Cultura

Siria: Paradiso perduto (I)

La Siria è una delle nazioni più antiche del mondo, con una storia antica che è intrinsecamente legata alla storia della nostra fede.

Gerardo Ferrara-21 luglio 2022-Tempo di lettura: 7 minuti
Siria

Foto: Un bambino gioca con una palla a Douma, in Siria ©CNS photo/Bassam Khabieh, Reuters

La storia della nazione siriana ha molto a che fare con la storia della fede cristiana. In quella che oggi è la Siria, i fedeli di Cristo cominciarono ad essere conosciuti come i I cristianiLì ci sono ancora villaggi in cui si parla l'antica lingua di Gesù, l'aramaico, e fu in questa terra che avvenne la conversione di Saulo, San Paolo, che avrebbe diffuso il messaggio di Cristo nel mondo conosciuto.

L'anima del mondo

Siria

Spesso pensiamo all'Oriente, e per estensione a tutte le aree del mondo che sembrano "esotiche" o lontane per la nostra mentalità occidentale, come aliene. Povera gente", si sente dire a proposito delle guerre, delle lotte fratricide e delle persecuzioni che affliggono questi Paesi. Eppure, mai come oggi la Siria è un luogo che dovremmo considerare "casa", almeno come cristiani.

Perché? Innanzitutto perché qui, nell'antica Antiochia siriana, che oggi si trova anche in Turchia (sebbene geograficamente e culturalmente sia un territorio siriano), i fedeli di Cristo erano chiamati I cristianiperché Pietro fu il primo vescovo di Antiochia, prima di arrivare a Roma; perché, ancora, Paolo svoltò sulla via di Damasco e da lì partì per la sua missione evangelizzatrice (a Damasco si può ancora visitare la casa di Anania); perché in una città della Siria, Edessa, la Sindone di Torino (nota in questa zona come grembiule) rimase per più di un millennio, fino al 1204, quando la città fu saccheggiata durante la Quarta Croce; perché in una città siriana, Edessa, la Sindone (conosciuta in quest'area come grembiule) è rimasta per più di un millennio, fino al 1204, quando la città fu saccheggiata durante la Quarta Crociata; perché, infine, esistono ancora villaggi in cui si parla l'antica lingua di Gesù, l'aramaico, e alcune delle chiese più antiche del mondo.

Ci sono molte altre ragioni, ma non abbiamo il tempo di elencarle. Tuttavia, basti ricordare che furono proprio i cristiani di Siria, un tempo maggioranza nel Paese (e anche, per diversi secoli, dopo la conquista islamica), a contribuire a conservare i manoscritti siriaci (traduzioni di testi latini e greci) e a trasmetterli all'Occidente attraverso le loro traduzioni arabe.

Nel Lettera a Diognetoun breve trattato apologetico composto probabilmente alla fine del II secolo, parla dei cristiani e del loro ruolo nel mondo a partire da un luogo assegnato loro da Dio, un luogo da cui non possono uscire. Infatti, i cristiani "rappresentano nel mondo ciò che l'anima è nel corpo". L'anima si trova in tutte le membra del corpo; e anche i cristiani sono sparsi per le città del mondo. L'anima, dunque, abita nel corpo, ma non ne esce; e anche i cristiani abitano in questo mondo, ma non sono del mondo".

L'anima dà vita al corpo, così i cristiani hanno dato un'anima a questo mondo impazzito, e in questo caso non solo un'anima spirituale, ma anche culturale e civile.

Anche in Medio Oriente, un'area oggi conosciuta come il cuore dell'Islam piuttosto che del Cristianesimo, coloro che hanno contribuito a creare la civiltà islamica erano, paradossalmente, cristiani.

I cristiani, infatti, sono stati i letterati, i filosofi e gli scienziati che hanno codificato e dato una grammatica e un alfabeto alla lingua araba (insieme agli ebrei) e le basi alla cultura arabo-islamica (l'Islam era considerato da San Giovanni Damasceno nient'altro che un'eresia cristiana, fatto confermato da un gran numero di teologi e filosofi successivi, tra cui l'inglese Hilaire Belloc, molti secoli dopo, nel suo libro Le grandi eresie).

Una storia lunga e travagliata

La Siria ospita alcune delle più antiche città abitate del mondo (una di queste è Damasco, chiamata dai poeti arabi jannat ad-dunyah, "paradiso del mondo" e considerata, insieme a Gerico in Palestina, la più antica città ancora abitata del nostro pianeta) e civiltà.

Anche l'antenato della maggior parte degli alfabeti moderni ha avuto origine in Siria. Infatti, a Ugarit, città sulla costa siriana nei pressi di Lattakia, si sviluppò l'alfabeto ugaritico, un alfabeto in cui si utilizzavano ancora i caratteri cuneiformi di origine assiro-babilonese, ma che non avevano più un valore pittografico, come questo, bensì sillabico. Da questo sistema nacque l'alfabeto fenicio, poi rielaborato prima dai greci e poi dai romani.

Sede di diversi popoli semiti, tra cui gli Eblaiti, gli Ugariti, gli Amorrei e gli Aramei, con i rispettivi regni e città-stato, la Siria divenne una provincia romana nel 64 a.C..

Sotto i Romani, la sua capitale, Antiochia, divenne una delle città più grandi e fiorenti dell'Impero (raggiungendo una popolazione di circa 600.000 abitanti) e il centro del cristianesimo siriano, i cui principali esponenti furono San Pietro, primo vescovo di Antiochia, e San Tommaso. Egli, insieme a discepoli come Taddeo di Edessa e Mari (a cui è attribuita la paternità di una delle più antiche anafore eucaristiche del cristianesimo, l'Anafora di Addai e Mari) e a quelli successivi, è stato l'artefice dell'evangelizzazione di gran parte del Vicino e Medio Oriente (Siria, Libano, Iraq, Iran, persino India, dove sopravvivono le chiese siriache cattoliche di Syro-Malabar e Syro-Malankar, ma i missionari siriaci arrivarono fino alla Cina, attraverso la Via della Seta).

Nonostante la conquista islamica nel VII secolo (dal 651 Damasco divenne sede del califfato omayyade e la maestosa cattedrale, in cui sono ancora conservate le reliquie di San Giovanni Battista, fu parzialmente demolita e trasformata in moschea), avvenuta con il parziale consenso delle popolazioni cristiane, queste riuscirono a prosperare per secoli, nonostante le ovvie difficoltà.

Questo perché i cristiani preferivano sottomettersi a un elemento culturalmente più vicino al loro (gli arabi semiti) piuttosto che alla longa manus dell'imperatore bizantino, uno straniero che esigeva tributi sempre più esorbitanti. Il gizyah e il kharaj Le tasse islamiche (imposte di capitazione riservate a cristiani ed ebrei, considerati cittadini di seconda classe all'interno dello Stato musulmano e quindi soggetti a un regime speciale in termini di status personale e di diritti individuali e collettivi) erano considerate anche dai cristiani meno onerose di quelle bizantine.

Così, anche dopo le Crociate, le invasioni mongole e la definitiva sottomissione all'Impero Ottomano nel 1517, la Siria ha mantenuto una consistente minoranza cristiana (principalmente greco-ortodossa, ma anche siriaco-ortodossa, siriaco-cattolica, maronita, armena, ecc.)

Il dominio ottomano terminò alla fine della Prima Guerra Mondiale (1920), anche se il Paese non fu completamente indipendente fino al 1946, con la fine del Mandato francese durato 26 anni. Seguirono decenni di instabilità, con governi alterni e un maldestro tentativo di unirsi all'Egitto, uno Stato non contiguo ma un altro polo del nazionalismo arabo, per formare la Repubblica Araba Unita (1961).

Dal 1963, a seguito di un nuovo colpo di Stato, è al potere il partito Ba'ath, il cui principale esponente e dal 1970 presidente (e poco dopo dittatore de facto) è stato prima Hafiz al-Asad e poi, dopo la sua morte (2000), il figlio Bashar, attuale capo di Stato della Siria, che rimane al potere nonostante gli undici anni di guerra civile che hanno devastato il Paese.

La primavera araba e la guerra civile

Quella che poi è diventata la guerra civile siriana è iniziata con le rivolte scoppiate in diverse città siriane (soprattutto a Homs, Aleppo e Damasco) sulla scia delle cosiddette "primavere arabe", una serie di proteste popolari, soprattutto in Tunisia, volte a chiedere riforme economiche e sociali e a spingere la lotta alla corruzione, endemica nei Paesi arabi, soprattutto in quelli governati per decenni da partiti e regimi nazionalisti alimentati sia dall'Occidente che dalla Russia (la Siria è uno di questi ultimi).

In Siria, la situazione era particolare in quanto dal 2000, anno della sua ascesa al potere, il presidente Bashar al-Assad aveva intrapreso una serie di riforme volte a ridurre la presenza dello Stato nell'economia (fino ad allora era stato seguito un modello al tempo stesso nazionalista e socialista, nello stile del partito Ba'ath). Le riforme strutturali avviate da Assad, anche in ambito sociale, avevano aiutato la popolazione cristiana del Paese, circa 10% prima dello scoppio delle rivolte e della conseguente guerra, a vivere un periodo di notevole prosperità e libertà.

Tuttavia, i cristiani hanno inizialmente partecipato alle manifestazioni anti-corruzione del 2011. Tuttavia, si sono ritirati poco dopo, quando è diventato sempre più chiaro che erano guidati da gruppi e movimenti islamici radicali salafiti (tra cui i Fratelli Musulmani e Al Qaeda), spesso incoraggiati e armati dagli Stati Uniti e dai Paesi arabi sunniti del Golfo come il Qatar. Questi ultimi, caratterizzati da una visione salafita dell'Islam, si oppongono al regime di Assad perché il presidente siriano è un alawita (gli alawiti sono una setta di origine islamica sciita, quindi vicina all'Iran, e una minoranza nel Paese, dove il 70% della popolazione è sunnita) e, per i sunniti più estremisti, gli sciiti e le loro sette sono considerati peggio di cristiani, ebrei e pagani.

Nel momento in cui il radicalismo islamico ha rappresentato circa 75% del movimento di rivolta anti-Assad ed è diventato chiaro sia alle Nazioni Unite che all'Occidente che l'obiettivo dei ribelli era quello di formare uno Stato islamico sunnita in cui sarebbe stato in vigore il dominio sunnita, i ribelli sarebbero stati in grado di stabilire uno Stato islamico in cui avrebbero potuto esercitare il loro diritto all'autodeterminazione. sharia (legge islamica), poi dimostrata con la nascita del Califfato fondato dall'ISIS nel 2014, i primi quartieri a subire gli assalti armati dei ribelli sono stati proprio quelli cristiani, assediati e poi anche bombardati dal regime nel tentativo di riprendere il controllo.

Il conflitto, che si è poi esteso a macchia d'olio in tutto il Paese coinvolgendo Russia, Iran ed Hezbollah a sostegno di Assad e, a sostegno dei ribelli, i Paesi del Golfo Persico, gli Stati Uniti e la Turchia, è durato più di dieci anni ed è costato circa 600.000 morti, oltre 12 milioni di sfollati, di cui 6 milioni all'estero (portando la popolazione totale da circa 18 milioni a circa 18 milioni) e danni economici per 400 miliardi di dollari.È costato circa 600.000 morti, oltre 12 milioni di sfollati, di cui 6 milioni all'estero (portando la popolazione totale da 24 milioni a circa 18 milioni) e un tributo economico di 400 miliardi di dollari, oltre a una ferita mortale, forse incurabile, alla convivenza tra le varie componenti etno-religiose della Siria.

Siria
L'autoreGerardo Ferrara

Scrittore, storico ed esperto di storia, politica e cultura del Medio Oriente.

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