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La liturgia come vero incontro con Cristo: le idee centrali di Desiderio desideravi

Il 29 giugno 2022, il Santo Padre Francesco ha pubblicato la Lettera Apostolica Desiderio desideravi sulla formazione liturgica del popolo di Dio. In questa ampia lettera, in 65 paragrafi, il Romano Pontefice non intende trattare in modo esaustivo la liturgia, ma offrire alcuni elementi di riflessione per contemplare la bellezza e la verità della celebrazione cristiana.

Juan José Silvestre-5 giugno 2022-Tempo di lettura: 7 minuti

@CNS foto/Bob Roller

Traduzione di Peter Damian-Grint

Un primo punto sviluppato nel documento è La liturgia come "oggi" della storia della salvezza. In questo primo titolo il Papa ci colloca nel Mistero Pasquale, vero centro della teologia liturgica della Costituzione sulla Liturgia del Vaticano II, Sacrosanctum Concilium. L'Ultima Cena, la Croce e la Risurrezione di Cristo, il Mistero Pasquale, appaiono come l'unico vero e perfetto culto gradito al Padre.

La liturgia è il mezzo che il Signore ci ha lasciato per partecipare a questo evento unico e mirabile nella storia della salvezza. Ed è un mezzo che viviamo nella Chiesa. Fin dall'inizio la Chiesa aveva colto, illuminata dallo Spirito Santo, che ciò che era visibile in Gesù, ciò che si poteva vedere con gli occhi e toccare con le mani, le sue parole e i suoi gesti, la concretezza del Verbo incarnato... era passato nella celebrazione dei sacramenti". (Lettera, n. 9).

Incontro con Cristo

Direttamente collegato a quanto detto finora è il secondo titolo della Lettera: La liturgia: luogo di incontro con Cristo. Questo sottotitolo ci ricorda un'espressione molto significativa della Lettera Apostolica che Giovanni Paolo II scrisse 25 anni dopo la pubblicazione di Sacrosanctum ConciliumLa liturgia è il luogo privilegiato dell'incontro con Dio e con colui che egli ha mandato, Gesù Cristo" (San Giovanni Paolo II, Vicesimus quintus annus, n. 7). Qui sta tutta la potente bellezza della liturgia, dirà Francesco: è un incontro con Cristo, perché non possiamo dimenticare che "la fede cristiana o è un incontro vivo con Lui, o non esiste" (Lettera, n. 10).

La liturgia costituisce un vero incontro con Cristo: non è un semplice ricordo vago. Questo incontro è iniziato con il Battesimo, un evento che segna la vita di tutti noi. E questo incontro con Cristo nel Battesimo, vera morte e risurrezione, ci rende figli di Dio e membri della Chiesa, e così sperimentiamo la pienezza del culto di Dio. In realtà, esiste un solo atto di culto, perfetto e gradito al Padre: l'obbedienza del Figlio, la cui misura è la sua morte in croce. L'unica possibilità di partecipare alla sua offerta è diventare "figli nel Figlio". Questo è il dono che abbiamo ricevuto. Il soggetto che agisce nella Liturgia è sempre e solo Cristo-Chiesa, il Corpo mistico di Cristo" (Lettera, n. 15).

Bere dalla liturgia

Il Papa continua a ricordare, come hanno fatto il Concilio Vaticano II e il movimento liturgico che lo ha preceduto, che la liturgia è la "fonte primaria e necessaria da cui i fedeli devono bere lo spirito veramente cristiano" (Sacrosanctum Concilium, n. 14). Pertanto, "con questa lettera voglio semplicemente invitare tutta la Chiesa a riscoprire, salvaguardare e vivere la verità e la forza della celebrazione cristiana". Non voglio che la bellezza della celebrazione cristiana e le sue necessarie conseguenze per la vita della Chiesa siano rovinate da una comprensione superficiale e riduttiva del suo valore o, peggio ancora, dalla sua strumentalizzazione al servizio di qualche visione ideologica" (Lettera, n. 16). La lettura di queste parole di Francesco chiarisce l'obiettivo della Lettera, al di là di alcuni titoli sensazionalistici.

Di fronte al pericolo dello gnosticismo e del pelagianesimo, a cui il Santo Padre ha fatto ampio riferimento nella sua lettera programmatica Evangelii gaudiumla Lettera ci mette davanti agli occhi il valore di la bellezza della verità della celebrazione cristiana. La Liturgia è il sacerdozio di Cristo, rivelato a noi e donato nel suo mistero pasquale, reso presente e attivo per mezzo di segni rivolti ai sensi (acqua, olio, pane, vino, gesti, parole), affinché lo Spirito, immergendoci nel mistero pasquale, trasformi ogni dimensione della nostra vita, conformandoci sempre più a Cristo" (Lettera, n. 21).

In questo paragrafo è racchiusa tutta la bellezza e la profondità della liturgia: il mistero a cui partecipiamo, che si rende presente attraverso segni sensibili, che ci configura a Cristo, morto e risorto, trasformandoci in lui. Bellezza che, come ci ricorda il Romano Pontefice, non è un semplice estetismo rituale, né la cura delle sole forme esteriori del rito o delle rubriche.

Prendersi cura della liturgia

Logicamente, ciò è necessario per non "confondere la semplicità con un'incauta banalità, o l'essenziale con un'ignorante superficialità, o la concretezza dell'azione rituale con un esasperante funzionalismo pratico" (Lettera, n. 22). È quindi necessario curare tutti gli aspetti della celebrazione, osservare tutte le rubriche, ma senza dimenticare che è necessario favorire Lo stupore davanti al mistero pasquale: una parte essenziale dell'atto liturgico (Lettera, n. 24). Uno stupore che va oltre l'espressione del significato del mistero. La bellezza, come la verità, suscita sempre meraviglia, e quando queste sono riferite al mistero di Dio, portano all'adorazione" (Lettera, n. 25). Lo stupore è parte essenziale dell'azione liturgica, perché è l'atteggiamento di chi sa di trovarsi davanti alla peculiarità dei gesti simbolici.

Dopo questa prima parte introduttiva, il Papa si chiede: "Come recuperare la capacità di vivere pienamente l'azione liturgica?" E la risposta è chiara: "Questo era l'obiettivo della riforma conciliare" (Lettera, n. 27). Ma il Papa non vuole che né la non accettazione della riforma, né una sua comprensione superficiale, ci distraggano dal trovare la risposta alla domanda che abbiamo posto prima: come crescere nella capacità di vivere pienamente l'azione liturgica, come continuare a stupirsi di ciò che accade davanti ai nostri occhi nella celebrazione? E la risposta di Francesco è chiara: "Abbiamo bisogno di una formazione liturgica seria e dinamica" (Lettera, n. 31).

Formazione liturgica

La formazione alla liturgia e la formazione dalla liturgia sono i due aspetti trattati nelle sezioni successive della Lettera. In questa formazione alla liturgia, lo studio è solo il primo passo per poter entrare nel mistero che si celebra, perché per poter guidare gli altri sul cammino, dobbiamo prima percorrerlo. Né va dimenticato che la formazione alla liturgia "non è qualcosa che si può acquisire una volta per tutte". Poiché il dono del mistero celebrato supera la nostra capacità di conoscerlo, questo sforzo deve certamente accompagnare la formazione permanente di tutti, con l'umiltà dei piccoli, l'atteggiamento che si apre allo stupore" (Lettera, n. 38).

Per quanto riguarda la formazione dalla liturgia, essere formati da essa comporta un reale coinvolgimento esistenziale con la persona di Cristo. In questo senso, la liturgia non ha a che fare con il "sapere" e il suo scopo non è principalmente pedagogico, anche se ha un grande valore pedagogico. La liturgia è piuttosto una lode, un ringraziamento per la Pasqua del Figlio la cui potenza salvifica raggiunge le nostre vite" (Lettera, n. 41). Così la celebrazione riguarda "la realtà del nostro essere docili all'azione dello Spirito che opera in essa, finché non sia formato Cristo in noi (Gal 4,19). La pienezza della nostra formazione è la nostra conformazione a Cristo. Ripeto: non si tratta di un processo mentale astratto, ma di diventare lui" (Lettera, n. 41).

Unione di cielo e terra

Questo coinvolgimento esistenziale avviene sacramentalmente: attraverso i segni creati che sono stati assunti e messi al servizio dell'incontro con il Verbo incarnato, crocifisso, morto, risorto, asceso al Padre. Il Papa usa una frase molto bella quando ricorda che "la Liturgia dà gloria a Dio perché ci permette - qui, sulla terra - di vedere Dio nella celebrazione dei misteri" (Lettera, n. 43). E come possiamo tornare ad essere capaci di accettare i simboli? Come possiamo imparare di nuovo a leggerli, per poterli vivere? Innanzitutto, dirà Francesco, recuperando la fiducia nella creazione. Inoltre, c'è anche l'educazione necessaria per acquisire l'atteggiamento interiore che ci permetterà di situare e comprendere i simboli liturgici.

Un aspetto che la Lettera sottolinea come necessario, per custodire e crescere nella comprensione vitale dei simboli della liturgia, è la ars celebrandiL'arte di festeggiare. Quest'arte implica la comprensione del dinamismo che descrive la liturgia, la sintonia con l'azione dello Spirito e la conoscenza della dinamica del linguaggio simbolico, della sua peculiarità e della sua efficacia (cfr. Lettera, nn. 48-50).

Silenzi liturgici

Papa Francesco ricorda che quest'arte riguarda tutti i battezzati e comporta una comune facendo (camminare in processione, sedersi, stare in piedi, inginocchiarsi, cantare, fare silenzio, guardare, ascoltare...), che educa ogni fedele a scoprire l'autentica unicità della propria personalità, non con atteggiamenti individualistici, ma con la consapevolezza di essere un unico corpo della Chiesa.

Un gesto particolarmente importante è il silenzio. È espressamente previsto dalle rubriche (nei riti di apertura, nella liturgia della Parola, nella preghiera eucaristica e dopo la Comunione). Il silenzio non è un rifugio per nascondersi in un intimo isolamento, sopportando il rito come se fosse una distrazione: è il simbolo della presenza e dell'azione dello Spirito Santo.

Ars celebrandi

Anche se il ars celebrandi riguarda tutti i battezzati, il Papa sottolinea che i ministri ordinati devono averne particolare cura. Ci sono diversi modi di presiedere, ma la cosa fondamentale è evitare il personalismo esagerato nello stile della celebrazione. Per poter svolgere bene questo servizio di presidenza, con arteÈ di fondamentale importanza che il presbitero sia consapevole di essere, di per sé, uno dei modi della presenza del Signore.

Questo lo porterà a non dimenticare che il Signore Risorto deve continuare ad essere il protagonista, come nell'Ultima Cena e nella Croce e Risurrezione. Si tratta di mostrare nella celebrazione che il Signore - non il celebrante - è il protagonista: "Il presbitero è formato per presiedere le parole e i gesti che la Liturgia pone sulle sue labbra e nelle sue mani" (Lettera, n. 60). Va sempre tenuto presente che le parole e i gesti della liturgia sono espressione, maturata nei secoli, dei sentimenti di Cristo; e che aiutano a configurarsi a Lui (cfr. Istruzione Redemptionis sacramentum, n. 5).

Scopo del documento

Papa Francesco conclude incoraggiandoci, come hanno fatto ripetutamente Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, a riscoprire la ricchezza della costituzione conciliare sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium. Allo stesso tempo ribadisce, come ha fatto all'inizio e in vari punti della Lettera che ne costituisce il testo, che leitmotivIl filo conduttore è il desiderio che questa Lettera ci aiuti "a riaccendere lo stupore per la bellezza della verità della celebrazione cristiana, a ricordarci la necessità di un'autentica formazione liturgica e a riconoscere l'importanza di un'arte celebrativa che sia al servizio della verità del mistero pasquale e della partecipazione di tutti i battezzati ad esso, ciascuno secondo la propria vocazione" (Lettera, n. 62). Queste, e non altre, sono le motivazioni alla base di questa bella Lettera. Un tocco finale ci ricorda l'importanza della anno liturgico e di Domenica.

Abbandoniamo le polemiche per ascoltare insieme ciò che lo Spirito dice alla Chiesa. Salvaguardiamo la nostra comunione. Continuiamo a stupirci della bellezza della Liturgia" (Lettera, n. 65).

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