In prigione per aver difeso la vita

Di fronte alla proposta di legge di schermare le cliniche abortive e di vietare, con pene detentive, la presenza di gruppi di soccorritori nelle loro vicinanze, nessuno dovrebbe rimanere indifferente.

28 settembre 2021-Tempo di lettura: 2 minuti
nessun aborto

La realtà dell'aborto è una piaga morale per la nostra società. La legalizzazione dell'eliminazione di una vita umana è una di quelle barriere che abbiamo superato e che ha, a mio avviso, conseguenze imprevedibili. Per quanto si cambi il nome (interruzione volontaria di gravidanza), per quanto si giustifichi (progresso, libertà, emancipazione della donna....), la realtà ostinata e inappellabile è che l'aborto pone fine alla vita di un essere umano nel grembo della propria madre.

Non è raro, quindi, che nel cuore della donna che sta per abortire sorga un conflitto interiore, una lotta di coscienza, quando entra nel vortice della decisione di abortire o di portare avanti la vita che sente di avere nel suo essere.

La voce potente della maggioranza dei media, delle campagne governative, persino di molti loro amici e parenti, dirige i loro passi in un'unica direzione, quella che segna il pensiero unico. E, per inciso, attorno a cui ruota il business multimilionario delle cliniche abortive. In effetti, pochissime voci si levano per dire a questa donna che ci sono altre strade, che porre fine alla vita di questo bambino non è la soluzione. La voce dei soccorritori che pregano davanti alle cliniche abortive è una di quelle voci deboli che la donna che sta per abortire può sentire in extremis, appena prima di compiere l'ultimo passo irreversibile.

Una voce che vuole essere spenta, che ora rischia di essere imprigionata.

Ci rendiamo conto di quanto stiamo diventando totalitari? In questo, come in altri casi, non è consentito aiutare chi sta attraversando un momento difficile e vuole e ha bisogno di tale sostegno. Chiunque fornisca un aiuto di questo tipo è minacciato di essere imprigionato, semplicemente perché va contro questo nuovo ordine morale che propone una serie di nuovi diritti umani, tra cui il diritto all'aborto.

Non possiamo semplicemente rimanere in silenzio. Dobbiamo parlare e sostenere coloro che continuano a lottare per salvare le vite di questi bambini e di queste madri fino all'ultimo momento, alle porte delle cliniche abortive.

La loro presenza salva le vite. Molti. È coraggio e consapevolezza. È sostegno e rispetto per le madri. Ed è molto, molto importante. Infatti, se così non fosse, dubito che il governo nazionale e l'intero impero economico delle cliniche abortiste avrebbero promosso una legge come questa.

Il silenzio non è una risposta valida né neutrale.

L'autoreJavier Segura

Delegato all'insegnamento nella diocesi di Getafe dall'anno accademico 2010-2011, ha precedentemente svolto questo servizio nell'arcivescovado di Pamplona e Tudela per sette anni (2003-2009). Attualmente combina questo lavoro con la sua dedizione alla pastorale giovanile, dirigendo l'Associazione Pubblica dei Fedeli "Milicia de Santa María" e l'associazione educativa "VEN Y VERÁS". EDUCACIÓN", di cui è presidente.

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