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Carisma e gerarchia nell'Opus Dei, due dimensioni della stessa realtà. Il rapporto tra i doni dello Spirito Santo nella Chiesa

Nella Chiesa, la dimensione gerarchica e quella carismatica sono inseparabili e si completano a vicenda. Questo è vero anche nel caso dell'Opus Dei. Il recente motu proprio Ad charisma tuendumcon cui Papa Francesco vuole promuovere la missione che l'Opus Dei svolge nella Chiesa, lo chiarisce ancora una volta. L'autore, noto canonista, commenta questo aspetto.

Luis Felipe Navarro-12 settembre 2022-Tempo di lettura: 6 minuti
opus dei

Testo originale dell'articolo in spagnolo qui

La dimensione istituzionale e quella carismatica sono due dimensioni che possono essere distinte, senza confonderle. Allo stesso tempo, essi sono necessari per la vita della Chiesa e complementari l'uno all'altro.

Non esiste una Chiesa che non sia gerarchica, fondata sugli Apostoli e governata dai loro successori, e che non sia allo stesso tempo carismatica. Non esiste una Chiesa gerarchica e una Chiesa "del popolo".

Non esiste nemmeno una Chiesa che sia solo gerarchica senza essere allo stesso tempo carismatica.

In effetti, i carismi donati dallo Spirito Santo sono una realtà nella Chiesa fin dalla sua fondazione. Basta leggere le lettere di San Paolo per capire che esiste una grande varietà di doni dello Spirito, per l'utilità e il bene della Chiesa; alcuni sono dell'autorità, altri dei fedeli (come si può vedere, ad esempio, in 1 Cor 12,28 e 1 Cor 14,27-28).

I doni che i battezzati ricevevano nella comunità cristiana erano in ogni caso doni molto diversi per entità e contenuto. Ma non erano per un beneficio individuale, bensì per il bene della comunità. Pertanto, il loro esercizio deve essere ordinato, perché serve a costruire, non a demolire.

Prendendo atto di questa realtà, il Concilio Vaticano II ha sottolineato che lo Spirito Santo fornisce e governa la Chiesa con doni sia gerarchici che carismatici. Come la Costituzione Lumen Gentium, n. 4, sottolinea che "lo Spirito Santo... guida la Chiesa in tutta la verità (cfr. Gv 16,13), la unifica nella comunione e nel ministero, la fornisce e la governa con vari doni gerarchici e carismatici e la abbellisce con i suoi frutti (cfr. Ef 4,11-12; 1 Cor 12,4; Gal 5,22)".

La dimensione gerarchica e carismatica negli ultimi Pontefici romani

Questa presenza dello Spirito Santo è stata particolarmente apprezzata dagli ultimi Pontefici romani. Un chiaro contributo di San Giovanni Paolo II è stato quello di sottolineare, riferendosi alla presenza di nuovi gruppi dotati di una notevole spinta carismatica ed evangelizzatrice, che i doni dello Spirito sono essenziali per la Chiesa.

Così, ha detto: "In diverse occasioni ho sottolineato che non c'è alcun contrasto o opposizione nella Chiesa tra la dimensione istituzionale e il dimensione carismaticadi cui i movimenti sono un'espressione significativa. Entrambi sono ugualmente essenziali alla costituzione divina della Chiesa fondata da Gesù, perché contribuiscono a rendere presente il mistero di Cristo e la sua opera di salvezza nel mondo" (Messaggio ai partecipanti al Congresso Mondiale dei Movimenti Ecclesiali, 27 maggio 1998, n. 5). Se sono coessenziali, significa che appartengono alla natura e all'essere della Chiesa.

Papa Benedetto XVI, da parte sua, ha specificato come le due dimensioni si combinino e si relazionino tra loro: "Nella Chiesa anche le istituzioni essenziali sono carismatiche e, d'altra parte, i carismi devono essere istituzionalizzati in un modo o nell'altro per avere coerenza e continuità. Così entrambe le dimensioni, suscitate dallo stesso Spirito Santo per lo stesso Corpo di Cristo, concorrono insieme a rendere presente il mistero e l'opera salvifica di Cristo nel mondo" (Discorso alla Fraternità di Comunione e Liberazione in occasione del 25° anniversario del suo riconoscimento pontificio, 24 marzo 2007).

Sono due dimensioni che si intrecciano, che si completano, che sono sempre presenti con maggiore o minore intensità. Come non ricordare che il carisma dell'infallibilità è unito alla figura del Romano Pontefice; che colui che è successore degli Apostoli riceve i doni dello Spirito per governare e guidare la Chiesa, e che tra questi doni c'è il discernimento sull'autenticità dei carismi - come ha sottolineato la Congregazione per la Dottrina della Fede al n. 8 della Lettera Iuvenescit Ecclesia del 15 maggio 2016: "lo stesso Spirito dona alla gerarchia della Chiesa la capacità di discernere i carismi autentici, di accoglierli con gioia e gratitudine, di promuoverli con generosità e di accompagnarli con paterna vigilanza"; è un dono ricevuto per il bene dell'intero Popolo di Dio.

Anche Papa Francesco ha evidenziato l'armonia tra le due dimensioni: "Camminare insieme nella Chiesa, guidati dai Pastori, che hanno un carisma e un ministero speciale, è un segno dell'azione dello Spirito Santo; l'ecclesialità è una caratteristica fondamentale per i cristiani, per ogni comunità, per ogni movimento" (omelia della Veglia di Pentecoste con i movimenti ecclesiali, 19 maggio 2013). E ha sottolineato come i carismi nascano e fioriscano nelle comunità cristiane: "È all'interno della comunità che germogliano e fioriscono i doni di cui il Padre ci ricolma; ed è all'interno della comunità che impariamo a riconoscerli come segno del suo amore per tutti i suoi figli". Sono sempre ecclesiali e sono al servizio della Chiesa e dei suoi membri.

Nella lettera del 2016 Iuvenescit Ecclesiala Congregazione per la Dottrina della Fede afferma: "In definitiva, è possibile riconoscere una convergenza del Magistero ecclesiale recente sulla coessenzialità tra doni gerarchici e carismatici. La loro opposizione, così come la loro giustapposizione, sarebbe segno di una comprensione errata o insufficiente dell'azione dello Spirito Santo nella vita e nella missione della Chiesa".

Complementarietà tra gerarchia e carisma: il caso dell'Opus Dei

Nel recente motu proprio Ad charisma tuendum del 22 luglio 2022, Papa Francesco ha sottolineato ancora una volta la complementarietà dei doni gerarchici e carismatici. Infatti, la prelatura dell'Opus Dei è stata costituita da Giovanni Paolo II con la Costituzione Apostolica Ut sitper realizzare una finalità propria di queste entità gerarchiche: la realizzazione di particolari opere pastorali (l'altra finalità è quella di contribuire alla distribuzione del clero: decreto Presbyterorum ordinisn. 10; Codice di Diritto Canonico, c. 294).

Come ricorda Papa Francesco nell'Introduzione al motu proprio, l'Opus Dei ha un compito particolare nella missione evangelizzatrice della Chiesa: vivere e diffondere il dono dello Spirito ricevuto da San Josemaría, che non è altro che diffondere la chiamata alla santità nel mondo, attraverso la santificazione del lavoro e dei compiti familiari e sociali del cristiano.

Per raggiungere questo obiettivo di diffondere la chiamata universale alla santità - che non è un compito esclusivo dell'Opus Dei ma appartiene a tutta la Chiesa (cfr. Lumen gentium, n. 11, e Francesco, Enciclica Exsultate et gaudete(19 marzo 2018) - la gerarchia ha creato una prelatura, per presentare un modello reale e pratico di vivere questa santità in mezzo al mondo.

Infatti, il cammino aperto dallo Spirito Santo il 2 ottobre 1928, data di fondazione dell'Opus Dei, ha portato frutti di santità tra una grande varietà di fedeli: uomini e donne, sposati e celibi, laici e clericali. Infatti, alcuni tra i fedeli dell'Opera hanno raggiunto la gloria degli altari: San Josemaría, il Beato Álvaro del Portillo e la Beata Guadalupe Ortiz de Landázuri. L'Opus Dei è, infatti, un esempio possibile e reale di santità nel mondo.

A sua volta, la Santa Sede ha compiuto un discernimento sul carisma dell'Opus Dei, dando la sua approvazione in vari momenti della sua storia (cfr. A. de Fuenmayor, V. Gómez-Iglesias, J. L. Illanes, Il cammino canonico dell'Opus Dei, Scettro 1994), e nel 1982 ha concluso che doveva configurarsi come prelatura personale, configurazione che è stata confermata da Papa Francesco nel motu proprio (che allo stesso tempo modifica alcuni articoli della Costituzione Apostolica Ut sitnei punti in cui si specifica il rapporto con la Santa Sede: articoli 5 e 6).

Due dimensioni nella stessa realtà

È normale che, di fronte a doni carismatici e gerarchici, si tenda a pensare che i depositari degli uni o degli altri siano persone diverse.

In questo caso, troviamo un'entità che è gerarchica (la sua guida è un prelato, che agisce con la necessaria collaborazione di un presbiterio e di fedeli laici come membri: cfr. cc. 294 e 296, e Giovanni Paolo II, Ut sitarticoli 3 e 4), e allo stesso tempo carismatico: deve vivere e diffondere questo carisma. Tutti i suoi membri hanno ricevuto la chiamata di Dio a essere santi, incarnando lo spirito che Dio ha dato al fondatore dell'Opera.

È quindi un esempio di entità in cui la complementarità tra doni gerarchici e carismatici è palpabile nella stessa realtà. Ogni realtà carismatica ha un rapporto con la funzione della gerarchia. In questo caso, oltre al normale rapporto con l'autorità, che ha decretato l'autenticità del carisma e che accompagna sempre questo carisma vivo che ha i suoi sviluppi nella storia, si aggiungono alcuni aspetti peculiari, come quello che ho appena indicato: una prelatura con un pastore, con un presbiterio e con dei laici destinati a diffondere un carisma al servizio del popolo di Dio.

L'autoreLuis Felipe Navarro

Rettore della Pontificia Università della Santa Croce, professore di diritto della persona, consulente del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita.

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