Mondo

Costruire la pace: la presenza pubblica della religione

La Pontificia Università della Santa Croce ha ospitato a Roma una conferenza per riflettere sul ruolo della religione negli Stati moderni.

Antonino Piccione-28 ottobre 2022-Tempo di lettura: 7 minuti
giorno PUSC

Foto: partecipanti alla conferenza Building Peace: The Public Presence of Religion.

La religione, qualunque essa sia, tende a permeare tutte le dimensioni dell'esistenza, sia gli aspetti più personali che quelli legati alla sfera politica e sociale. Ciò ha l'effetto, tra l'altro, di incoraggiare la formazione di gruppi sociali, tra le componenti più rilevanti della società civile, che contribuiscono a definire l'identità di un popolo e a influenzare le relazioni tra i Paesi.

Costruire la pace: la presenza pubblica della religione è il tema della Giornata di studio e formazione professionale per i giornalisti promossa dall'Associazione per la Pace. Associazione ISCOMinsieme al Comitato "Giornalismo e Tradizioni Religiose", il gruppo di lavoro attivo presso la Pontificia Università della Santa Croce (PUSC), che comprende giornalisti, accademici e rappresentanti di diverse realtà religiose, con l'obiettivo di promuovere - attraverso seminari e pubblicazioni - l'eccellenza nella comunicazione sulla religione e la spiritualità nei media, e di favorire la comprensione del fattore religioso nel contesto sociale e nell'opinione pubblica.

Un'occasione per riflettere sul ruolo e la funzione delle diverse tradizioni (ebraismo, islam, cristianesimo, induismo), con particolare attenzione alla geopolitica, all'educazione, ai luoghi di culto, ai sistemi giuridici e al pluralismo culturale e politico. Con l'obiettivo di promuovere un dialogo fruttuoso di pace e libertà.

Altoparlanti

Il convegno - che si è svolto questa mattina a Roma presso la PUSC, con la partecipazione di oltre 100 persone, tra professionisti dei media ed esperti del settore, e che è stato introdotto dai saluti di Marta Brancatisano (docente di Antropologia Duale e membro della Commissione "Giornalismo e Tradizioni Religiose") e Paola Spadari (Segretario dell'Ordine Nazionale dei Giornalisti) - si è articolato in due parti.

Il primo, moderato da Giovan Battista Brunori (caporedattore della RAI), ha affrontato sia il tema di come costruire la pace: percorsi formativi nei testi sacri e nelle tradizioni religiose, sia l'insegnamento delle religioni nelle scuole pubbliche. Principi e applicazioni.

"Nelle scritture ebraiche", ha osservato Guido Coen (Unione delle Comunità Ebraiche Italiane), "le scelte concrete di vita sono le premesse indispensabili perché la pace venga elargita dall'alto. La pace è quindi il risultato della cooperazione tra gli esseri umani e il Divino. Ma le religioni aiutano o ostacolano la pace? "I testi fondanti delle varie tradizioni", è la risposta di Coen, "contengono passaggi che sono problematici: i canoni non possono certo essere cambiati, ma ciò che può essere cambiato è l'interpretazione di quei passaggi. Dialogo tra le religioni è una delle condizioni per la pace nel mondo". 

Religioni orientali

Dal punto di vista della tradizione induista, secondo Svamini Shuddhananda Ghiri (Unione Induista Italiana, UII), il tema va letto alla luce dei testi sacri. "Nel 'sanatana dharma' tutto conduce all'Uno: il substrato da cui tutto sorge e a cui tutto ritorna. Tuttavia, la manifestazione si basa sulla dualità, simboleggiata dalla continua lotta tra il dharma, l'ordine, la bontà, e l'adharma, l'egoismo. Quanto più i pensieri, le azioni e le parole di una persona aderiscono al dharma, tanto più diventa un "sukrita", un "operatore del bene". 

La realizzazione di "ahimsa" o "shanti", la pace, è il filo conduttore delle scritture indù, dai Veda ai testi più elevati, di cui la Bhagavad Gita è l'emblema massimo. Figure come R. Tagore o il Mahatma Gandhi hanno saputo dare voce alla non-violenza elogiata dai testi, diventandone modelli viventi. 

Sul ruolo e la funzione dell'insegnamento della religione, Antonella Castelnuovo (docente di Mediazione linguistico-culturale nel Master in Religioni e mediazione culturale della Sapienza Università di Roma) ha sottolineato come "la sua ricomparsa nello spazio pubblico, che spesso vede un ritorno a valori fideistici ma anche la presenza di una funzione identitaria religiosa soprattutto per i soggetti immigrati, dovrebbe tenere conto di questioni trasversali affrontate in modo interdisciplinare". In questo compito, discipline come l'antropologia, le scienze sociali e la storia possono dare un contributo fondamentale".

Scuole pubbliche

L'insegnamento nelle scuole pubbliche può essere un veicolo di ricchezza per la diversità e il pluralismo, tuttavia - è stata la riflessione di Ghita Micieli de Biase (UII) - "è necessario evitare la tentazione di una mera trattazione storico-religiosa in cui la commistione con gli aspetti sociali e di potere correrebbe il rischio di ammantare i credi di stereotipi". Anche la formulazione dei testi scolastici dovrebbe essere soggetta all'approvazione delle varie comunità religiose, al fine di garantirne la corretta trasmissione". 

Sarebbe inoltre auspicabile che gli educatori ricevessero una formazione laica, che garantisca obiettività e non proselitismo, e che trasmettessero la bellezza delle diverse fedi attraverso il contatto diretto con le comunità religiose. "Le religioni sono materia viva e dovrebbero essere presentate ai bambini come tali, non come reliquie archeologiche!

Con particolare riferimento all'Italia, l'evoluzione normativa dell'insegnamento della religione nella scuola pubblica ha rappresentato un elemento di continuità nel suo sviluppo storico, "configurando un modello di scuola pubblica laica ma aperta e inclusiva, dove l'attuale quadro normativo che regola la materia deve misurarsi con le sfide urgenti del nostro tempo, come il crescente pluralismo religioso della società italiana, il processo di integrazione europea e quello di globalizzazione". Lo ha sottolineato Paolo Cavana (docente di Diritto canonico ed ecclesiastico, LUMSA).

Dimensione pubblica

Tra le tante manifestazioni della presenza pubblica delle tradizioni religiose, non si può non includere e quindi ragionare sui luoghi di culto, nel contesto della ben più ampia e complessa questione della simbologia religiosa e nella prospettiva della neutralità (altri direbbero dell'imparzialità) delle istituzioni pubbliche, con effetti sul principio di laicità che è alla base del nostro ordinamento giuridico europeo e italiano. Ma con l'intenzione di guardare anche oltre i nostri confini culturali, geografici e legali. Il tema è stato affidato alla riflessione congiunta di Ahmad Ejaz (Centro Islamico d'Italia), Marco Mattiuzzo (UII) e Giovanni Doria (docente di Diritto privato all'Università di Tor Vergata). 

Sottolineando che l'Islam e i suoi aderenti sono sempre stati nella sfera pubblica fin dalla sua nascita, Ejaz ha ricordato la natura peculiare della tradizione musulmana, secondo la quale "l'Islam non è una religione ma un Din, cioè un codice di vita". Sono nato in Pakistan in una famiglia musulmana sunnita che comprendeva l'importanza delle leggi islamiche, la centralità dell'individuo nella umma (la comunità islamica), la famiglia allargata e la differenza tra pubblico e privato. L'Islam e la coesistenza con le altre religioni, il mosaico di culture e lingue nel mondo islamico. Il nostro rapporto con la natura e il concetto di aldilà".

In una società sempre più pluralista, "lo Stato", secondo Mattiuzzo, "ha l'onere e l'onore di promuovere la vita delle religioni e la loro reciproca integrazione per evitare processi di ghettizzazione". Il crocevia ideale per questo incontro è il luogo di culto. Uno spazio dove i fedeli svolgono un servizio per il bene comune della comunità, dove agiscono per l'inclusione sociale dei più fragili, per aiutarsi e sostenersi spiritualmente e materialmente. Per avvicinarsi e superare l'innata paura dell'altro, la conoscenza è assolutamente necessaria".

Laicità

Nell'ambito del principio di laicità, che postula l'eguale compresenza, anche simbolica o esterna, di ogni credo religioso, orientamento etico o convinzione agnostica (quando è concretamente compresente in una determinata comunità sociale e purché sia in linea con i suoi valori etico-giuridici fondamentali), Doria ha contribuito anche "alla presenza del crocifisso in un'aula scolastica (o in altro luogo pubblico)". Un crocifisso che rappresenta anche valori umani assolutamente fondamentali per la società: l'amore di chi ha dato la vita per gli altri, il sacrificio per servire e amare, la libertà e la giustizia. Valori che, da un punto di vista propriamente umano e sociale, sono innegabilmente condivisi da tutti".

L'ultima sessione della giornata è stata dedicata ai sistemi giuridici stessi: "Shastra", "Halacha", "Sharia" e diritto canonico rappresentano strumenti di diritto positivo per proteggere la libertà religiosa o ostacoli al pluralismo? La Halakhah", ha sottolineato Marco Cassuto Morselli (Presidente della Federazione delle Amicizie Ebraico-Cristiane d'Italia), "comprende l'intero sistema giuridico ebraico, le cui fonti sono innanzitutto la Torah scritta (il Pentateuco), poi i Neviim (gli scritti dei profeti) e i Ketuvim (gli agiografi), e la Torah orale, cioè il Talmud e la Cabala". La Halacha è un ostacolo al pluralismo e alla libertà religiosa? Per rispondere a questa domanda, mi rivolgo al pensiero di due rabbini che sono anche filosofi: Rav Elia Benamozegh (Livorno 1823-1900) e Rav Jonathan Sacks (Londra 1948-2020). Entrambi sottolineano che nella Torah sono presenti sia una dimensione particolaristica che universalistica.

India

Il diritto indiano è uno dei sistemi più complessi per comprendere l'evoluzione del diritto in generale, almeno in una prospettiva comparativa. Partendo da questa premessa, Svamini Hamsananda Ghiri (vicepresidente dell'Unione Induista Italiana) ha affermato che "il diritto è un innesto multiforme il cui scopo è sì la buona convivenza tra le parti sociali, ma è anche uno strumento per garantire il fine ultimo della vita. Quindi nel diritto, a rigore, convergono livelli eterogenei, da quello teologico a quello sacerdotale, passando per le strutture familiari, le istituzioni politiche, eccetera". 

Qual è dunque l'origine e lo scopo della legge indiana? "Il principio è il 'dharma', il codice, la regola, che oltre a indicare il codice di condotta è esso stesso la via e la meta. La forza della legalità che vincola l'individuo è l'autorità morale del 'dharma' interposta allo stesso tempo alla legge eterna che mantiene l'equilibrio dell'universo (sanātana-dharma), alla legge civile per il bene comune, 'loka-kshema', e alla vita di ogni individuo, 'sva-dharma'. Pertanto, l'autorità del "dharma", in quanto legge che governa la società, è direttamente collegata all'ordine universale. Se illuminato dalla luce del "dharma", il diritto, almeno nelle sue aspirazioni ideali, non potrà mai essere un ostacolo alla libertà altrui, ma diventerà un deposito di ricchezza e armonia per una buona e pacifica convivenza.

Diritto canonico

Infine, con riferimento al diritto canonico, Costantino-M. Fabris (docente di Diritto canonico all'Università di Roma Tre) ha chiarito che "la Chiesa tutela il diritto alla libertà religiosa in una duplice dimensione: esterna e interna. Nel primo, si chiede agli Stati di garantire a tutti gli uomini il diritto di professare liberamente la propria fede. Da un altro punto di vista, il diritto canonico tutela, attraverso un sistema di diritti e doveri, il corretto sviluppo della vita cristiana dei battezzati in vista della salus animarum, fine ultimo della Chiesa, diventando così uno strumento positivo di tutela per coloro che si professano cattolici".

L'ampiezza e la profondità delle riflessioni offerte da ciascuno dei protagonisti dell'iniziativa del 26 ottobre hanno spinto gli organizzatori a proseguire nelle prossime settimane con la pubblicazione degli atti, con l'intento di offrire un nuovo contributo al dibattito sul tema della Religione, in continuità con il volume "Libertà di espressione, diritto di satira e tutela del sentimento religioso", frutto della Giornata di studio e formazione del 26 febbraio 2021. Partendo dalla convinzione che il sentimento religioso, espressione della più intima dimensione spirituale e morale dell'uomo, e corollario del diritto costituzionale alla libertà religiosa, integra la giusta rivendicazione del credente alla tutela della propria dignità.

E nello spirito dell'Appello "Segui il cammino della pace" lanciato ieri, 25 ottobre, congiuntamente dal Comitato Olimpico Internazionale con i Dicasteri per la Cultura e l'Educazione, per i Laici, la Famiglia e la Vita e per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. L'invito ai leader della Terra "a promuovere il dialogo, la comprensione e la fraternità tra i popoli e a difendere la dignità di ogni uomo, donna e bambino, specialmente dei poveri, degli emarginati e di coloro che subiscono la violenza della guerra e dei conflitti armati". Dio vuole la pace e l'unità della nostra famiglia umana".

L'autoreAntonino Piccione

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