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Il giorno in cui nostro figlio ci ha detto: “Voglio essere sacerdote”

Nel 2020 (secondo gli ultimi dati forniti dalla Cee) in Spagna sono stati ordinati 125 sacerdoti. Sono 125 storie di ragazzi che si donano a Dio per sempre... e 125 famiglie nelle quali anche padri, madri, fratelli, amici fanno parte del cammino. Come vivono le famiglie il richiamo di un figlio?  Cosa temono? Come accettano la volontà di Dio?

Maria José Atienza·12 de septiembre de 2022·Tiempo de lectura: 6 minutos
hijo sacerdote

La famiglia Navarro Carmona il giorno dell’ordinazione di Juan Carlos

Testo originale del articolo in spagnolo qui

La famiglia Navarro Carmona il giorno dell’ordinazione di Juan Carlos

Maria Luisa, Manuel, Maria José, Antonio, Julia… sono quelle madri e quei padri che hanno visto come Dio si è fatto corpo e sangue attraverso le parole pronunciate dai loro figli al momento della Consacrazione nella Santa Messa. Famiglie normali e diverse, di aree rurali e urbane, con storie molto diverse, con più o meno figli, con più o meno vita ecclesiale… Ma unite dalla chiamata alla quale i loro figli hanno risposto e partecipano.

Uniti nell’altare

Manuel e Maria José hanno due figli, uno di loro, Antonio Jesùs, è sacerdote nella diocesi di Cadice e Ceuta. Nel suo caso c’è una particolarità: Manuel è un diacono permanente, che condivide parte del ministero con suo figlio e vive con grande gioia questa situazione.

La sua storia vocazionale è legata a una data: quel 24 giugno in cui «dopo l’Eucaristia a cui ha partecipato tutta la famiglia, siamo stati presentati dal nostro parroco a colui che era il nostro vescovo, mons. Ceballos, per chiedere l’ammissione al seminario per Antonio Jesùs e l’ammissione ad iniziare per me il cammino del diaconato».

Manuel e Antonio Jesùs si incontrano non solo fisicamente come padre e figlio, ma anche spiritualmente, soprattutto in quelle celebrazioni in cui il diacono permanente aiuta il sacerdote.

«Il giorno della sua prima messa», ricorda Manuel, «è stato un momento ricco di significati e di sentimenti. Da diacono, ho chiesto la sua benedizione prima di leggere il Vangelo, come stabilito dalle norme liturgiche: ‘Padre, figlio mio, benedicimi’. Un momento che non dimenticherò mai e che ogni volta che celebriamo l’Eucaristia si ripete e acquista lo stesso valore».

Quando Dio ti chiede tutti i figli

La famiglia Navarro Carmona, di Cordova, ha due figli, entrambi sacerdoti diocesani. L’ingresso in seminario di Antonio, il primogenito, non li ha colti di sorpresa: «abbiamo visto i suoi progressi e l’abbiamo visto ansioso di proseguire il suo cammino; diciamo che il percorso non è stato facile, anzi che è stato molto duro. Tuttavia, lui ha visto il lato positivo, si è riconfermato e la sua vocazione è cresciuta di fronte alle battute d’arresto».

Al contrario la decisione di Juan Carlos è costata un po’ di più: «a un certo punto pensavamo che potesse dedicarsi ad altro, e gli abbiamo offerto diverse possibilità di scelta. «Ricordo», sottolinea la madre Julia, «che abbiamo accennato alla vocazione di medico, curare, salvare vite… quando abbiamo finito di parlare ci ha detto: ‘Vuoi che faccia quella carriera? Lo faccio. Poi continuerò con quella che mi piace: voglio dedicarmi a curare le anime e salvarle».
Commossi, abbiamo risposto: «la tua vocazione è salda, vai avanti».

Suo marito, Antonio, tiene a rimarcare che la chiamata del secondo figlio sembrava, infatti, «troppo per la nostra famiglia».

Nonostante tutto, non si sono fermamente opposti alla vocazione dei loro figli: «Crediamo nella libertà e nel diritto dei figli di scegliere la propria vita. Non siamo d’accordo con nessuna imposizione, i genitori non hanno il diritto di opporsi alla decisione di Dio».

Forse per questo impegno per la libertà e la responsabilità «perché lo lasciavamo stare in seminario con quello che valeva … dopo che fu fatto sacerdote, la maggior parte della famiglia è stata felice. 

Nel suo centro studi, un collega, un suo professore, mi disse che si rammaricava di averlo lasciato andare in seminario con il valore accademico che aveva».

Sono reazioni normali in chi non condivide o non comprende l’importanza della chiamata, e al quale questi genitori hanno risposto con una chiara analogia: «Quanti genitori, anche in disaccordo con le scelte dei loro figli, li difendono dicendo: se è contento lui, questo è quello che importa. Ebbene, allo stesso modo si può rispondere: non è che è contento soltanto lui, ma è che con la sua dedizione e la sua testimonianza lui può rendere felici molte persone».

Ci sono anche delle incomprensioni più tenere, ricordiamo i coniugi che vivono a Cadice, con la reazione della signora che si occupava di lui fin da bambino mentre i suoi genitori lavoravano. Quando gli disse della decisione di entrare in Seminario perché sentiva la vocazione, lei gli chiese «Antonio, mio ​​caro, ma dimmi, chi è questo che ti chiama?».

Un esercito di preghiere

In una lettera indirizzata alle madri dei sacerdoti quando era Prefetto della Congregazione per il Clero, il cardinale Mauro Picenza ha sottolineato che «Ogni madre di un sacerdote è misteriosamente ‘figlia di suo figlio’.
Potrà anche esercitare nei suoi confronti una nuova ‘maternità’, nella vicinanza discreta, ma efficacissima e di inestimabile valore, della preghiera e nell’offerta della propria esistenza per il ministero del figlio. Queste madri sono un vero ‘esercito’ che, dalla terra, eleva al Cielo preghiere e offerte e che, ancor più numeroso, intercede dal Cielo perché ogni grazia sia effusa sulla vita dei sacri pastori». 

Queste sono le parole che potrebbero essere applicate al gruppo di madri di sacerdoti che, ogni mese a Madrid, si incontrano per pregare per le vocazioni sacerdotali.
Un’iniziativa di Maria Luisa Bermejo è nata dall’ordinazione del figlio Yago, della Prelatura dell’Opus Dei. In quel momento Maria Luisa è entrata in contatto con altre madri di sacerdoti e insieme hanno avviato un gruppo di preghiera per le vocazioni sacerdotali: «Ho parlato con un mio amico che ha un figlio sacerdote diocesano. Insieme abbiamo pensato di poter fare qualcosa di più per i sacerdoti, ed è nata l’idea di incontrarci un giorno per pregare il Rosario per le vocazioni sacerdotali. Abbiamo condiviso questa idea con alcuni seminaristi diocesani che ci hanno messo in contatto con le loro madri e tutto è cominciato. A mano a mano agli incontri si aggiungevano nuove persone, abbiamo parlato con un sacerdote che ci ha suggerito di incontrarci in una chiesa per poter pregare meglio. Poi, il rettore della chiesa dello Spirito Santo a Madrid, Don Javier Cremades, ci ha fornito tutto ciò che poteva. Non solo ci ha permesso di andare una volta al mese a recitare il Rosario, ma anche cominciò a celebrare una Messa per noi, e a guidarci in alcuni momenti di preghiera».

Quel gruppetto di madri di sacerdoti cresceva a poco a poco: «Siamo arrivato quasi a 70», ricorda Maria Luisa, che aggiunge: «ora siamo qualcuna di meno, ma continuiamo con questi incontri. Ogni mese un figlio di una delle famiglie viene a dire Messa e ci guida nella preghiera. Non solo preghiamo per i sacerdoti, ma abbiamo anche creato un’impressionante rete di amicizia tra di noi».

Queste madri di sacerdoti hanno deciso di aggiungere un nome alle loro preghiere: «ci è venuta l’idea di fare una specie di ‘amico di preghiera ‘invisibile’», racconta Maria Luisa, «abbiamo scritto i nomi di un sacerdote – che non poteva essere il proprio figlio – e di sua madre su una scheda. Ognuna di noi ha preso una o due schede e ha promesso di pregare ogni giorno per quei sacerdoti. Io ne ho due, e sono soddisfattissima» conclude.

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Manuel, come diacono assiste suo figlio Antonio Jesùs nella Santa Messa

Questi padri e madri pregano per i loro figli, con «il riconoscimento che la loro preghiera liturgica è una preghiera a ‘due voci’» come fa notare Manuel, ma elevano anche la loro preghiera per coloro che hanno difficoltà nel loro ambiente a rispondere alla chiamata di Dio, per la loro fedeltà, e la loro perseveranza.

Paure e gioie

In una società in cui la figura del sacerdote è, più che mai, al centro dell’attenzione di tutti, questi padri e queste madri condividono le paure di chiunque abbia un figlio in una carica pubblica. Come sottolinea Julia, «sono sempre al centro dell’attenzione: le loro decisioni, azioni e fatti vengono analizzati con la lente d’ingrandimento e c’è sempre il timore di un’interpretazione errata, o addirittura di un processo pubblico iniquo… ma le gioie sono immense e arrivano in abbondanza poiché questi figli ne sono gratificati moltissimo. Sappiamo che sono sempre lì, in ogni momento, a sostenerci con la loro preghiera e la loro presenza».

Maria José e Manuel si esprimono in modo molto simile quando sottolineano che «nella società odierna, ci sono garantiti critica e disprezzo, se solo diciamo di essere credenti …. A maggior ragione accade quando nostro figlio non solo si mostra credente, ma con la sua vita e il suo abito talare si proclama sacerdote. Non è raro osservare sguardi e commenti al suo passaggio, ma bisogna anche dire che altre persone gli si avvicinano e gli chiedono la confessione, un consiglio, una benedizione…».

Tuttavia, quelle stesse manifestazioni portano con sé tanti aneddoti di «incontri casuali» con la Chiesa, come quella volta che durante uno dei suoi viaggi da Madrid -dove stava studiando Teologia Morale- per andare a Cadice, il treno si fermò in mezzo alla campagna. Allora alcuni passeggeri sono andati da lui a chiedere «padre, preghi per no, perché si esca da questa situazione».

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