi discorsi ecologici.

Solo pochi giorni fa mi ha sorpreso la notizia del lancio di un videogioco di successo il cui messaggio principale è che "siamo la grande minaccia per la natura". Sicuramente l'intenzione dei creatori del gioco è la migliore, cercare di sensibilizzare le nuove generazioni sull'importanza di prendersi cura del creato. Un appello a cui la Chiesa si è unita da decenni, tra l'altro, con il magistero sociale degli ultimi papi e, più estesamente, di recente, con l'enciclica Laudato Si' di Francesco. Tuttavia, mi preoccupa il fatto che la cura del pianeta venga presentata ai giovani come una lotta contro l'essere umano, una sorta di mostro da sterminare. Dicendo che siamo la grande minaccia per la natura, lasciamo fuori l'umanità, come se noi uomini e donne non fossimo, in realtà, gli esseri più meravigliosi che siano mai esistiti sulla faccia della terra, l'opera più bella, improbabile e incredibile che la polvere di stelle di cui siamo fatti abbia mai prodotto. Capaci, sì, del male, ma infinitamente di più del bene.

Proteggere la natura significherebbe salvaguardare innanzitutto il suo valore più grande: l'essere umano. Oggi, però, la specie umana vale meno di molte altre. I governi sovvenzionano programmi e pratiche di conservazione di animali e piante a scapito delle vite umane (proprio nelle loro fasi più fragili). Si promuove il sentimento di solidarietà verso gli animali domestici abbandonati e si tace, se non si incolpa, l'incuria sociale di milioni di persone che vivono in condizioni subumane.

Ma non conosco nessun cristiano che sia arrivato alla fede fuggendo dal nulla, ma attratto da un messaggio, sedotto da una verità che vede confermata nel suo cuore, innamorato di una Persona: Gesù Cristo. Come ci ricorda il saggio Benedetto XVI in Deus Caritas EstÈ l'evangelista Giovanni che "ci offre, per così dire, una formulazione sintetica dell'esistenza cristiana: 'Abbiamo conosciuto l'amore che Dio ha per noi e abbiamo creduto in lui'". Pochi versetti dopo, il testo ci ricorda che "nell'amore non c'è timore, ma l'amore perfetto scaccia il timore, perché il timore ha a che fare con la pena; chi teme non ha raggiunto la pienezza dell'amore".

Chi si dice cristiano solo per paura del castigo non ha scoperto la grandezza dell'amore. I più cercheranno di "essere buoni" in un esercizio di volontarismo ben lontano dalla risposta disinteressata alla grazia a cui il Signore ci invita. Il minore cercherà di salvare le apparenze con una doppia vita, limitandosi a mantenere pulito ciò che vede la suocera, come se Dio non potesse conoscere ciò che nascondiamo sotto il tappeto.

Ai profeti di calamità che usano la "paura ambientale" contro gli esseri umani, vorrei invitare a vedere che l'emergenza climatica non sparirà, non importa quanto ci flagelleremo giocando ai videogiochi. Un settore, tra l'altro, considerato uno dei principali responsabili del riscaldamento globale, in quanto il suo elevato consumo di energia provoca massicce emissioni di CO2 nell'atmosfera. Solo negli Stati Uniti, l'energia consumata dai videogiochi equivale alle emissioni di 5 milioni di automobili. Due pesi e due misure, in altre parole.

Come rispondere allora alla "sfida urgente di proteggere la nostra casa comune" che ci chiede di Laudato Si'? Ebbene, non tanto con minacce apocalittiche o discorsi contro l'uomo, ma a favore dell'uomo; promuovendo non una fuga sfrenata e non solidale, ma una vera e propria "conversione ecologica", come ci ha chiesto Giovanni Paolo II. Una conversione per attrazione che consiste nell'innamorarsi sempre più degli esseri umani, soprattutto dei più deboli, portandoci a un'ecologia non farisaica ma integrale. Ci prendiamo cura del pianeta perché vogliamo prenderci cura della vita dei nostri fratelli e sorelle di questa e delle future generazioni.

Vale la pena ricordare le parole di Giovanni XXIII nel suo discorso di apertura del Concilio Vaticano II quando, di fronte a coloro "che sono sempre pronti ad annunciare eventi infelici, come se la fine dei tempi fosse imminente", lanciava un messaggio di speranza, ricordando l'azione della Provvidenza che agisce "al di sopra delle stesse intenzioni degli uomini", una realtà che scopriamo "quando consideriamo attentamente il mondo moderno, così occupato dalla politica e dalle dispute economiche da non trovare più il tempo per occuparsi delle questioni di ordine spirituale".

Siamo polvere di stelle, sì, ma siamo spirituali.

L'autoreAntonio Moreno

Giornalista. Laurea in Scienze della Comunicazione e laurea in Scienze Religiose. Lavora nella Delegazione diocesana dei media di Malaga. I suoi numerosi "thread" su Twitter sulla fede e sulla vita quotidiana sono molto popolari.

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