Cultura

Semplicità nella verità, il tratto distintivo di Papa Luciani

La vicepresidente della Fondazione Vaticana Giovanni Paolo I, Stefania Falasca, ricorda con il sorriso la figura e l'opera del Papa, a pochi mesi dalla beatificazione del 4 settembre.

Antonino Piccione-12 luglio 2022-Tempo di lettura: 3 minuti
Giovanni Paolo I

Foto: Giovanni Paolo I ©CNS Photo

Traduzione dell'articolo in italiano

"La vicinanza, l'umiltà, la semplicità, la povertà e l'insistenza sulla misericordia e la tenerezza di Gesù: queste sono le caratteristiche più salienti del suo magistero, che hanno attratto più di 40 anni fa e sono più attuali che mai". Stefania Falasca, vicepresidente della Fondazione Vaticana Giovanni Paolo I, ricorda la figura e l'opera del Il Papa del sorrisoLa beatificazione del Papa è prevista per il prossimo 4 settembre.

L'occasione è stata fornita dal consueto incontro che l'Associazione ISCOM promuove con vaticanisti e professionisti dell'informazione interessati all'attualità della Chiesa cattolica: una colazione di lavoro a cui hanno partecipato questa mattina una trentina di giornalisti dei media in una sede a due passi da San Pietro a Roma.

Falasca, vaticanista e scrittore, lavora dal 2006, quando si è conclusa l'indagine diocesana, come vicepostulatore per la causa di beatificazione di Giovanni Paolo IPasquale Liberatore e monsignor Enrico Dal Covolo, e poi il cardinale Beniamino Stella, che si sono succeduti nella carica fino ad oggi. Un lungo e impegnativo studio delle fonti documentarie su Albino Luciani, che l'ha portata a sottolineare, durante l'incontro dell'ISCOM, innanzitutto la "semplicità evangelica" del Papa, e la sua capacità di comunicare "la sostanza del Vangelo" a tutti, "nell'assoluta coincidenza tra ciò che ha insegnato e ciò che ha vissuto".

Un percorso di ben 15 anni, con ricerche che hanno coinvolto più di 70 archivi in luoghi diversi, di profondo significato storico e storiografico.

Subito dopo la sua morte", osserva Falasca, "fu il professor Vittore Branca, che fu vicino a Luciani negli anni del suo patriarcato a Venezia, a mettere a fuoco l'atteggiamento pastorale del Papa: una grande semplicità. Un Papa fedele alla dottrina di San Francesco di Sales, un santo che gli è stato molto caro fin dall'adolescenza, quando era solito leggere il libro di San Francesco di Sales. Filotea e il trattato sull'amore di Dio. Luciani è stato il pastore nutrito di sapienza umana, che ha vissuto tutte le virtù evangeliche. Un pastore che precede e vive nel gregge con l'esempio, senza alcuna separazione tra la vita spirituale e l'esercizio del governo".

Sul ruolo della Chiesa al servizio dell'umanità, vale la pena ricordare le parole dello stesso Luciani nell'omelia di inizio pontificato (3 settembre 1978): "La Chiesa, umile messaggera del Vangelo presso tutti i popoli della terra, contribuisca a creare un clima di giustizia, di fraternità, di solidarietà e di speranza, senza il quale il mondo non potrebbe vivere".

Più vicina al dolore della gente, "una Chiesa", conclude Falasca, "non autoreferenziale, che affonda le sue radici in quel tesoro mai dimenticato di una Chiesa antica, senza trionfi mondani, che vive della luce riflessa di Cristo". Vicino all'insegnamento dei grandi Padri e al quale il Concilio era tornato". 

L'eredità del Concilio Vaticano II è dunque l'ispirazione e il segno di un pontificato di breve durata - un infarto pose fine alla vita di Luciani, secondo la ricostruzione della storia e della documentazione clinica, nonché delle deposizioni acquisite durante il processo - e al tempo stesso di rigorosa attualità. Ciò è testimoniato in modo eloquente dai sei "vogliamo" del messaggio radiofonico Urbi et orbi pronunciata in latino da Giovanni Paolo I all'indomani della sua elezione, il 27 agosto 1978.

Falasca li ricorda nel dettaglio: "Vogliamo continuare nella continuità dell'eredità del Concilio Vaticano II (...) l'impulso di rinnovamento e di vita"; "Vogliamo mantenere intatta la grande disciplina della Chiesa (...) sia nell'esercizio delle virtù evangeliche che nel servizio ai poveri, agli umili, agli indifesi (...). Vogliamo ricordare a tutta la Chiesa che il suo primo dovere è l'evangelizzazione (...). Vogliamo continuare l'impegno ecumenico con attenzione a tutto ciò che può favorire l'unione (...). Vogliamo continuare con pazienza e fermezza in quel dialogo sereno e costruttivo che Paolo VI ha posto come fondamento e programma della sua azione pastorale [...]. Infine, vogliamo incoraggiare tutte le iniziative che possono salvaguardare e aumentare la pace in un mondo tormentato".

Priorità che hanno alimentato i trentaquattro giorni di un trono pontificio dedicato alla collegialità episcopale, al servizio della povertà ecclesiale, alla ricerca dell'unità dei cristiani, al dialogo interreligioso e al confronto con il mondo contemporaneo, a favore della giustizia e della pace.

Prospettive che oggi risuonano chiaramente, secondo il parere del Vicepresidente della Fondazione Vaticana Giovanni Paolo I: "Queste sei vogliamo contribuiscono a mettere in evidenza un Papa come punto di riferimento nella storia della Chiesa universale. Alla luce delle carte degli archivi privati, dei testi e degli interventi del pontificato, è ora più facile approfondire le linee maestre del magistero di Albino Luciani per una Chiesa conciliare vicina alla gente e alla sua sete di carità".

L'autoreAntonino Piccione

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