Vaticano

La riforma del Codice di diritto canonico in materia di abusi sessuali

Nelle ultime settimane i media hanno dato eco alla riforma trascendentale del diritto penale canonico che costituisce il Libro VI del Codice di Diritto Canonico e che Papa Francesco ha promulgato attraverso la Costituzione Apostolica della Santa Sede. Pascite Gregem DeiChe impatto ha sull'area degli abusi sessuali?

Mónica Montero Casillas-5 luglio 2021-Tempo di lettura: 6 minuti
papa cardinali

La nuova riforma entrerà in vigore l'8 dicembre 2021, festa dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. Per coincidenza o meno, la data coincide con il giorno in cui è entrata in vigore un'altra importante riforma portata avanti da Papa Francesco sulla dichiarazione di nullità del matrimonio.

A parte questo aspetto aneddotico, molti media, nel riferire di questa riforma, l'hanno definita come una riforma che servirà a "combattere gli abusi sessuali" o attraverso la quale "il Papa inasprisce le pene per gli abusi sui minori". È vero che la riforma prevede una serie di novità in questo settore, anche se non è l'unico oggetto della riforma.

La riforma incide profondamente sul modo in cui è stato considerato e applicato il diritto penale canonico, sulla determinazione delle pene, sul ripristino della domanda di giustizia, sull'emenda del reo e sulla riparazione dello scandalo e del danno causato attraverso la natura riparatoria della pena.

Il contesto

Il Codice di diritto canonico è stato redatto nel contesto del Concilio Vaticano II e sono sorte diverse controversie in ambito penale. In primo luogo, se la stessa idiosincrasia della Chiesa rendesse consigliabile l'istituzione di una legge punitiva. Una volta risolta positivamente questa questione, era necessario determinare quale condotta dovesse essere considerata un crimine e come dovesse essere punita. Il momento storico che si stava vivendo ha fatto sì che la determinazione della pena nel Codice di Diritto Canonico assumesse non di rado la forma della formula "deve essere punito con una pena giusta". Coloro che avevano il potere di punire, conoscendo i fatti e il colpevole, potevano imporre una pena appropriata che avrebbe efficacemente reindirizzato la sua condotta. Tuttavia, le misure adottate non si sono rivelate adeguate e si sono cercate altre soluzioni a causa della difficoltà di applicare il diritto penale canonico stesso.

Gli scandali emersi in varie Chiese particolari riguardo agli abusi sessuali hanno messo in evidenza il dolore e il danno causato alle vittime e alla Chiesa stessa come popolo di Dio, nonché la necessità per i Pastori di agire diligentemente in queste situazioni: non solo sanzionandole, ma anche prevenendole, evitando che si ripetano in futuro e offrendo una risposta veramente pluralistica, poiché non si tratta solo di applicare una sanzione al colpevole, ma anche di promuovere la guarigione della vittima.

In queste circostanze, era necessario anticipare una risposta alla promulgazione e all'entrata in vigore di questa riforma, in modo da facilitare, completare e adattare l'applicazione delle misure e dei processi regolati nel Codice di Diritto Canonico. Allo stesso tempo, doveva rispondere adeguatamente alla Chiesa universale, che è una società pluralista con esigenze specifiche e che rifiuta categoricamente queste azioni.

Misure adottate

Papa Giovanni Paolo II, il 30 aprile 2001, ha promulgato il Motu Proprio Sacramentorum Sanctitatis Tutela, stabilendo alcuni reati che, per la loro gravità, dovevano essere perseguiti attraverso la Congregazione per la Dottrina della Fede. Tra questi, il reato di sollecitazione contro il sesto comandamento commesso da un sacerdote durante la confessione o in occasione o con il pretesto della confessione.

A causa dei molteplici casi venuti alla luce attraverso i media negli Stati Uniti o in Irlanda, che hanno causato grande dolore alla comunità cristiana e la cui complessità era già allo studio della Congregazione per la Dottrina della Fede, Papa Benedetto XVI, il 21 maggio 2010, inclusi in questo Motu Proprio il reato di acquisizione, detenzione e diffusione da parte di un ecclesiastico, a scopo libidinoso, in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo, di immagini pornografiche di minori di 14 anni, equiparando il minore a una persona adulta che ordinariamente avrebbe un uso imperfetto della ragione nei reati contro la morale.

Papa Francesco, il 4 ottobre 2019, ha esteso a 18 anni l'età di perseguibilità di questi reati da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede quando la vittima è minorenne, e ha ridefinito come reato l'acquisizione o il possesso o la divulgazione, a scopo libidinoso, di immagini pornografiche di minori di diciotto anni da parte di un chierico, in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo. Queste misure sono state integrate dalla promulgazione, il 16 luglio 2020, di un vademecum su alcune questioni procedurali nei casi di abuso sessuale di minori da parte di chierici perseguiti dalla Congregazione.

Nell'attuale pontificato

Fin dall'inizio del suo pontificato, Papa Francesco, come i suoi predecessori, ha cercato di rispondere agli abusi sessuali con tolleranza zero, sottolineando la necessità e l'importanza di ascoltare le vittime e di riparare i danni fisici, psicologici e spirituali causati, stabilendo raccomandazioni alle Conferenze episcopali, rendendo operativa la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, adottando disposizioni normative applicabili a tutta la Chiesa e ribadendo l'obbligo di applicare il diritto penale canonico attraverso l'esercizio della potestà propria dei pastori e dalla sfera di responsabilità che essi acquisiscono nei confronti della Chiesa, adottando disposizioni normative applicabili a tutta la Chiesa e ribadendo l'obbligo di applicare la legge penale canonica attraverso l'esercizio della potestà propria dei pastori e dall'ambito della responsabilità che essi acquisiscono nei confronti della Chiesa particolare loro affidata per la cura delle anime, affinché tali situazioni non si ripetano in futuro.

Nella stessa ottica, Papa Francesco ha promulgato, il 7 maggio 2019, la Motu Proprio Vox Estis Lux Mundile cui norme sono approvate "ad experimentum per un periodo di tre anni". Questo Motu Proprio si distingue per aver stabilito un nuovo elenco di crimini di abuso sessuale quando l'autore è un chierico o un membro di un Istituto di vita consacrata o di una Società di vita apostolica. Inoltre, stabilisce come reati le azioni commesse nei confronti di adulti, minori o persone vulnerabili: costringere qualcuno, con violenza o minaccia o con abuso di autorità, a compiere o subire atti sessuali; compiere atti sessuali con un minore o una persona vulnerabile; produrre, esibire, possedere o distribuire, anche per via telematica, materiale pedopornografico, nonché confinare o indurre un minore o una persona vulnerabile a partecipare a esibizioni pornografiche.

Sviluppi nella riforma del Codice

La riforma del Libro IV, specificando le pene da comminare e riprendendo le misure già adottate, incorpora questi reati con alcune modifiche nella formulazione, principalmente nel Titolo VI, "Delitti contro la vita, la dignità e la libertà dell'uomo", che sottolinea la volontà di proteggere le vittime e di riconoscere la violazione della loro dignità e libertà quando è stato commesso un abuso, anche se alcuni reati sono ancora inclusi nel Titolo V, "Delitti contro obblighi speciali", quando l'autore è un ecclesiastico.

Non si parla espressamente di "adulti vulnerabili". La loro protezione è stabilita indirettamente, attraverso "una torsione", come ha indicato Mons. Arrieta, l'artefice della riforma, quando si fa riferimento all'uso imperfetto della ragione o quando la legge riconosce l'uguaglianza di protezione, a causa delle discrepanze sorte nella dottrina riguardo alla sua interpretazione.

D'altra parte, sebbene nel Motu Proprio Vos Estis Lux Mundi siano considerate reato le azioni o le omissioni volte a interferire o a eludere le indagini civili o canoniche dell'autorità, il nuovo Libro VI disciplina come reato l'omissione di comunicazione della notizia di reato in ambito canonico, che non impedisce la collaborazione con l'autorità civile come specificato nel Vademecum stesso.

Il nuovo Libro VI regola l'inclusione dei fedeli laici come autori di un reato di abuso quando godono di una dignità o esercitano un ufficio o una funzione nella Chiesa in due situazioni: quando commettono un reato contro il sesto comandamento e la vittima è un minore o una persona con uso imperfetto della ragione o a cui la legge riconosce una tutela paritaria, e quando esercitando violenza, minaccia o abuso di autorità commettono un reato contro il sesto comandamento o costringono qualcuno a compiere o subire atti sessuali.

Allo stesso modo, per ristabilire la giustizia, è espressamente stabilito che il giudice o l'autorità, durante il processo, deve garantire il diritto alla difesa, la presunzione di innocenza e la dignità del presunto colpevole e della vittima.

Inoltre, deve garantire la celerità dei procedimenti, evitando la prescrizione dei reati durante la loro trattazione, deve comminare una sanzione adeguata tenendo conto delle circostanze attenuanti e aggravanti, come l'ubriachezza o altri turbamenti dell'animo ricercati per commettere il reato, e deve stabilire la riparazione del danno e dello scandalo in virtù della natura riparatoria della pena, e deve eseguire debitamente la sentenza.

Equilibrio

Così, la riforma del Libro VI del Codice di Diritto Canonico incide sull'area degli abusi sessuali inserendo una serie di novità e riprendendo le misure che, parallelamente al lavoro precedente alla riforma, dovevano essere adottate per evitare il ripetersi di queste condotte, per proteggere la vittima con dignità e rispetto offrendo l'aiuto e l'assistenza pastorale e psicologica necessari, per ottenere il perdono della comunità cristiana gravemente ferita e per facilitare l'applicazione del diritto penale canonico stabilito.

L'autoreMónica Montero Casillas

Avvocato

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